giorgia meloni matteo renzi marco mancini luigi bisignani

“LA STAMPA” RICOSTRUISCE LE OSSESSIONI DI GIORGIA MELONI E DEI SUOI PER TRAME OSCURE, COSPIRAZIONI E MACCHINAZIONI CONTRO IL GOVERNO – AL CENTRO CI SAREBBERO LE NOMINE NEI SERVIZI SEGRETI E NELLE PARTECIPATE DA CUI SAREBBERO DERIVATI A CASCATA STRANI FURTI, GLI UOMINI CHE ARMEGGIANO SULLA MACCHINA DI GIAMBRUNO, L’ALLONTANAMENTO DI DUE POLIZIOTTI IN SERVIZIO A PALAZZO CHIGI – “IL SOSPETTO CHE SI FA SPAZIO NELLA TESTA DELLA LEADER E DEI SUOI UOMINI DI FIDUCIA SU POSSIBILI MANOVRE DI UNA FILIERA CHE DA AMBIENTI COLLATERALI AI SERVIZI PORTA A FACCENDIERI, A TESTATE ONLINE E A PROFILI SOCIAL COMPARSI DAL NULLA, SPECIALIZZATI IN SEGRETI DEL PALAZZO. MELONI VEDE UNA ZONA GRIGIA E HA TRE NOMI IN TESTA, DA SEMPRE: LUIGI BISIGNANI, MARCO MANCINI E PERSINO RENZI”

Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

alfredo mantovano giorgia meloni

«Sì, mi fido ciecamente di Alfredo Mantovano e di Elisabetta Belloni». Se le rivolgessero la stessa domanda sul ministro della Difesa Guido Crosetto, molto probabilmente Giorgia Meloni, in tutta sincerità, non risponderebbe con altrettanta nettezza […]  Di certo, quando ne ha parlato privatamente, con collaboratori ed esponenti politici a lei vicini, la premier ha detto cosa pensa del ministro della Difesa. Gli vuole bene, a lui deve molto […] ma qualche perplessità le rimane.

 

GUIDO CROSETTO - GIORGIA MELONI

E questi mesi - scanditi da inchieste sui dossieraggi operati da 007 e finanzieri, nomine ai vertici delle partecipate e poi dei servizi segreti, complotti evocati senza prove, cospirazioni nate e consumate nel fuoco di una torrida giornata agostana, donne capaci di far franare i nervi del ministro della Cultura, poliziotti allontanati - sono stati mesi che hanno piano piano allargato la distanza tra Meloni e Crosetto a colpi di incomprensioni. E fatto emergere le ansie della premier su un potenziale complotto ai suoi danni.

 

elisabetta belloni alfredo mantovano giorgia meloni lorenzo guerini copasir

È una storia complicata, questa. […] è soprattutto il racconto di una grande paura. La paura, più volte espressa da Meloni (ma anche da Crosetto) di essere al centro di una oscura trama, tessuta dalle mani di un piccolo gruppo di agenti infedeli e faccendieri, che punta a indebolire la leader, la sua cerchia più stretta e di conseguenza l'intero governo. Tutto quello che raccontiamo è costruito sulle confidenze di diverse fonti, molto autorevoli, di Palazzo Chigi, dei partiti di maggioranza, delle partecipate di Stato, di lobbisti che lavorano a stretto contatto con l'esecutivo e dei servizi di intelligence. Al centro ci sono le nomine.

 

giorgia meloni alfredo mantovano

E una coincidenza che sarebbe stata notata da Meloni. Leonardo, Guardia di Finanza, servizi segreti: ogni volta che il governo procedeva al rinnovo dei vertici è successo qualcosa che ha colpito l'attenzione della premier. Tutto va declinato al condizionale, tranne i fatti.

 

Che bisogna cucire tra di loro, anche se sembrano apparentemente lontani. Alcuni risaputi, altri no. È cronaca, ad esempio, che nella notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre la scorta di Meloni, sotto casa della premier, ferma due uomini che armeggiano attorno all'auto dell'ex compagno Andrea Giambruno. La notizia viene rivelata dal Domani solo ad aprile. Meloni è scossa. E lo sarà altre due volte: quando avverrà un furto nella casa di fronte alla sua vecchia abitazione, e quando poi un altro furto si ripeterà accanto alla nuova.

 

andrea giambruno 7

Nel frattempo, nel corso dei mesi, il governo procede alle nomine. Il primo screzio tra Crosetto e Meloni c'è stato nell'aprile 2023: il ministro della Difesa vorrebbe Lorenzo Mariani come amministratore delegato di Leonardo, ma Meloni insiste con l'ex ministro Roberto Cingolani. Un anno dopo il duello si ripete sul numero uno dell'Aisi: Meloni sceglie Bruno Valensise, sapendo che Crosetto aveva chiesto di assegnare la direzione del servizio segreto interno al vicedirettore Giuseppe Del Deo. Quest'ultimo il 9 agosto diventa vice del Dis, un ruolo non operativo, ma quasi amministrativo, non certo una promozione.

 

bruno valensise 4

Le date in questo racconto sono importanti, per quelle coincidenze che, come ci è stato riferito, ossessionerebbero la premier. Su queste nomine Crosetto ha le sue idee. Pensa che dietro le scelte di Meloni ci sia Mantovano, e d'altronde il sottosegretario è l'autorità delegata ai servizi. Dal quale Crosetto non ottiene gli accertamenti sperati, quando investe Palazzo Chigi della richiesta di verifiche sull'Aise, che il ministro accusa di non collaborare nell'ambito dell'inchiesta di Perugia sui presunti dossieraggi di un tenente della Finanza e di un agente segreto, in forza proprio ai servizi esterni. In questo duello, la premier ha scelto da che parte stare, e lo rivendica: «Mi fido ciecamente di Mantovano e Belloni».

GIUSEPPE DEL DEO

 

Sullo sfondo di una dichiarazione del genere c'è in realtà altro: il sospetto che si fa spazio nella testa della leader e dei suoi uomini di fiducia su possibili manovre di una filiera che da ambienti collaterali ai servizi porta a faccendieri, a testate online e a profili social comparsi dal nulla, specializzati in segreti del Palazzo. Meloni vede una zona grigia e ha tre nomi in testa, da sempre. I suoi sospetti, confermano le nostre fonti, ricadrebbero (e mai come in questo caso è necessario usare cautela) sui mondi vicini a Luigi Bisignani, Marco Mancini e persino Matteo Renzi.

 

Sugli ultimi due, è convinta che il legame tra l'ex agente segreto e l'ex premier non si sia mai interrotto, da quando sono stati immortalati assieme in un Autogrill, poco prima della fine del governo Conte II. In ambienti romani è poi nota la sua diffidenza verso Bisignani, uomo dalle mille vite, ex giornalista, affarista, tessitore eterno di nomine e relazioni. Ha scritto un libro: "I potenti al tempo di Giorgia" in cui racconta della «passione per gli 007» della presidente del Consiglio e di centinaia di utenze intercettate, tra le quali «anche qualche giornalista».

 

luigi bisignani foto di bacco

Bisignani è ricomparso tre giorni fa su La7 dove – dopo il caso rivelato da La Stampa dell'allontanamento dei poliziotti in servizio davanti al suo ufficio a Palazzo Chigi - ha criticato le falle nel sistema che ha il compito di garantire la sicurezza della premier.

Meloni sa che la guerra di cordate, tra gli 007, è una tradizione italiana. Da inizio anno a oggi Meloni si fa sempre più sospettosa, e qualche volta la tesi del complotto trapela pubblicamente.

 

A gennaio punta il dito contro chi «in questa nazione ha pensato di dare le carte», «affaristi, lobbisti e compagnia cantante». A metà agosto accredita il contenuto dell'articolo de Il Giornale, testata non ostile al melonismo, in cui si ipotizza un'inchiesta della magistratura come il cuore di una cospirazione contro Arianna, sorella della leader. Inchiesta smentita dalle procure. Meloni rilascia invece una dichiarazione in cui definisce «verosimile» la ricostruzione.

matteo renzi

 

Ma anche qui: non fa nomi né porta prove, nonostante nel mirino ci siano le toghe. Il giorno dopo si viene a scoprire che Palazzo Chigi e Fratelli d'Italia erano a conoscenza addirittura dalla sera prima dell'articolo che sarebbe uscito l'indomani, dove, tra l'altro, si allude genericamente a un ruolo del leader di Italia Viva Renzi nelle indagini. Passano pochi giorni e Arianna annuncia su Il Foglio la separazione dal marito Francesco Lollobrigida, ministro dell'Agricoltura. È un colloquio che suona contraddittorio per chi – Arianna ma anche la premier – accusa i giornalisti di rimestare nel gossip, mentre affida a un quotidiano una rivelazione così intima.

 

marco mancini a quarta repubblica 6

Nei venti giorni successivi una donna, Maria Rosaria Boccia, che si scoprirà avere avuto già frequentazioni dentro FdI e aveva già provato ad agganciare Lollobrigida, porta alle dimissioni il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, di cui sarebbe stata l'amante per pochi mesi. È Arianna, tra gli altri, a chiedergli di allontanarla. Il 9 settembre, infine: La Stampa rivela che Meloni ha ordinato di allontanare due agenti dell'Ispettorato di Polizia in servizio a Palazzo Chigi, uno davanti al suo ufficio, al primo piano, l'altro nell'ascensore.

nel cerchio rosso il marito di patrizia scurti

 

Una decisione senza precedenti. La premier è stufa delle fughe di notizie, teme di essere spiata, e confida di fidarsi solo della sua scorta, guidata da Giuseppe Napoli, marito della capo segreteria, l'onnipresente Patrizia Scurti. È un uomo dell'Aisi, e ha attirato su di sé più di un malumore tra i poliziotti, che via via si sono sentiti marginalizzati nel dispositivo di sicurezza della presidente del Consiglio. Sembra di scorgere una faida interna alle forze dell'ordine e all'intelligence.

Ultimi Dagoreport

matteo salvini donald trump ursula von der leyen giorgia meloni ue unione europea

DAGOREPORT – IL VERTICE TRA GIORGIA MELONI E I SUOI VICEPREMIER È SERVITO ALLA PREMIER PER INCHIODARE IL TRUMPIAN-PUTINIANO SALVINI: GLI HA INTIMATO DI NON INIZIARE UNA GUERRIGLIA DI CRITICHE DAL MOMENTO IN CUI SARÀ UFFICIALE L’OK ITALIANO AL RIARMO UE (DOMANI AL CONSIGLIO EUROPEO ARRIVERÀ UN SÌ AL PROGETTO DI URSULA VON DER LEYEN), ACCUSANDOLO DI INCOERENZA – LA DUCETTA VIVE CON DISAGIO ANCHE LE MOSSE DI MARINE LE PEN, CHE SI STA DANDO UNA POSTURA “ISTITUZIONALE” CHE METTE IN IMBARAZZO LA PREMIER

ursula von der leyen giorgia meloni macron starmer armi difesa unione europea

DAGOREPORT – SI FA PRESTO A DIRE “RIARMIAMO L’EUROPA”, COME FA LA VON DER LEYEN. LA REALTÀ È UN PO’ PIÙ COMPLICATA: PER RECUPERARE IL RITARDO CON USA E RUSSIA SUGLI ARMAMENTI, CI VORRANNO DECENNI. E POI CHI SI INTESTA LA RIMESSA IN MOTO DELLA MACCHINA BELLICA EUROPEA? – IL TEMA È SOPRATTUTTO POLITICO E RIGUARDA LA CENTRALITÀ DI REGNO UNITO E FRANCIA: LONDRA NON È NEMMENO NELL’UE E L’ATTIVISMO DI MACRON FA INCAZZARE LA MELONI. A PROPOSITO: LA DUCETTA È ORMAI L’UNICA RIMASTA A GUARDIA DEL BIDONE SOVRANISTA TRUMPIANO IN EUROPA (SI È SMARCATA PERFINO MARINE LE PEN). IL GOVERNO ITALIANO, CON UN PUTINIANO COME VICEPREMIER, È L’ANELLO DEBOLE DELL’UE…

trump zelensky vance lucio caracciolo john elkann

DAGOREPORT – LUCIO E TANTE OMBRE: CRESCONO I MALUMORI DI ELKANN PER LE SPARATE TRUMPUTINIANE DI LUCIO CARACCIOLO - A “OTTO E MEZZO” HA ADDIRITTURA SOSTENUTO CHE I PAESI BALTICI “VORREBBERO INVADERE LA RUSSIA”- LA GOCCIA CHE HA FATTO TRABOCCARE IL VASO È STATA L’INTERVISTA RILASCIATA A “LIBERO” DAL DIRETTORE DI “LIMES” (RIVISTA MANTENUTA IN VITA DAL GRUPPO GEDI) - L'IGNOBILE TRAPPOLONE A ZELENSKY? PER CARACCIOLO, IL LEADER UCRAINO "SI E' SUICIDATO: NON HA RICONOSCIUTO IL RUOLO DI TRUMP" - E' ARRIVATO AL PUNTO DI DEFINIRLO UN OPPORTUNISTA INCHIAVARDATO ALLA POLTRONA CHE "FORSE SPERAVA DOPO IL LITIGIO DI AUMENTARE IL CONSENSO INTERNO..." - VIDEO

giorgia meloni donald trump joe biden

DAGOREPORT – DA DE GASPERI A TOGLIATTI, DA CRAXI A BERLUSCONI, LE SCELTE DI POLITICA ESTERA SONO SEMPRE STATE CRUCIALI PER IL DESTINO DELL’ITALIA - ANCOR DI PIU' NELL’ERA DEL CAOS TRUMPIANO, LE QUESTIONI INTERNAZIONALI SONO DIVENTATE LA DISCRIMINANTE NON SOLO DEL GOVERNO MA DI OGNI PARTITO - NONOSTANTE I MEDIA DEL NOSTRO PAESE (SCHIERATI IN GRAN MAGGIORANZA CON LA DUCETTA) CERCHINO DI CREARE UNA CORTINA FUMOGENA CON LE SUPERCAZZOLE DI POLITICA DOMESTICA, IL FUTURO DEL GOVERNO MELONI SI DECIDE TRA WASHINGTON, LONDRA, BRUXELLES, PARIGI – DOPO IL SUMMIT DI STARMER, GIORGIA DEI DUE MONDI NON PUÒ PIÙ TRACCHEGGIARE A COLPI DI CAMALEONTISMO: STA CON L’UE O CON TRUMP E PUTIN?

friedrich merz

DAGOREPORT – IL “MAKE GERMANY GREAT AGAIN” DI FRIEDRICH MERZ: IMBRACCIARE IL BAZOOKA CON UN FONDO DA 500 MILIARDI PER LE INFRASTRUTTURE E UN PUNTO DI PIL PER LA DIFESA. MA PER FARLO, SERVE UN “BLITZKRIEG” SULLA COSTITUZIONE: UNA RIFORMA VOTATA DAI 2/3 DEL PARLAMENTO. CON IL NUOVO BUNDESTAG, È IMPOSSIBILE (SERVIREBBERO I VOTI DI AFD O DELLA SINISTRA DELLA LINKE). LA SOLUZIONE? FAR VOTARE LA RIFORMA DAL “VECCHIO” PARLAMENTO, DOVE LA MAGGIORANZA QUALIFICATA È FACILMENTE RAGGIUNGIBILE…

fulvio martusciello marina berlusconi antonio damato d'amato antonio tajani

DAGOREPORT – CE LA FARANNO TAJANI E I SUOI PEONES A SGANCIARE FORZA ITALIA DALLA FAMIGLIA BERLUSCONI? TUTTO PASSA DALLA FIDEIUSSIONI DA 99 MILIONI DI EURO, FIRMATE DA SILVIO, CHE TENGONO A GALLA IL PARTITO – IL RAS FORZISTA IN CAMPANIA, FULVIO MARTUSCIELLO, È AL LAVORO CON L’EX PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, ANTONIO D’AMATO: STANNO CERCANDO DEI “CAPITANI CORAGGIOSI” PER CREARE UNA CORDATA DI IMPRENDITORI CHE “RILEVI” FORZA ITALIA - LA QUESTIONE DEL SIMBOLO E IL NOME BERLUSCONI…