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IL “KING” CONTRO KONG - XI JINPING, LEADER ASSOLUTO DELLA CINA, VUOLE SPAZZARE VIA I MANIFESTANTI DI HONG KONG - OGGI È FESTA NAZIONALE CINESE, IL GOVERNATORE DELLA CITTÀ È STATO PIÙ VOLTE CONTESTATO – GLI OMBRELLI SERVONO: DILUVIO SULLA CITTA’

1. HONG KONG, CORTEI IN GIORNO FESTA NAZIONALE CINA: CONTESTATO GOVERNATORE

hong kong occupy central telefoninihong kong occupy central telefonini

(LaPresse/AP) - Va avanti la protesta a Hong Kong nel giorno della Festa nazionale cinese, in cui Pechino celebra l'anniversario della fondazione della Cina comunista nel 1949. Il governatore filocinese di Hong Kong, Leung Chun-ying, durante la cerimonia dell'alzabandiera in occasione proprio della Festa nazionale è stato contestato da centinaia di manifestanti che chiedevano le sue dimissioni. I dimostranti sono stati tenuti lontani dall'evento dalle barricate della polizia.

 

hong kong occupy central non possono ucciderci tutt  hong kong occupy central non possono ucciderci tutt

Inoltre è stato contestato una seconda volta, da parte di un deputato pro democratico, durante una successiva riunione davanti ad alcuni dignitari e in questo caso è stato scortato via. Le contestazioni giungono dopo che ieri il governatore non ha accolto la richiesta degli studenti, i quali gli avevano dato tempo fino alla mezzanotte di martedì per scendere nella piazza civica a incontrarli, minacciando che altrimenti avrebbero inasprito le proteste. E anche il movimento di disobbedienza civile Occupy Central aveva dato a Leung un ultimatum per oggi, chiedendo di accettare le richieste democratiche e di dimettersi.

hong kong occupy central 4hong kong occupy central 4

 

Che direzione prenderanno adesso le proteste non è chiaro: per ampliarle come promesso è possibile che si valuti uno sciopero dei lavoratori o che i dimostranti decidano di occupare un edificio del governo. Quel che è certo è che oggi e domani, dal momento che si tratta di giornate festive, aumenterà il numero delle persone in piazza. Intanto, nonostante l'inasprimento dei toni da entrambe le parti, questa notte è trascorsa in modo pacifico: l'umore era di festa e c'era poca polizia dispiegata.

 

hong kong occupy central hong kong occupy central

Nel discorso in occasione della Festa nazionale cinese il governatore di Hong Kong non ha fatto riferimento esplicito ai manifestanti, ma ha ribadito la posizione della Cina: "E' decisamente meglio avere il suffragio universale piuttosto che non averlo, è decisamente meglio avere il governatore eletto da 5 milioni di elettori aventi diritto piuttosto che da 1.200 persone, ed è decisamente meglio andare a votare nei seggi piuttosto che stare a casa e guardare in televisione i 1.200 membri del Comitato elettorale che votano", ha detto.

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Il riferimento è al merito della protesta pro democratica: a far adirare i manifestanti, infatti, è il fatto che ad agosto Pechino ha deciso che i candidati, nelle prime elezioni di Hong Kong a suffragio universale previste per il 2017, andranno scelti da un comitato composto perlopiù da filocinesi.

 

Le manifestazioni, cominciate la settimana scorsa da parte degli studenti e diventate più consistenti dopo che domenica vi si è unito il movimento Occupy Central, sono la sfida più grande che la Cina si trova ad affrontare da quando ha preso il controllo della ex colonia britannica nel 1997. E naturalmente hanno attirato l'attenzione a livello globale dal momento che Hong Kong ha dei media liberi che assicurano alle proteste ampia visibilità.

hong kong occupy central  hong kong occupy central

 

Ieri il primo ministro britannico, David Cameron, ha annunciato la convocazione dell'ambasciatore cinese nel Regno Unito per discutere della questione, affermando che è essenziale che i cittadini di Hong Kong abbiano il vero diritto di scegliere il loro leader.

 

 

2. HONG KONG, ORDINE AI DIMOSTRANTI: RITIRATEVI

Guido Santevecchi per “il Corriere della Sera

 

occupy central proteste a hong kong 3occupy central proteste a hong kong 3

Una grande stella rossa identifica il grattacielo dove ha stabilito il suo quartier generale la guarnigione dell’Esercito di liberazione popolare a Hong Kong. Dai vetri ieri si sono visti spuntare molti binocoli: gli ufficiali cinesi scrutavano le manovre campali che si svolgono da tre giorni nella city. Sul Victoria Harbour verso le nove hanno volato in formazione due elicotteri e due aerei da trasporto militari; impossibile dire se portassero rinforzi per la polizia o fossero lì per farsi vedere.

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Nella strade paralizzate del centro finanziario, per metà giornata i giovani del fronte democratico hanno riposato. Indisturbati dai poliziotti, alcuni nuclei di ragazzi in maglietta nera e fiocco giallo al petto hanno aggiustato le barricate, spostato le provviste. Tutto doveva essere pronto per la notte, quando la grande folla si è ricostituita. Dopo il tramonto ha cominciato a diluviare, ma nessuno ha lasciato le superstrade occupate tra Central e Admiralty.

 

Le voci raccolte tra i giovani dimostranti e i professori del movimento Occupy Central ci dicono che il picco di questa ondata di protesta contro le decisioni liberticide della Cina dovrebbe essere oggi, nel giorno della festa nazionale della Repubblica popolare. Ma che cosa succederà? La polizia, dopo la violenza usata domenica sera, resterà defilata? O verrà lanciata all’attacco finale? C’è spazio per dialogare?

Xi JinpingXi Jinping

 

Nessuno spiraglio, a sentire CY Leung, il Chief Executive (capo dell’esecutivo) di Hong Kong. Parole dure le sue: «La Cina non scenderà a compromessi, nel 2017 si voterà secondo la legge stabilita, quindi cessate immediatamente la protesta, la situazione sta sfuggendo al controllo». La folla risponde gridando «Dimissioni, dimissioni».

 

A Pechino, il presidente Xi Jinping e il Politburo sanno di avere poche opzioni: il leader non si può mostrare debole, ma sa anche che spazzar via i ragazzi dalle strade di Hong Kong porterebbe molte vittime e non garantirebbe di mettere a tacere il fronte democratico. Nella ex colonia britannica del 2014 forse non si può calare il pugno di ferro come a Tienanmen nel 1989.

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Perché qui la voce della gente non si può spegnere come nel resto della Cina; perché Internet non può essere oscurato indefinitamente (tra l’altro i ragazzi per scambiarsi messaggi stanno usando la nuova app FireChat che non ha bisogno di web); perché i giudici sono ancora indipendenti; e perché non si può strozzare una piazza finanziaria come Hong Kong che ha ancora la forza di influenzare i mercati di tutta l’Asia come in queste ore, con vistosi cali.

 

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Una fonte rivela al Corriere che anche il fronte democratico è nel guado. Qualche frizione e contrasto tra studenti e «anziani», i professori e gli intellettuali. Nella notte era prevista una riunione per decidere la strategia. E anche i democratici hanno poche opzioni: sanno che a Pechino ormai la crisi di Hong Kong non può più essere trattata come un fatto che riguarda solo la città e i suoi sette milioni di abitanti: Hong Kong è Cina, ed è un banco di prova per il sistema di potere. Xi Jinping ha ripetuto ai compagni del Politburo che cedere sulle questioni ideologiche significa fare la fine dell’Urss e perdere tutto.

 

Il professore universitario Joseph Cheng è uno dei fondatori della Alliance for true democracy. È reduce da una cella: «Mi hanno arrestato domenica, e mi hanno tenuto fino a notte fonda. Un fatto irragionevole, anche se il trattamento è stato civilizzato», sorride. Ma subito si fa cupo: «Temo che siamo arrivati alla fine dell’eccezione di Hong Kong. Pechino vuole spazzar via i nostri valori, il nostro stile di vita. Vuole ridurre Hong Kong al rango di una delle tante città della Cina».

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Il professore suggerisce una via: discutere sulle elezioni del 2020, se per quelle del 2017 non c’è più spazio. Temporeggiare e dialogare. E quanto tempo potrà ancora andare avanti l’occupazione di Hong Kong? «Il nostro è un movimento spontaneo, cerchiamo di sopravvivere giorno per giorno, ma presto i genitori vorranno che i figli tornino a scuola, i negozianti penseranno agli affari sfumati per il blocco. Quindi fra qualche giorno andremo a casa, in attesa di qualche segnale, fino alla prossima ondata di disobbedienza civile».

 

 

 

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