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L'ETÀ DELL'IRRESPONSABILITÀ PER I SOCIAL È FINITA - CI VOLEVA L'INVASIONE DELL'UCRAINA PER FAR CAPIRE A FACEBOOK E SOCI CHE FORSE IN QUESTI ANNI HANNO SBAGLIATO, E CHE IL CREMLINO LI HA MANIPOLATI, CON EFFETTI POLITICI DEVASTANTI - LE BIG TECH AMERICANE STANNO CERCANDO DI BOICOTTARE PUTIN, ANCHE SE FORSE È TROPPO TARDI - APPLE NON VENDE PIÙ IPHONE IN RUSSIA, MICROSOFT STA INTERCETTANDO GLI ATTACCHI CYBER ED ELON MUSK AIUTA KIEV A COMUNICARE CON I SUOI SATELLITI STARLINK...

Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera

 

LA PROPAGANDA DI PUTIN VIA SOCIAL

«Aiutateci! Le tecnologie della comunicazione digitale sono la migliore risposta agli attacchi con carri armati e missili». L'appello del vicepremier ucraino Mykhailo Fodorov, insieme alla denuncia dei governi degli Stati baltici che hanno accusato Facebook e gli altri social media di continuare a essere megafoni di una «propaganda russa che esalta i crimini di guerra», hanno costretto i gruppi di big tech a un brusco cambio di rotta: schierarsi, tardivamente e dopo aver fatto disastri, con la resistenza del popolo di Zelensky.

 

LA PROPAGANDA DI PUTIN VIA SOCIAL

Così questa guerra, che sta avendo conseguenze enormi e spaventose in molti campi, è destinata ad avere effetti profondi anche sul mondo della tecnologia e dell'informazione.

 

L'età dell'innocenza, per big tech e soprattutto per le reti sociali a partire da Facebook, era finita da tempo: almeno dal 2016 quando emersero le interferenze russe nelle elezioni americane attraverso le loro piattaforme e, poi, due ani dopo, con la scoperta dello scandalo di Cambridge Analytica.

 

vladimir putin prepara il bavaglio per twitter e gli altri social

L'invasione dell'Ucraina dovrebbe segnare anche la fine dell'età dell'irresponsabilità: messi di fronte alla dimostrazione della straordinaria potenza politica dei messaggi da loro veicolati e di come il Cremlino li stava manipolando, i social network non hanno più potuto continuare a sostenere di essere dei semplici collettori dei messaggi veicolati attraverso le loro piattaforme, irresponsabili per la diffusione di contenuti spesso socialmente e politicamente devastanti.

 

Messaggi negativi in realtà esaltati da algoritmi che, com' è ormai ben noto, favoriscono la diffusione di contenuti estremi, dirompenti: quelli che generano più contatti, più fatturato, più profitti.

 

cyber attacco dei russi 7

Decidendo di bloccare (ma solo nell'area UE) l'accesso dei canali della propaganda e della disinformazione russa (RT, Sputnik, Ruptly), i social si sono comportanti non come un tubo inerte nel quale passa di tutto, ma come una media company che va regolamentata e responsabilizzata al pari di tutti gli altri editori.

 

Una prima conseguenza della guerra è la fine dell'illusione che Internet fosse uno strumento planetario destinato a diffondere la democrazia in ogni angolo del mondo.

 

Era evidente da tempo che non è così, ma le aziende tecnologiche si erano aggrappate a questa narrativa per giustificare la loro pretesa di non rispondere a nessuno di ciò che immettono in rete.

 

apple iphone

I firewall creati da Cina, Iran e, ora, Russia, sono destinati a frammentare il web in aree separate, più o meno blindate. Basti pensare che, per informare il suo popolo sulla guerra, Pechino usa proprio i canali della propaganda russa.

 

Tutta l'industria tecnologica Usa è ormai impegnata sul campo: da Apple che non vende più al Paese che ha aggredito l'Ucraina gli iPhone adorati dalle élite russe, a Microsoft che sta intercettando a tempo di record gli attacchi di cyberwar nel Paese sotto attacco, a Elon Musk che aiuta Kiev a comunicare coi suoi satelliti della rete Starlink.

 

mark zuckerberg

Big tech, da tempo nel mirino della politica Usa e dello stesso Joe Biden che nel recente messaggio sullo Stato dell'Unione ha promesso una resa dei conti almeno per quanto riguarda l'esposizione dei minorenni a messaggi pericolosi, probabilmente spera, in questo modo, di sottoporre la sua immagine a un frettoloso restauro, presentandosi come una forza socialmente responsabile e, magari, anche patriottica.

 

Stavolta le evidenze sono talmente gravi da rendere impraticabile un'operazione trasformista. Purtroppo, però, la stalla verrà chiusa a buoi ormai fuggiti da tempo: basti pensare che il CCHD, un istituto indipendente che in America cerca di contrastare la disinformazione e la diffusione di messaggi d'odio, ritiene di poter affermare, dati alla mano, che "la guerra contro l'Ucraina è stata costruita su Facebook".

 

mark zuckerberg

Questo perché, contrariamente agli impegni presi da Mark Zuckerberg nel 2019, oltre il 90 per cento dei 3600 articoli postati negli ultimi anni sulle reti del gruppo Facebook da RT, Sputnik e Ruptly (con l'Ucraina spesso accusata di prepararsi ad aggredire la Russia) non erano nemmeno segnalati come messaggi provenienti da un organo di propaganda del Cremlino. E non c'è solo l'Ucraina: dall'Etiopia alla Siria i social, lontani dai riflettori della stampa, continuano a fare disastri.

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