MA NON S’ERA DETTO ‘SALVACONDOTTO GIUDIZIARIO’? - L’ONDA GIUDIZIARIA COSTRINGE IL BANANA SBUCCIATO A SOLLECITARE IL QUIRINALE PER “BLOCCARE LA MATTANZA” - DOPO LE DIMISSIONI, IL SIRE DI HARD-CORE CONFIDAVA IN UNA TREGUA CON I MAGISTRATI CHE INVECE SI SONO SCATENATI (RINVIO A GIUDIZIO CON PIERSILVIO PER MEDIATRADE) - I BERLUSCONES SOFFRONO: LO STAFF DELLA SEVERINO PULLULA DI ESPONENTI DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA…
Francesco Bei per "la Repubblica"
«Napolitano finalmente ha alzato la voce. Ma non basta». Berlusconi ormai lotta contro il tempo. A Milano Niccolò Ghedini e Piero Longo gli hanno riferito che si corre verso la condanna. «Ghedini è molto pessimista», ammette una fonte del cerchio stretto. Ma non c´è soltanto il processo Mills, per il quale la prossima settimana sarà decisiva. Le antenne del Pdl stanno captando un po´ ovunque segnali che vengono considerati «allarmanti».
E tutti puntano in un´unica direzione: Berlusconi. Per questo l´ex premier, cinto d´assedio, ora cerca una sponda politica nel capo dello Stato, «l´unico - dice in privato - che può indurre i pm a mollare la presa e fermare questa mattanza». Perché la situazione, vista da Arcore, sta peggiorando di giorno in giorno, «nonostante il passo indietro che ho fatto volontariamente - ricorda Berlusconi - e con grande senso di responsabilità . Questi non hanno capito che siamo in una fase nuova, sono come gli ultimi giapponesi nella giungla».
Non solo Mills, dunque. Gli uomini del Cavaliere hanno messo in fila gli eventi di questi giorni e ne hanno tratto la convinzione che si sia di nuovo aperta «la stagione della caccia». La decisione di rinviare a giudizio Berlusconi e suo figlio a Roma per la vicenda Mediatrade, un processo che «la procura sa benissimo che non si potrà mai fare». E poi la sentenza della Corte costituzionale, che ha respinto il ricorso sollevato dalla Camera nei confronti della procura di Milano sullo scandalo Ruby.
E ancora: il procuratore di Bari, Antonio Laudati, considerato «un amico» dai berlusconiani, che finisce sotto procedimento disciplinare nonostante sia stato già "assolto" dal Csm. Anche la Guardasigilli Paola Severino, accolta inizialmente senza pregiudizi (oltretutto è un avvocato), ha deluso i berlusconiani per essersi circondata di esponenti di Magistratura democratica. Come il capo di gabinetto, Filippo Grisolia. O Stefania Di Tomassi, chiamata da Severino a sostituire quell´Arcibaldo Miller finito nell´inchiesta P3 e accusato di eccessiva vicinanza con Denis Verdini.
Per questo, messi uno sull´altro i «troppi indizi», nel Pdl sta montando la voglia di reagire in qualche modo. C´è chi riparla di una manifestazione contro i pm politicizzati, chi invece pensa di incalzare il governo con la riforma della giustizia. «Quel che è certo - conferma Gaetano Quagliariello - è che non ci faremo passare per le armi».
Lo stesso Berlusconi, intervenendo ieri mattina alla trasmissione di Maurizio Belpietro, ha inserito questo punto nell´agenda Monti: «Anche i ciechi vedono come necessaria una riforma della giustizia. Noi la presentammo, ma la presidenza della Camera ci impedì di cominciarne l´esame». Eppure l´unica vera arma politica, per il Cavaliere, resta il capo dello Stato. Perché le lancette corrono e a Milano non c´è più tempo, solo il Quirinale potrebbe costringere alla tregua i magistrati.
Anche se ai piani alti del Pdl in pochi si fanno illusioni e non tutti condividono questa fiducia in un´eventuale opera di moral suasion del Colle. «Cogliamo un pericoloso squilibrio - ha detto ieri Fabrizio Cicchitto commentando le parole di Napolitano al Csm - fra le giuste indicazioni date dal presidente della Repubblica e invece l´azione politico-giudiziaria sviluppata a pieno ritmo da alcune Procure e anche da alcuni Tribunali per accentuare in tutti i modi lo scontro».
Così, nel «pessimismo» degli avvocati e nella confusione di strategie tra falchi e colombe, Berlusconi s´incammina verso quella che ritiene una condanna «già scritta» a Milano. E pure se arrivasse la prescrizione in tempo, il leader del Pdl è convinto che il Tribunale, archiviando il procedimento Mills, non rinuncerà alla soddisfazione di mettere nero su bianco giudizi pesanti contro di lui nelle motivazioni.
Così, tra fatalismo e rabbia, va avanti anche chi, come Daniela Santanché, gli consiglia di lasciar correre: «Quella di Milano è una sentenza politica, lo hanno capito tutti che il diritto non c´entra niente. Io suggerisco di ignorarla e andare avanti come se nulla fosse». Per Berlusconi tuttavia il colpo sarebbe troppo forte.
Non soltanto vedrebbe sfregiata la sua immagine in Italia, ma anche all´estero la sua figura sarebbe ulteriormente compromessa: «Mi vogliono sputtanare - si lamenta con gli amici - con una notizia che farebbe il giro del mondo». Nella lettera scritta al Giornale è stato più forbito - «si vuole distruggere fino in fondo la mia immagine di uomo» - ma la sostanza è quella. «L´unico che li può far ragionare - ripete - è Napolitano».
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