mannino mancino dell utri dellutri

COSA RESTERÀ DI QUESTI ANNI '90? - BOLZONI: CON L'ASSOLUZIONE DI MANNINO CROLLA L'IMPIANTO ACCUSATORIO DEI PM DI PALERMO, E IL PROCESSO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA DIVENTA UN MORTO CHE CAMMINA

Attilio Bolzoni per “la Repubblica

 

CALOGERO MANNINO CALOGERO MANNINO

Una prima sentenza, implacabile segna il destino del processo sulla trattativa Stato-mafia. Con l’assoluzione di Calogero «Lillo» Mannino il dibattimento che si sta ancora celebrando a Palermo sembra già chiuso, finito. L’ex ministro, potente di un’Italia che non c’è più — sepolta dalle stragi e da Mani Pulite — non era un imputato qualunque. Ecco perché questo verdetto, al di là delle acrobazie in punto di diritto per decifrarlo nelle sue pieghe più nascoste e in attesa delle motivazioni del giudice, è un precedente decisivo per le sorti in Corte di Assise dell’intero processo. È più che un duro colpo: è mortale.

Calogero ManninoCalogero Mannino

 

E non tanto per l’assoluzione in sé, ma proprio per il ruolo che i pubblici ministeri hanno attribuito a Mannino nella costruzione delle loro tesi. Era lui all’origine di quel dialogo fra apparati e boss Corleonesi che si sarebbe concluso, nella primavera di ventitré anni fa, con un patto.

 

Era lui che era considerato un «traditore » da Totò Riina perché nel 1992, in Cassazione, non aveva garantito un buon esito del maxi processo a Cosa Nostra. Era sempre lui che, dopo l’uccisione dell’europarlamentare Salvo Lima, temeva per la sua vita. E che si sarebbe quindi rivolto al generale dei reparti speciali dell’Arma Antonino Subranni per agganciare l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, l’unica strada per evitare la ritorsione dei boss tutti condannati all’ergastolo. Calogero Mannino incarnava nell’indagine il punto d’inizio della trattativa Stato-mafia, la genesi. Con la sua assoluzione il processo è minato alle fondamenta.

 

Giovanni ConsoGiovanni Conso

Se accordo c’è stato fra Stato e mafia tutto era cominciato con il suo input al generale, Mannino era in qualche modo l’ispiratore della trattativa. Così si era messa in moto la macchina investigativa e informativa per mercanteggiare con Riina e i suoi macellai, così l’accusa è arrivata alla richiesta di nove anni di carcere per Mannino.

 

marcello dell utri libri antichimarcello dell utri libri antichi

Caduta per lui l’imputazione del reato di «violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario» previsto dagli articoli 338 e 339 del codice penale, quali previsioni fare sull’epilogo processuale per gli altri dieci imputati — fra i quali generali come Subranni e Mario Mori, mafiosi come Totò Riina e Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, ex senatori come Marcello Dell’Utri, doppiogiochisti come Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito — seguendo il filo dei ragionamenti del giudice nella sentenza di Mannino in questo rito abbreviato?

 

Bernardo ProvenzanoBernardo Provenzano

È evidente che la struttura accusatoria è stata disarticolata, anche se quell’assoluzione «per non avere commesso il fatto» (adottata con la formula dell’articolo 530 che scatta quando la prova «manca, è insufficiente o è contraddittoria », per capirci la vecchia insufficienza di prove) offre uno spiraglio ai pubblici ministeri per continuare a sostenere in qualche modo le loro argomentazioni: il fatto, cioè la trattativa, esiste, c’è stata.

 

Ma è indubbio che se il personaggio principale dell’indagine — che al tempo ha attivato pezzi dello Stato per portare a casa la pelle — esce dal processo, sarà molto più difficile dimostrare il «patto» partendo solo dagli incontri segreti dei carabinieri con Vito Ciancimino agli arresti domiciliari, dalle manovre di Dell’Utri intorno a Bernardo Provenzano ancora latitante, dalle carte che raccontano come il ministro della Giustizia Giovanni Conso non rinnovò la proroga del carcere duro a più di 400 mafiosi.

 

Nicola Mancino Gaetano Gifuni Nicola Mancino Gaetano Gifuni

Calogero Mannino era il punto di forza dell’inchiesta e si è trasformato nel punto di fragilità del processo. Un’assoluzione dell’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino — accusato di falsa testimonianza — avrebbe sicuramente fatto oggi più clamore per la portata politica di quelle polemiche di fuoco fra la procura e il Quirinale sulle sue telefonate con il Presidente Giorgio Napolitano, ma non avrebbe scalfito così a fondo l’ipotesi accusatoria.

 

Calogero Mannino, uno dei ras della Sicilia fra gli anni ’80 e ’90, quattro volte ministro della Repubblica, accusato di concorso esterno e assolto definitivamente nel 2010, arrestato e detenuto per un anno e mezzo ma non risarcito «per l’ingiusta detenzione » per certi suoi rapporti elettorali con i boss, probabilmente diventerà — o probabilmente lo è già diventato — l’uomo-chiave dei grandi processi di Palermo.

giovanni falcone paolo borsellino lapgiovanni falcone paolo borsellino lap

 

Sono passati più di vent’anni dai massacri siciliani, da Falcone e Borsellino. E a questo punto è necessaria — inevitabile — una profonda riflessione sulle indagini avviate subito dopo quelle stragi del ’92, su un «metodo» giudiziario che non sempre riesce a raggiungere gli obiettivi che insegue, su ricostruzioni innegabilmente coerenti e rigorose ma difficili da dimostrare in una Corte di Assise. Bisogna prenderne atto, al netto di convinzioni o di suggestioni. È l’assoluzione di Mannino nella trattativa Stato-mafia che lo impone. C’è molta voglia di verità in un’Italia che conosce niente o quasi niente dei suoi morti più eccellenti. Ma le vicende degli ultimi anni, a volte, costringono a pensare che il cratere di Capaci sia troppo grande per entrare in una piccola aula di giustizia.

 

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…