L’ “ANGELUS” DI ASSANGE DAVANTI A MILLE TELECAMERE: “OBAMA FERMI LA CACCIA ALLE STREGHE” - ASSERRAGLIATO NELL’AMBASCIATA DELL’ECUADOR, JULIAN TIENE SOTTO SCACCO INGHILTERRA E USA, CON L’AIUTO INTERESSATO DEL PRESIDENTE CORREA E L’ASSISTENZA LEGALE DEL GIUDICE GARZON - LA MINACCIA DELLA GRAN BRETAGNA DI VIOLARE L’AMBASCIATA PER ARRESTARLO E’ STATO UN BOOMERANG: GLI STATI SUDAMERICANI SOLIDALI CON QUITO…

Fabio Cavalera per il Corriere della Sera

Come un consumato attore davanti a mille telecamere convenute per lo show, Julian Assange ha predicato per qualche minuto dal balcone al primo piano dell'ambasciata ecuadoriana, attaccata al tempio dello shopping Harrods. Si è rasato e tagliato il ciuffo, perché le regole della comunicazione richiedono una bella e rassicurante presenza da «eroe» pulito e moderno, quasi da operoso banchiere della City, la camicia azzurra e la cravatta rossa, la voce seria e chiara: «Obama fermi la caccia alle streghe contro WikiLeaks».

Il tam tam durava da giorni: parlerà domenica. E di domenica il nemico della diplomazia americana ha parlato, illustrando con perizia e furbizia il suo manifesto politico. Si è guardato bene dall'indossare i panni del martire, dunque non ha oltrepassato i confini del palazzo diplomatico dell'Ecuador, altrimenti Scotland Yard lo avrebbe ammanettato. Allora, istruito dai legali guidati dallo spagnolo Baltasar Garzón, si è affacciato al terrazzino con la bandiera ecuadoriana. «Se vi è unità nell'oppressione, vi deve essere assoluta unità e determinazione nella risposta».

Julian Assange ha mirato al bersaglio grosso, Washington. Ha esaltato l'Ecuador e le nazioni sudamericane che si schierano dalla parte della libertà di pensiero, cioè dalla sua parte, e contro gli Stati Uniti. Ha accennato alle Pussy Riot condannate a Mosca. Ha chiesto la scarcerazione del «prigioniero politico» Bradley Manning, il militare e informatico Usa (il vero martire) che è dietro le sbarre per avere scaricato i documenti dagli archivi del dipartimento di Stato e per averli poi passati a Wikileaks.

E ha sfidato Obama: «Dobbiamo sfruttare il momento per sottolineare la scelta che gli Stati Uniti hanno davanti». Ovvero: «Vogliono tornare ai principi rivoluzionari che sono alla base della loro fondazione? Oppure intendono barcollare sull'orlo del precipizio trascinandoci nel tirannico mondo nel quale i giornalisti sono costretti al silenzio e i cittadini bisbigliano nel buio?». Non c'è dubbio: un evento mediatico preparato, creato e diffuso con sapiente regia. Peccato, che dietro e attorno alla figura di Julian Assange si stia svolgendo una partita politica e diplomatica delicata.

Da 61 giorni il giornalista australiano è barricato lì dentro, nella sede della rappresentanza sudamericana, perché Londra lo vuole estradare in Svezia dove è accusato dello stupro di due donne. Ma lui e i suoi supporter temono che si tratti di un giochino escogitato per spingerlo nella mani di Washington, in cerca di vendetta dopo la pubblicazione dei documenti top secret. Su questo punto, tuttavia, è intervenuto ieri direttamente il ministro degli Esteri di Stoccolma Carl Bildt: la Svezia, ha spiegato al sito del Financial Times, «non può estradare qualcuno verso un Paese in cui rischia la pena di morte».

Julian Assange ha ottenuto l'asilo politico da Quito ed è diventato, suo malgrado, una scomoda marionetta mossa da Rafael Correa, il presidente dell'Ecuador che è impegnato a riscaldare i sentimenti antiamericani del Sudamerica. I due si sono conosciuti durante un'intervista per l'emittente Russia Today e, ciascuno, guardando ai propri interessi, ha dato una mano all'altro.

Nel teatrino, Londra ha commesso il grave errore di minacciare di entrare nell'ambasciata ecuadoriana per prelevare Assange, tirandosi addosso le accuse di «colonialismo». Quando mai si viola un'ambasciata? Rafael Correa ha impugnato la bandiera pro Assange per scatenare i risentimenti che circolano dalla sue parti nei confronti di Washington e pensando alle elezioni del 2013. Assange, per parte sua, ottenendo asilo politico da Quito, ha evitato il «viaggio» negli Stati Uniti, via Stoccolma, e ha salvato la pelle.

Julian Assange ha affabulato sulla sua condizione di perseguitato (ricorrerà alla Corte europea dei diritti dell'uomo) e le diplomazie stanno cercando una via d'uscita a questa commedia. Ora come ora, il fondatore di WikiLeaks non può volare a Quito: se esce Londra lo arresta e lo spedisce a Stoccolma. Domanda: ora che la stessa Svezia ha garantito che non lo consegnerà a Washington lui accetterà il processo per quelle imputazioni che respinge con forza?

Come e quanto questa soluzione sia realistica è da vedere. Di certo c'è che, sull'onda del caso Assange, l'Ecuador ha chiesto e ottenuto la solidarietà di tutti i ministri degli Esteri sudamericani, rinsaldando così il fronte politico contro Washington e contro Londra. Paradossi a non finire: per il populista Rafael Correa, Assange è una pedina importante per le sue strategie.

 

ASSANGE- AMBASCIATA ECUADOR A LONDRUN SOSTENITORE DI ASSANGE DAVANTI ALLALTA CORTE DI LONDRA BALTASAR GARZON OBAMA OBAMA E MICHELLE DOPO IL BACIO ALLA KISS CAM Rafael CorreaWikiLeaks book David Leigh Luke Harding

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…