INTANTO, NEL PAESE REALE, IL GOVERNO HA IL 63% DEI CONSENSI - PAGNONCELLI: ''LA LEGA DI SALVINI RADDOPPIA E ARRIVA AL 34,7%, IL M5S CALA DAL 32,7% AL 28,7%. PD IN CALO, FORZA ITALIA DIMEZZATA'' - MENTANA: ''SALVINI È L'ASSO PIGLIATUTTO. IL PD, CHE CON IL 25% DEL 2013 HA GOVERNATO 5 ANNI, ELETTO DUE PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA, PIÙ ORGANISMI ISTITUZIONALI, AUTORITÀ DI GARANZIA, IMPRESE DI INTERESSE PUBBLICO, CAMERE ECC., NON SI È ANCORA RIPRESO DAL KO DI MARZO''
1. IL CARROCCIO SALE AL 34,7E IL 16% DEI NUOVI VOTI VIENE DAL MOVIMENTO(CHE È CROLLATO AL NORD)
Nando Pagnoncelli per il ''Corriere della Sera''
Il consueto aggiornamento mensile dello scenario politico fa registrare la sostanziale tenuta del governo: infatti, come un mese fa, il 57% degli italiani esprime un giudizio positivo sull' esecutivo, mentre le valutazioni negative aumentano di poco (da 32% a 33%) e l' indice di gradimento flette di un punto, passando da 64 a 63.
Il consenso per il presidente Conte diminuisce di due punti passando dal 60% al 58%, i critici aumentano di 3 punti (da 30% a 33%), l' indice di gradimento passa da 67 a 64 e si mantiene più elevato rispetto a quello dei vicepremier Salvini (58) e Di Maio (51), riportato la scorsa settimana in questa rubrica.
Cinque mesi dopo l' insediamento l' apprezzamento per il governo si attesta sul livello più elevato degli ultimi 6 esecutivi a parità di periodo, seguito dai governi Letta (60), Renzi (56) e Berlusconi (53), mentre il premier si colloca al secondo posto preceduto da Renzi (70) ed ottenendo lo stesso indice di Enrico Letta (64), di due punti superiore a quello di Monti (62).
La stabilità dei giudizi sull' esecutivo desta sorpresa, tenuto conto delle forti tensioni emerse nell' ultimo mese all' interno della maggioranza e delle notevoli differenze tra gli elettorati di Lega e M5S, in termini di profilo, di aree territoriali e di domande che esprimono. Ed in effetti, se si guarda alle esperienze del passato, all' indebolimento della coesione della maggioranza i governi iniziavano a perdere consensi, com' è accaduto ad esempio con gli esecutivi guidati da Prodi e Berlusconi.
Il governo Conte per il momento sembra pagare poco pegno: infatti le difficoltà emerse tra le due forze della maggioranza si riflettono più sulla fiducia nei leader dei partiti e nelle intenzioni di voto che nel consenso per l' esecutivo, la cui caratteristica principale è quella di essere basato più su un contratto che su un' alleanza, più su un impegno reciproco che su una piena consonanza valoriale.
Insomma, è una sorta di «matrimonio di convenienza». Ne consegue che la maggior parte degli elettori leghisti e pentastellati ha interiorizzato il compromesso che sta alla base del contratto e per il momento è disposto ad accettare provvedimenti non graditi pur di ottenere quelli sostenuti dalla propria parte politica.
Tutto ciò sembra quindi avere più riflessi sugli orientamenti di voto: a distanza di un mese si evidenzia la crescita della Lega che raggiunge il valore più elevato di sempre (34,7%), seguita dal M5s, stabile al 28,7% (+0,2%), quindi dal Pd con il 16,5% (-0,6%) e Forza Italia con l' 8,7% (+0,9%). Più staccati in graduatoria si collocano, entrambi al 2,7%, + Europa, stabile sui risultati del 4 marzo, e Fratelli d' Italia, in flessione rispetto alle Politiche, quindi Leu al 2,1%. Rispetto alle elezioni politiche il centrodestra passa dal 37% al 46,5%, superando abbondantemente la «soglia implicita» del 40% che garantirebbe la maggioranza, il centrosinistra si colloca al di sotto del 20% (-3%) e il M5S arretra di 4 punti.
La Lega può contare su un elettorato molto fedele - l' 85% di coloro che hanno l' hanno votata alle Politiche confermerebbe il proprio voto - e su una straordinaria capacità di attrarre nuovi elettori: basti pensare che oltre la metà (54%) di coloro che oggi la voterebbero, non votarono il partito di Salvini lo scorso 4 marzo e provengono per il 16% dal M5S, per il 16% dall' astensione, per il 12% da Forza Italia, per il 4% da un altro partito di centrodestra e per il 3% dal Pd. Rispetto a un mese fa la Lega si conferma nelle regioni del Nord, superando abbondantemente il 40%, e del Centro nord (32,5%), mentre si rafforza ulteriormente nelle regioni meridionali, incontrando il favore di un quarto degli elettori.
Il M5S si attesta nettamente al primo posto nelle regioni del Centro e del Sud (mentre subisce un significativo calo nelle regioni del Nord e del Centro) e rispetto alle Politiche evidenzia una fedeltà di voto da parte di due elettori su tre e una più debole - ma tutt' altro che trascurabile - capacità di attrazione di nuovi elettori (quasi uno su cinque).
Il Pd soffre non solo nelle regioni meridionali, dove si colloca tra il 12% e il 13%, e nel Nord est (13,6%), ma anche nelle tradizionali zone di insediamento (Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria), dove si colloca al terzo posto, sopravanzato dalla Lega e dal M5S.
Infine Forza Italia, che subisce una contrazione significativa di consenso, potendo contare su una modesta fedeltà di voto (solo 49% confermerebbe il proprio voto al partito di Berlusconi, mentre il 27% voterebbe Lega e il 18% si asterrebbe) e fatica ad attrarre nuovi elettori, arretrando sia nel Nord ovest sia nel Meridione.
Insomma, lo scenario attuale fa segnare cambiamenti profondi rispetto alle politiche, ma sarebbe illusorio pensare che si possa mantenere inalterato fino alle Europee del 26 maggio. In mezzo ci saranno le elezioni regionali in Basilicata, Abruzzo e Sardegna che potranno rappresentare un importante indice di salute dei partiti e dei loro leader.
2. ENRICO MENTANA: SALVINI ASSO PIGLIATUTTO. IL GOVERNO HA IL 63% DEI CONSENSI, UNA REALTÀ UNICA IN EUROPA
Enrico Mentana su Facebook
Il sondaggio mensile di Pagnoncelli per il Corriere ci conferma in modo eclatante alcune tendenze.
1 c'è un asso pigliatutto, e si chiama Matteo Salvini. È il traino unico dello stupefacente raddoppio (virtuale) in soli otto mesi dei voti alla Lega, che già il 4 marzo aveva più che quadruplicato rispetto al 4% delle elezioni 2013. È l'interprete perfetto, per argomenti e modalità mediatiche, di pulsioni e esigenze che si sono fatte strada tra gli elettori. A ognuno di noi può piacere o al contrario inquietare, ma in sede di analisi questo è un dato di fatto.
2 tutto l'arco della sinistra ha perso il bandolo della matassa. Abituato a vivere al di sopra delle sue possibilità elettorali (cinque anni di governo, due presidenti della Repubblica eletti nella stessa legislatura, i principali ruoli rappresentativi tra organismi istituzionali, autorità di garanzia, imprese di interesse pubblico, guida delle Camere e delle principali commissioni parlamentari, il tutto grazie al 25% ottenuto nel voto 2013) il Pd non riesce a superare i postumi del kappaò di marzo, nè se ne avvantaggiano gli scissionisti di LeU, anzi. La netta impressione è che quei partiti non abbiano in sé gli strumenti e le energie per una severa autoanalisi e il necessario radicale cambiamento. Come se il cambio di stagione politica li avesse messi irrimediabilmente fuori corso. Anche qui, può piacere o far disperare, ma un centro-sinistra sotto il 20% e incapace di contrastare l'inerzia dei suffragi rischia di essere fuori gioco.
3 il MoVimento 5 stelle perde virtualmente quattro punti rispetto a marzo. È vero che punta a riscuotere il dividendo politico-elettorale che dovrebbe derivargli dall'introduzione del reddito di cittadinanza, ma è ancor più vero che soffre visibilmente la leadership di immagine di Salvini, ben più forte di quella di Di Maio. Il m5s ha un nocciolo duro di elettori più alto di tutte le altre forze politiche, ma l'erosione nel voto di opinione, se si confermasse a maggio, potrebbe aprire dei problemi. Ma resta il dato di fondo: non esisteva elettoralmente prima del 2013, ha esordito con il 25% e al secondo colpo ha preso il 33%. E la sua percentuale nel sondaggio, sommata a quella dell'alleato di governo, fa un totale di oltre il 63%, con pochi riscontri a livello internazionale.
4 la crisi di Forza Italia appare irreversibile. Essendo un partito da tempo strutturato sul territorio, e nelle giunte di alcune regioni tra le più importanti, mantiene comunque una fetta di elettorato in un centro-destra che però è ormai egemonizzato dalla Lega. Con un fondatore e leader ultraottantenne e un delfino che è il presidente del Parlamento Europeo, non precisamente un'istituzione popolarissima in questa fase, si trova nello scomodo ruolo di sleeping partner in un'alleanza che credeva di dominare per sempre. Diverso il discorso per Fratelli d'Italia, altrettanto marginale ma almeno già dall'inizio in sintonia con le nuove linee forti della destra. La sua collocazione all'opposizione (non scelta) può giovare al partito della Meloni dal punto di vista tattico. Ma è difficile pensare a un futuro fuori dal recinto salviniano.