“L'INFLAZIONE PEGGIORERÀ E L'ITALIA È PIÙ VULNERABILE, HA BISOGNO DEL SOSTEGNO DELL'EUROPA PER IMPEDIRE CHE LO SPREAD ESPLODA” – L’EX CAPO ECONOMISTA DEL FMI, KENNETH ROGOFF: “I MERCATI DIVENTERANNO NERVOSI SENZA DRAGHI. DIFFICILE IMMAGINARE COME AVVERRÀ IL RITORNO ALLA STABILITÀ – UN TETTO AL PREZZO DEL GAS? DUBITO FUNZIONI. LA RUSSIA STA VENDENDO IL SUO PETROLIO A INDIA E CINA AL 70% DEL SUO VALORE, È UNO SCONTO PER NEW DELHI E PECHINO CHE LI METTE AL RIPARO DA QUALSIASI TENTAZIONE DI ADERIRE AL PIANO…”
Alberto Simoni per “la Stampa”
Kenneth Rogoff è stato il capo economista del Fondo monetario internazionale e membro del Board dei governatori della Federal Reserve. Oggi insegna economia ad Harvard. Nel suo curriculum spicca il titolo di gran maestro degli scacchi. E da lì parte Rogoff per spiegare la scelta della Bce di alzare i tassi di interesse, prima volta in undici anni.
«Nel linguaggio degli scacchi - dice - si chiama una mossa obbligata, forzata. Insomma, l'Eurotower, giunti a questo punto, non aveva più alternative se non procedere con l'aumento dei tassi».
Professor Rogoff, ne seguiranno altri secondo lei?
«Credo che la Bce sia solo all'inizio di una traiettoria che la porterà a incidere sul costo del denaro, ma l'inflazione non sparirà come d'incanto».
christine lagarde con mario draghi
Perché?
«L'inflazione peggiorerà e non credo comunque che l'obiettivo della Bce sia quello di abbatterla. Ma certamente il sistema non può permettersi di farla adagiare attorno al 9%, perché l'impatto sulla gente sarebbe fatale. Il problema è l'effetto sul debito che i tassi più alti genereranno. E questo riguarda Paesi come l'Italia».
Peserà l'uscita di Draghi?
«Quanto successo giovedì è una combinazione veramente negativa per l'Italia perché l'uscita del primo ministro, rispettato e apprezzato da tutti, unita al rialzo dei tassi crea una miscela che ha spinto lo Spread e soprattutto influenzerà l'andamento del debito».
Sintetizzo: ritiene che i prossimi governi non saranno in grado di tenere i conti pubblici in ordine?
«L'Italia è oggi un Paese più vulnerabile, ha bisogno del sostegno, dell'appoggio dell'Europa per impedire che lo spread esploda. Siamo stati per anni in un mondo che navigava con tassi di interesse azzerati: è una condizione che consente di avere un debito al 150% del Pil e di poterlo gestire. Come Draghi e i suoi ministri sono stati bravi a fare. Ma con i tassi in ascesa il risultato non è scontato, il processo è più difficile. Dovessi riassumere con una frase direi: "è terribile perdere un leader così importante in questo momento". I mercati diventeranno assai nervosi senza un appiglio sicuro come Draghi. Difficile immaginare come avverrà il ritorno alla stabilità».
Ha citato l'Europa, come potrebbero cambiare i rapporti fra i Paesi in una dimensione di costo del denaro più alto?
«La prima conseguenza è che il whatever it takes draghiano oggi non sarebbe percorribile facilmente. Un conto era quando la Germania, la Francia e i Paesi del Nord prestavano denaro al Sud in un ambiente di tassi negativi o a zero. Da oggi questo è più complicato, meno scontato. Ma la Bce non poteva certo non intervenire, doveva prevenire una catastrofe che in parte è stata anche generata dai generosi pacchetti di stimolo durante il Covid».
La Fed ha agito prima e con più aggressività sui tassi e si appresta per il secondo mese consecutivo ad alzare i tassi dello 0,75%. Perché un approccio così diverso dalla Bce?
janet yellen mario draghi atlantic council
«Anzitutto la Fed è tradizionalmente più reattiva, sia nell'alzare sia nell'abbassare il costo del denaro. Ma c'è anche una questione molto concreta. Gli stimoli fiscali all'economia e gli aiuti alle famiglie mobilitati dagli Usa sono stati più vasti di quanto messo dall'Europa, anche se consideriamo il Next Eu Generation. L'Amministrazione Biden ha avuto una politica fiscale disastrosa, mi rendo conto che è facile dirlo oggi rispetto ad allora, ma lo stimolo all'economia del marzo del 2021 è stato troppo ampio e tardivo.
E la conseguenza di quell'intervento si è manifestata in tutta la sua evidenza pochi mesi fa: l'inflazione in Europa era principalmente legata al cibo e ai prezzi dell'energia; ma negli Stati Uniti metà dell'inflazione aveva altri fattori, e la quantità di denaro immessa sul mercato è uno di questi. Per questo la Fed ha dovuto agire: è intervenuta in ritardo ma pur sempre prima di quanto ha dovuto fare la Bce».
Come spiega invece la situazione in Europa?
«Il problema è che si è ritenuto che la crisi della supply chain fosse passeggera e risolta quella, anche l'inflazione sarebbe tornata sotto controllo. In realtà la situazione è peggiorata ben prima di poter migliorare. E non c'entra solo il conflitto in Ucraina.
A contribuire a questi problemi logistici che poi hanno provocato un effetto a catena su approvvigionamenti e prezzi, è stata anche la politica Covid zero applicata in Cina. Credo che la Bce continuerà quindi ad alzare i tassi anche se l'economia andrà in recessione perché i guai che ho citato prima non sono spariti. Quindi potremmo avere un'inflazione alta anche in presenza di una recessione».
Per contenere l'inflazione e togliere introiti a Putin, Yellen sta lavorando a un tetto al prezzo del greggio. Funzionerà?
«Tutto ciò che toglie ossigeno a Putin va bene, ma dubito che questa idea abbia l'effetto sperato. La Russia sta vendendo il suo petrolio a India e Cina al 70% del suo valore, è uno sconto per New Delhi e Pechino che li mette al riparo da qualsiasi tentazione di aderire al piano Yellen. Mi sembra più velleità politica che un obiettivo concreto». -