L’SPD SALVA LA MERKEL – CON IL “SI” AL REFERENDUM, LA BASE SOCIALISTA BENEDICE IL QUARTO GOVERNO DI ANGELONA. I “NO” DELLA MINORANZA INTERNA LIMITATI AL 33,9% – PRIMA, PERO’, SI E’ TOLTA DALLE PALLE QUEL “KAPO” DI SCHULZ
Walter Rauhe per la Stampa
Nessun trionfalismo, pochissimi festeggiamenti, ma tanti e profondi sospiri di sollievo. Il mondo politico tedesco ha reagito così allo storico «sì» da parte della maggioranza dei militanti socialdemocratici al ritorno del Partito in un governo di grande coalizione. Nel referendum indetto tra i 463 mila iscritti, il 66,1 % ha votato a favore, il 33,9 contro l' ennesimo ingresso dell' Spd in un esecutivo dominato dal centro-destra e guidato dalla cancelliera cristiano-democratica Angela Merkel.
Il verdetto positivo da parte della base socialdemocratica è stato più netto del previsto viste le forti polemiche e gli accesi dibattiti dei mesi scorsi fra il fronte del «no» dominato soprattutto dall' ala più di sinistra del Partito e dalla federazione giovanile degli Jusos di Kevin Kühnert e quello del «sì», formato invece in prima linea dai vertici dell' Spd col sostegno dell' ala pragmatica e moderata dei sindacalisti e degli imprenditori.
Olaf Scholz nuovo ministro delle Finanze
Ma il prezzo pagato dal più vecchio e radicato partito popolare tedesco è stato (e probabilmente sarà) molto alto. L' ex presidente dell' Europarlamento e di partito Martin Schulz è stato costretto ad un frettoloso quanto umiliante ritiro dalla scena politica. Nei sondaggi l' Spd raggiunge solo più il 15-16% dei consensi e la nuova leadrship socialdemocratica - dalla designata presidente di partito Andrea Nahles al vice cancelliere e futuro ministro delle Finanze Olaf Scholz appare già adesso consumata e «vecchia».
Il partito resta spaccato e la maggioranza degli iscritti (oltre il 70% hanno più di sessant' anni) ha dato il suo via libera ad una riedizione della poco amata Grosse Koalition più per un senso del dovere squisitamente prussiano che non per vera convinzione. «Con la loro decisione i socialdemocratici hanno salvato un po' tutti», ma non il «destino del proprio partito» è stato il commento laconico di Spiegel-Online.
L' Spd ha salvato innanzitutto le sorti di Angela Merkel, che il prossimo 14 marzo potrà prestare giuramento e presentare al Bundestag il suo nuovo gabinetto di governo. L' esito positivo del referendum socialdemocratico salva per il momento anche l' Unione europea paralizzata per mesi dallo stallo politico a Berlino. Il «sì» alla Grosse Koalition offre infine anche un breve periodo di tregua ai vertici socialdemocratici che dopo la maratona negoziale interna e quella col centro destra dava visibili segni di una crisi di nervi.
«Possiamo fidarci dei nostri militanti», è stato il commento ieri del ministro degli Esteri uscente ed avversario interno di Martin Schulz Sigmar Gabriel, la cui permanenza nel futuro esecutivo è più che incerta. Se i militanti Spd possono viceversa fidarsi anche dei loro leader è invece ancora da accertare. Andrea Nahles ha promesso un profondo rinnovamento del partito, più partecipazione democratica alla base e più apertura ai giovani.
Ma al più tardi dal prossimo 14 marzo al centro della sua attenzione dovrebbe tornare il lavoro all' interno della Grosse Koalition. Gli obbiettivi contenuti nel dettagliatissimo programma di governo sono tanti. Investimenti miliardari nell' infrastruttura digitale del Paese, nelle scuole e nella ricerca scientifica, miglioramenti nella sanità e nell' assistenza agli anziani, consolidamento finanziario delle pensioni d' anzianità, più solidarietà per l' Europa, riforma della politica sull' immigrazione. La lista è lunga, le spese aggiuntive ragguardevoli e tutto può solo funzionare fin quando il pil tedesco continua a crescere a ritmi sostenuti e i bilanci pubblici restano in attivo. Cosa succede però se la crescita subirà una frenata?
Cosa se il nuovo governo non troverà una linea comune sulle proposte di riforma all' Ue presentate da Emmanuel Macron? E cosa se il tracollo socialdemocratico dovesse continuare?