index ungheria orban

LIBERTÀ DALLA STAMPA - IN UNGHERIA VIENE LICENZIATO IL DIRETTORE DI “INDEX”, IL SITO DI NOTIZIE PIÙ LETTO DEL PAESE, MOLTO CRITICO NEI CONFRONTI DEL GOVERNO DI VIKTOR ORBAN - A MARZO UN IMPRENDITORE VICINO AL PREMIER AVEVA ACQUISTATO UNA PARTECIPATO DEL 50% NELLA SOCIETÀ CHE PUBBLICA IL GIORNALE - QUASI TUTTA LA REDAZIONE (80 GIORNALISTI) SI È DIMESSA PER PROTESTA CONTRO IL SILURAMENTO - L’AMICO DI SALVINI ORMAI CONTROLLA GRAN PARTE DELLA STAMPA…

P.F. per “il Messaggero”

MATTEO SALVINI VIKTOR ORBAN

 

L'Ungheria, già nel mirino dell'Unione europea sul tema del rispetto dello Stato di diritto, rischia di perdere una delle poche voci indipendenti rimaste nel suo panorama mediatico: il sito di notizie più letto del Paese, Index, molto critico nei confronti del governo di Viktor Orban, è finito nel caos dopo che questa settimana il suo direttore è stato licenziato con motivazioni definite «politiche» dagli oppositori del governo.

 

IL DIRETTORE DI INDEX ANDRAS FOLDES

Pochi giorni dopo, quasi tutta la redazione, 80 giornalisti, si sono dimessi per protesta contro il siluramento. Una vicenda che ha fatto scendere in piazza migliaia di manifestanti per rivendicare la libertà di stampa, ritenuta in grave pericolo. «La nostra storia è finita», ha detto l'ormai ex direttore Szabolcs Dull, licenziato mercoledì con quello che è stato definito un pretesto: aver fatto trapelare documenti interni riservati verso altri media.

 

PREMIER E SOCIO

«La nostra voce indipendente è in grave pericolo, rischiamo la chiusura», aveva ammonito appena un mese fa Dull dopo che a marzo un imprenditore vicino al premier nazional-populista Orban aveva acquistato una partecipazione del 50% nelle società editrice che pubblica il portale. Una mossa che era stata letta come l'ennesimo tentativo del governo di prendere il controllo, ormai già quasi completo, sui media del Paese, esercitando pressioni finanziarie e politiche.

 

UNGHERIA - LA PROTESTA PER IL LICENZIAMENTO DEL DIRETTORE DI INDEX

Il precedente più clamoroso era stato nel 2016 la chiusura del più grande giornale ungherese, Nepszabadsag, anch' esso acquistato da un oligarca alleato di Orban. Nel 2014 nella bufera era finito un altro importante sito web di notizie, Origo, venduto a una società di media collegata a Fidesz e dirottato verso una linea filo-governativa con l'arrivo di una nuova equipe editoriale nel 2016.

UNGHERIA - LA PROTESTA PER IL LICENZIAMENTO DEL DIRETTORE DI INDEX

 

Ancora, nel 2018 la proprietà di dieci editori è stata trasferita a una holding guidata da un fedele alleato del primo ministro. Ora Index rischia di seguire lo stesso destino di questi precedenti. I giornalisti del sito hanno condannato il licenziamento di Dull come «un evidente tentativo di fare pressione» e il presidente dell'associazione dei giornalisti ungheresi, Miklos Hargitai, ha affermato che la vicenda significa «un'altra importante istituzione ungherese in procinto di essere smantellata, occupata e distrutta dal partito Fidesz» di Orban. Un leader accusato da più parti, in patria e all'estero, di fare scivolare il Paese sempre di più verso un governo autocratico, come in misura minore la Polonia.

 

 IL VERTICE EUROPEO

GIORNALISTI DI INDEX

Questa preoccupazione è stata uno dei punti chiave nelle discussioni dell'ultimo vertice europeo che ha varato il piano di ripresa dalla pandemia da coronavirus. Anche se alla fine l'eventualità che l'Ungheria e la Polonia potessero essere penalizzate finanziariamente è stata molto diluita, nonostante la Commissione europea volesse legare l'erogazione dei fondi al rispetto delle regole democratiche. Il tema resta tuttavia ancora sul tavolo e potrebbe essere il terreno di un possibile scontro ora che l'accordo si sposta al Parlamento europeo per l'approvazione finale.

UNGHERIA - LA PROTESTA PER IL LICENZIAMENTO DEL DIRETTORE DI INDEX

 

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…