SPINGENDO ENRICHETTO PIÙ IN LÀ - LETTA RESISTE MA RENZI LO SFERZA: ‘GOVERNO PARALITICO, IL RIMPASTINO? MEGLIO LE ELEZIONI. E A ME POTREBBE ANCHE ANDAR BENE...’ – SEMPRE IN PIEDI L’IPOTESI STAFFETTA

Maria Teresa Meli per ‘Il Corriere della Sera'

«Adesso si comincia ad andare sull'ottovolante»: Matteo Renzi è fatto così. Anche nei momenti più gravi pensa che un tocco di levità non guasti, ritiene che la politica porti un peso che non è sopportabile per chi non la frequenta per lavoro, amore o ambizione. E sono molti. O, meglio, la maggior parte degli italiani.

Perciò quando risponde alla chiamata del capo dello Stato lo fa sollecito. Per lui, tanto più che è un sindaco, è una cosa seria. E infatti al termine del colloquio si stringe nel più stretto riserbo anche se i suoi ammettono che si è parlato di staffetta. Ma meno seria, a suo giudizio, è la manfrina che si sta inscenando intorno al governo «paralitico».

Napolitano gli spiega che Letta resiste. Che ha detto a Gianni Cuperlo che intende andare avanti. L'ex presidente del Pd è rimasto basito e ha detto ad amici e collaboratori: «Il premier non mi ha proposto niente e, secondo me, non ha niente da proporci, però ha tutta l'intenzione di andare avanti, qualunque cosa accada. Il fatto che abbia detto che non ha idea di quando proporre il suo nuovo governo e il suo nuovo rimpasto e che, comunque, lo farà dopo la riforma elettorale, la dice lunga su quello che sta succedendo».

Niente che Renzi non avesse preventivato. Quando varca il portone del Nazareno per raggiungere il Colle avverte i collaboratori: «È chiaro che Enrico sta cercando di dimostrare che non c'è alternativa a lui e che sarà questo il discorso che mi farà Napolitano, ma non è vero, secondo me ci sono diverse alternative e le ho già spiegate».

E, tanto per mettere i puntini sulle i, una la illustra subito al Colle, onde evitare equivoci che di questi tempi certamente non servono: «Se l'oggetto della discussione diventa il rimpastino, vuol dire che fissiamo la data delle elezioni. E a me potrebbe anche andar bene...». Come a dire: decida Letta, che ha paura delle consultazioni e di lasciare palazzo Chigi, che cosa fare, ma non speri lui, e non speri nemmeno il capo dello Stato, con tutta la stima che gli è dovuta, che Renzi si acquieti davanti a un mini-rimpasto e a un mini-cambiamento di programma di governo.

In questo caso il piano non cambia: il premier ha otto mesi di tempo e a ottobre prossimo si va a votare. C'è una sola cosa che il segretario non capisce. Ed è per questo che ha anticipato la direzione del 20 febbraio per dopodomani, sempre che non vi siano dei problemi legati alla legge elettorale su cui qualcuno cerca di tarpargli ali, aspirazioni e ambizioni.

«Quello che non comprendo - confessa ai fedelissimi - è per quale ragione il presidente del Consiglio si sottoponga a questa figuraccia: il fatto che lui resista è comprensibile, ma non si capisce proprio per quale ragione non assuma nessuna iniziativa. E men che meno una decisione». Tanto più che chiunque abbia parlato ieri con il segretario del Partito democratico ha avuto la netta sensazione che Renzi abbia i numeri e i partiti, insomma, la maggioranza per mettere insieme un nuovo governo.

Anche se lui, ossia Renzi stesso, convinto al cento per cento, a dire il vero, non lo è: «Le controindicazioni - confessa agli amici - sono tante».

Ma poi aggiunge: «Mi rendo conto che per mandare avanti le riforme costituzionali, il jobs act e, in generale, per fare uscire questo Paese dalla crisi e dargli un futuro, occorre anche rischiare di bruciarsi i ponti alle spalle e nello stesso tempo il futuro. Dovrebbe essere una legislatura nell'interesse del Paese...Non nel mio, dovremmo riuscire ad andare tutti oltre il nostro orticello, anche Enrico».

Gli amici che sconsigliano il segretario del Pd dal proseguire questa strada lo mettono in guardia ricordandogli che potrebbe finire ostaggio nelle mani di Alfano. Di quello stesso Alfano di cui si racconta in Transatlantico la mitica frase: «Noi vogliamo tanto bene a Letta, ma vogliamo più bene a noi stessi...». Lui, Renzi, ripete convinto, e lo ha detto anche a Napolitano, che «l'importante non è decidere le carriere delle persone ma qual è il progetto che consenta agli italiani di uscire dalla crisi».

Quanto ad Alfano, il Nuovo centrodestra non lo preoccupa: «Lui sa che con me può arrivare fino al 2018 per finire le grandi riforme istituzionali e dell'economia». E alla peggio se il Ncd nicchia ci sono pur sempre i parlamentari di Sel guidati da Gennaro Migliore che preferiscono Renzi a Fratoianni e i transfughi grillini, quindi anche Alfano non potrà alzare il prezzo...E se lo alzerà si troverà nel mezzo di una bella crisi aperta da sinistra, sulla Bossi-Fini o sulle unioni civili, a metà del guado, senza sponde o alleati, senza Berlusconi e senza governo.

 

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