SELVAGGIA IRONIA SU MARIA LAURA RODOTÀ: SONO CERTA CHE MICHELLE OBAMA, DOPO AVER LETTO IL SUO CONSIGLIO DI VESTIRE COME LA MERKEL, È ANDATA AI MAGAZZINI MAS DI ROMA DOVE HA COMPRATO TUTTA LA COLLEZIONE GRIGIA IN ACRILICO MADE IN SERBIA
Selvaggia Lucarelli per il “Fatto quotidiano”
Le ganzissime ragazze di Obama dal fisico perfetto (forse troppo). Si intitolava così l’articolo di Maria Laura Rodotà sul Corriere della Sera di ieri sulla visita di Michelle Obama e delle figlie Malia e Sasha in Italia.
Se pensate che il problema fosse nel titolo perché l’aggettivo “ganzissimo” non si sentiva dai tempi del paninaro Braschi in Drive In, è perché non avete letto il resto. Partiamo dalla premessa. Secondo la Rodotà, il lato positivo della faccenda è che le tre “mostrano come essere eleganti, affascinanti e chic e come tutto non sia un problema di pigmentazione.”.
A parte che sembra di leggere il referto di un dermatologo, qui l’idea rivoluzionaria di fondo è che grazie alle ragazze di casa Obama finalmente ora tutti sappiamo che anche le donne di colore possono essere belle. Io non so voi, ma personalmente ritengo che sia un concetto troppo ardito per metabolizzarlo subito, ho bisogno di tempo.
Fino a ieri ero convinta che Naomi Campbell e Tyra Banks fossero due cessi a pedali e ora mi si vuole far credere che siano passabili. “Sono ganzissime però secondo alcuni in modo poco innovativo” aggiunge poi citando una critica di moda del New York Times che ha dichiarato “I vestiti di Mrs Obama telegrafano un’idea di femminilità Anni 50, le sue sono scelte poco assertive se vuole trasmettere un messaggio di empowerment”.
Ora. Intanto mi piacerebbe comprendere in quale piega spazio temporale sia rimasta intrappolata la Rodotà per riuscire a passare dall’800 al 2070 in una sola frase visto che prima Mrs Obama “telegrafa” un’idea e poi non contribuisce all’empowerment.
“Telegrafare” credo non l’abbia mai detto neanche Mattarella, ma mi riprometto di verificare. Insomma, Michelle si veste come la tizia del dado Knorr, quindi non trasmette messaggi di autostima e potere. In effetti sì, Michelle Obama ha proprio il profilo della donna assertiva e sottomessa.
Laureata ad Harvard, consigliere associato del gruppo legali di Chicago, assistente del sindaco di Chicago e pedina fondamentale nella corsa e nella riconferma alla Casa Bianca del marito, ho sempre pensato che dopo gli autoscatti del marito con la premier danese al funerale di Mandela lei a casa lo avesse picchiato a sangue con l’asta per i selfie, ma secondo la nostra giornalista è una donna che proprio non trasmette autostima. Inoltre Maia e Sasha si vestono per far colpo sull’opinione pubblica e “su chiunque non faccia esercizi sulle braccia. Le donne di casa Obama hanno braccia bellissime, frutto di duro lavoro”.
Ditemi se ho capito bene. Michelle fa bicipiti e tricipiti perché a lei dell’America, dell’obesità, del terrorismo, del razzismo, dei Repubblicani e della disoccupazione non frega una beata cippa. A lei non frega neanche nulla di Obama, se potesse scapperebbe con un carpentiere dell’Illinois, altro che farsi due palle così con Agnese Renzi all’Expo. Lei fa la first lady solo e unicamente per far rosicare tutte quelle con le braccia pendule.
Michelle e le figlie tutte le sere prima di andare a dormire fanno due ore di bilanciere, una sfida a braccio di ferro e tutte a letto alle otto. Infine, il capolavoro: “Il trio è di grande effetto. Sono colorate, fisicamente perfette. Tanto da rischiare di scoraggiare le donne che vorrebbero ispirare. Messe davanti a standard così alti potrebbero consolarsi con pizza e patatine e quel cibo spazzatura contro cui Michelle combatte”.
Le tre sono “colorate”. Tipo cocorite. E soprattutto, non sono le classiche chiattone americane dei film che ci piacciono tanto tipo la poliziotta nera extralarge che mastica chewingum, no, queste tre si permettono di essere magre e di caricarci di sensi di colpa da bulimia compulsiva.
Ora però ho una perplessità: se è vero che guardando Michelle mi vado a fare un Big Mac, guardando Gisele cosa mi mangio, un capitello del Partenone? La Rodotà chiude affermando che per essere meno decorative forse converrebbe vestirsi come la Merkel, perché l’uso di capi noiosi costringe l’interlocutore a parlare di cose serie.
Anni e anni di lotte femministe infilzate nello spiedo del kebab. Ad ogni modo, sono io che non comprendo la Rodotà. Sono certa che invece Michelle, dopo aver letto il suo consiglio, è salita sull’aereo presidenziale, è atterrata a Roma, è andata ai Magazzini Mas dove ha comprato tutta la collezione grigia in acrilico Made in Serbia e stasera è a cena a Lo Zozzone a Trastevere. E ora scusate ma vado a fare i tricipiti.