DOPO MORSI, TOCCA A MANSOUR, ELETTO 2 GIORNI FA PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE - ORA COMINCIA IL TUTTI CONTRO TUTTI


1 - EGITTO: GIURA MANSOUR, E' PRESIDENTE AD INTERIM

(ANSA-REUTERS) - Presidente della Corte costituzionale egiziana, il giudice Adly Mansour, ha giurato come presidente ad interim dopo essere stato designato dai militari a succedere al deposto capo di Stato Mohamed Morsi. Per il momento Mansour - ha precisato la Reuters - ha prestato giuramento come presidente della Corte Costituzionale, a breve, seguirà il giuramento come presidente ad interim al posto del deposto Morsi.

2 - EGITTO: CHI E' MANSOUR, PRESIDENTE AD INTERIM
(ANSA-AFP) - Presidente della Corte costituzionale egiziana da soli due giorni, il giudice Adly Mansour, è stato designato oggi dai militari a succedere al deposto presidente Mohamed Morsi come capo dello stato ad interim. Ironia della sorte, Mansour era stato nominato presidente della Corte costituzionale dallo stesso Morsi a metà maggio, anche se ha assunto l'incarico due giorni fa. Sessantasette anni, padre di tre figli, Mansour ha studiato nella prestigiosa Scuola nazionale per l'Amministrazione di Parigi prima di intraprendere una lunga carriera come giudice sotto il regime di Hosni Mubarak.

Ha esercitato in tribunali religiosi ma anche in corti civili e penali. A differenza dei principali leader dell'opposizione - come il premio Nobel per la pace Mohamed el Baradei o l'ex segretario della Lega Araba Amr Moussa - il suo nome non è mai apparso tra i potenziali successori di Morsi. Questo relativo anonimato ha probabilmente catalizzato l'interesse dei militari, intenzionati a utilizzare una figura neutrale per assicurare una transizione che si annuncia complessa.

3 - EGITTO: RE SAUDITA SI CONGRATULA CON PRESIDENTE AD INTERIM
(ANSA-AFP) - Il sovrano saudita Abdallah si è congratulato con il presidente della Corte costituzionale egiziana, Adly Mansour, che in base alla road map resa nota dopo la deposizione del presidente Mohamed Morsi, è stato chiamato a guidare la transizione del Paese. In un telegramma, citato dall'Agenzia ufficiale Spa, il re si rivolge a Mansour definendolo "presidente della repubblica sorella araba d'Egitto". Si tratta del primo leader straniero a congratularsi ufficialmente con Mansour.

4 - EGITTO:HAGUE,GB COLLABORERA' CON NUOVA AMMINISTRAZIONE
(ANSA) - "La Gran Bretagna è pronta a riconoscere la nuova amministrazione in Egitto e a collaborare". E' quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri britannico, William Hague, intervenendo sulla situazione in Egitto.

5 - EGITTO: ASSAD, PROGETTO FRATELLI MUSULMANI CONTRO IL POPOLO
(ANSA) - L'esperimento di governo dei Fratelli musulmani è fallito perché è in contraddizione con la natura del popolo, perché hanno un progetto ipocrita che mira a seminare zizzania nel mondo arabo: lo ha detto il presidente siriano Bashar al Assad, da oltre due anni contestato nel suo Paese in una rivolta trasformatasi ormai in guerra aperta. In un'intervista ripresa stamani dai quotidiani governativi siriani, Assad afferma che "gli egiziani non possono sempre essere presi in giro perché sono portatori di una civiltà che ha migliaia di anni e sono forti di un pensiero nazionalista panarabo chiaro".

Da 33 anni l'ala siriana dei Fratelli musulmani è illegale in Siria e i suoi membri sono puniti con la pena di morte. Il movimento islamico, che negli anni '50 partecipava regolarmente alle elezioni e alla vita politica della Siria indipendente, fu messo al bando nel 1980 durante il confronto armato tra il regime di Hafez al Assad (padre dell'attuale raìs) e un'ala estrema della Fratellanza siriana.

6 - FRA BAIONETTE E CORANO L'ARCIPELAGO EGITTO SI RIDISEGNA A TAHRIR - ISLAMISTI SGONFIATI, LAICI INCOMPIUTI, GUERRIERI ENIGMATICI
Claudio Gallo per "la Stampa"

Piazza Tahrir è un enorme polmone: si gonfia di folla nella prima rivolta, nella restaurazione militar-islamica si sgonfia, si espande all'inverosimile nella seconda ondata di proteste, adesso, contro Morsi: un respiro, due anni. Intorno a questa arena che tutti ormai riconosciamo a colpo d'occhio, dove i gladiatori della democrazia e della sharia si sono affrontati nell'ultima illusoria battaglia per il potere decisa da un giocatore fuori campo, si stende l'enorme metropoli di quasi 15 milioni di abitanti, in molti suoi recessi sideralmente ignara.

L'amletico generale Di tutti i protagonisti, il più amletico, il più tragico è il capo dell'esercito Abdel Fattah al Sissi, osannato dal 94 per cento degli egiziani, secondo l'agenzia americana Zogby. Di lui si può dire con Corto Maltese nella «Ballata del mare salato»: «uno il potere ce l'ha finché non è costretto ad esercitarlo», oppure, con Robert Springborg, studioso americano dell'esercito egiziano: «Il generale è ben in sella, ma non sa dove andare».

Già, perché Al Sissi, volto giovane mascella volitiva, ha preso il posto dell'impresentabile generale Tantawi che guidò i militari (Il famoso Scaf, consiglio supremo delle forze armate) durante la transizione da Mubarak a Morsi, perché piaceva ai Fratelli Musulmani. Il giovane capo di stato maggiore non ha mai nascosto il suo retroterra islamico: il vecchio modello dei generali turchi custodi della laicità dopo un secolo si è dissolto in tutto il Medio Oriente. Il suo background era già evidente negli scritti e nelle dichiarazioni ai tempi della scuola di guerra dell'Us Army. Da quando comanda infatti, è praticamente caduto il bando agli islamisti nell'esercito.

Opzioni scadute Ha sfogliato la margherita golpe non golpe e alla fine ha ceduto alla tradizione della divisa, abbandonando i suoi sponsor barbuti. Ora ha un sacco di guai e dovrà cercare un compromesso. Perché l'esercito non può apertamente andare contro la (discussa) costituzione senza tagliare il ramo su cui sta seduto.

La cosa farà infuriare gli americani che restano i principali alleati del paese, con quasi un miliardo e mezzo di aiuti militari ed economici l'anno. Inoltre, dopo l'esercito, i Fratelli Musulmani sono l'unica forza organizzata di un certo rilievo, e mandarli via dal potere a calci nel sedere potrebbe non essere una passeggiata, come quella di Nasser, quando nel 1954 li mise fuori legge.

Al Sisi non si fa neppure illusioni sull'appoggio, oggi trionfale, della piazza più o meno democratica. Ricorda come al secondo turno delle presidenziali i democratici votarono Morsi pur di non fare vincere il candidato dei militari Ahmed Shafiq. La piazza che applaude il golpe contro il presidente è pronta alla prima occasione a rivoltarsi contro il nuovo potere.

Consensi al 20 per cento I Fratelli musulmani, dopo l'incredibile congiuntura che li ha portati al potere, sono costretti fare i conti con la loro reale consistenza, prima della caduta di Mubarak intorno al 20 per cento (con un 10 per cento circa in aggiunta per gli ultrà salafiti). Poco amati, guardati con sospetto per alcuni accordi sottobanco con il potere, gli islamisti hanno capitalizzato la loro macchina organizzativa, oliata abbondantemente dai dollari del Golfo. All'indomani dell'assalto al loro quartier generale alcuni attivisti, che hanno fotografato gli archivi, giuravano sulle prove di ingenti finanziamenti dal Qatar: vedremo se i documenti usciranno sul web oppure se è l'ennesima voce infondata.

Paradossi democratici Un sondaggio di Zogby, per il periodo da aprile a maggio, mostra come la popolarità di Morsi sia scesa dal 57 al 28 per cento. Non bisogna pensare che gli egiziani si ammazzino in piazza Tahrir solo in nome di astrusi contenziosi tra la teologia sunnita e quella dei diritti umani: lo stato agonizzante dell'economia ha bruciato in fretta le aspettative sollevate dal nuovo capo dello stato che da salvatore si è trasformato in fretta in un vecchio islamista maneggione e inetto.

In un'era in cui le decisioni popolari non contano più nulla, la democrazia ha preso rifugio nel momento simbolico delle urne: il paradosso egiziano è che oggi siano proprio i democratici ad applaudire i generali, dimenticando che Morsi è stato regolarmente eletto.

I guerrieri ballano sul filo I gruppi ribelli che stanno facendo surf sulle teste infinite di piazza Tahrir, sono un arcipelago diseguale e rissoso pronto alla rivoluzione del secolo oppure, più probabilmente, a sgonfiarsi come nel 2011. Due anni fa c'era Wael Ghonin, il Google-attivista, Lenin addomesticato delle cyber-rivolte, finito nella lista di «Time» delle 100 persone più influenti in occidente, secondo arabo più influente per Arabian Business.

Dissoltosi nel nulla Ghonin, oggi c'è l'associazione Tamarod (Ribelle), nata da una costola della vecchia eterogenea coalizione anti-Mubarak Kefaya. Ha raccolto in breve tempo 22 milioni di firme contro Morsi. Tamarod non è dunque una novità assoluta, ma un grande contenitore dell'insoddisfazione di chi aveva creduto due anni fa in un Egitto più giusto e moderno. Il suo spontaneismo generoso che piace tanto se visto con gli occhi della Rete, rischia di essere, al di là delle adunate oceaniche, politicamente poco incisivo, come già il movimento del 2011. Una bella speranza fragile.

Nostalgici in agguato Non aiuta più di tanto la presenza nelle file della protesta di una figura apprezzata internazionalmente come l'ex capo dell'ente atomico Mohammad el Baradei che non è mai riuscito a conquistare il cuore della masse. Inutile poi negare che dentro il magma del movimento si nasconde un cuore nero: i fedelissimi di Mubarak non sono affatto scomparsi e non vedono l'ora di menare le mani.

Un generale golpista di malavoglia, un movimento islamico aggrappato al potere, una piazza senza guida, pericolosi nostalgici: girano i dadi in piazza Tahrir.

 

 

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