L’EUROPA SA CHE L’ITALIA E’ FALLITA: NO ALLO SCAVALLAMENTO DEL PATTO DI STABILITA’ DEL 3%

Andrea Bonanni per "la Repubblica"

La Commissione europea sta prendendo in considerazione possibili proroghe sulle scadenze di risanamento dei conti pubblici per Francia, Spagna e Portogallo. Per altri Paesi, come l'Italia e l'Olanda, non sono invece allo studio eventuali allungamenti dei tempi di rientro del deficit. Lo ha spiegato ieri il portavoce del commissario agli affari economici, Olli Rehn, chiudendo così la porta ad ogni ipotesi di slittamento nel riaggiustamento dei conti pubblici italiani, che pure qualcuno aveva ipotizzato nel corso della campagna elettorale.

In realtà l'Italia, al contrario di Francia, Spagna e Portogallo, non ha mai chiesto un riscadenziamento del percorso di risanamento. Dopo che il governo Berlusconi, prima di dimettersi, aveva accettato di riportare il bilancio in equilibrio strutturale nel 2013, con un anno di anticipo rispetto ad altri Paesi, la coalizione guidata da Monti non ha mai messo in discussione l'obiettivo e il 2012 dovrebbe essersi chiuso con un deficit del 2,9 per cento: inferiore dunque al tetto previsto dal Patto di stabilità.

La partita che l'Italia si sta giocando a Bruxelles sul fronte dei conti pubblici è di tipo diverso, anche se non meno delicata. Francia, Spagna e Portogallo registrano deficit ben al di sopra del tre per cento, e devono dunque ottenere l'autorizzazione dei partner per ritardare i tempi del rientro al di sotto della soglia di deficit eccessivo. Il nostro Paese, invece, è rientrato sotto il tetto nel 2012, e dunque aspira ad ottenere dalla Commissione la chiusura della procedura per deficit eccessivo a cui è sottoposto insieme a numerosi altri partner.

Il motivo per cui il governo non chiede proroghe non si spiega solo con l'ovvia constatazione che una politica di rigore finanziario viene percepita positivamente dai mercati, che infatti mantengono lo spread contenuto nonostante i segnali di instabilità politica. C'è anche un'altra considerazione, e cioè che la chiusura della procedura per deficit eccessivo e il rientro sotto il tetto del tre per cento, dovrebbe consentire all'Italia, già da quest'anno, un «margine di flessibilità» nella gestione dei conti, rendendo così possibili alcune spese per investimenti che stimolino la crescita.

Ma la chiusura della procedura nei nostri confronti non è un risultato acquisito. Secondo i piani originari, l'Italia avrebbe dovuto finire il 2012 con un deficit del 2,5 per cento. Questa cifra è in realtà salita al 2,9 per cento. Siamo ancora nei limiti del Patto, ma la Commissione, prima di chiudere la procedura, vuole essere certa che il fabbisogno non tornerà al di sopra del 3 per cento per almeno due anni. Il riequilibrio dei conti, infatti, deve essere «sostenibile».

Un simile obiettivo era fino a poco fa a portata di mano. Ma ora la decisione di sbloccare i pagamenti arretrati della pubblica amministrazione alle imprese, rischia di riportare il nostro disavanzo al di sopra della barra del tre per cento. Una parte degli stanziamenti che saranno liberati, infatti, andrà ad incidere direttamente sul deficit oltre che sul debito.

Per il governo, dunque, non è tanto importante ottenere proroghe, ma convincere Bruxelles che, nonostante lo sblocco dei pagamenti, il fabbisogno resterà anche quest'anno sotto la soglia del 3 per cento. Solo così potrà uscire dalla procedura e mobilitare risorse addizionali per la crescita.

 

olli rehnMARIO MONTI EUROPA MARIO MONTI AL PARLAMENTO EUROPEO Commissione Europea

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