volodymyr zelensky ucraina nato

LETTERA A UN UCRAINO MAI... NATO - FAR ENTRARE KIEV NELL’ALLEANZA ATLANTICA NON È MAI STATA UN’OPZIONE PER ZELENSKY. DURANTE LA CAMPAGNA ELETTORALE DEL 2019, CONTRO POROSHENKO, IL FUTURO PRESIDENTE UCRAINO, AVEVA FATTO CAPIRE CHIARAMENTE CHE VOLEVA TRATTARE CON LA RUSSIA PER RISOLVERE LE QUESTIONI APERTE DI CRIMEA E DONBASS - L’ANALISI DI LIMES NEL 2020: “NESSUNO HA INTERESSE A FOMENTARE IL CONFLITTO”. ALLORA CHE È SUCCESSO DA ALLORA AL 24 FEBBRAIO, GIORNO DELL’INVASIONE? C'ENTRA DONALD TRUMP?

 

Andrea Mainardi per www.startmag.it

 

volodymyr zelensky

Che passare sotto l’ombrello Nato fosse non solo una pessima idea, ma l’opzione più dannosa per l’Ucraina, non senza ambiguità, Volodymyr Zelensky lo aveva tutto sommato chiaro due anni fa. Una linea che lo contrapponeva al suo predecessore – e sfidante alle urne del 2019 – Petro Poroshenko.

 

Zelensky domina la scena elettorale annunciando riforme e lotta dura alla corruzione. “Ma non poco peso ha avuto anche la promessa, gestita con astuzia in chiave di interesse nazionale e mai del tutto esplicitata nei tempi e nei modi, di far uscire il paese dal vicolo cieco in cui l’aveva cacciato, anche per necessità, la politica vetero-atlantista di Poroshenko”, è il giudizio di Fulvio Scaglione in un denso articolo del giugno 2020 per Limes (“Qualcosa di nuovo sul fronte ucraino”).

 

petro poroshenko con joe biden

L’ex presidente Poroshenko diceva all’Occidente: aiutateci e l’Ucraina sarà il primo baluardo contro la Russia, nostro comune nemico. “Un patto che portava con sé, compreso nel prezzo, l’ostentato desiderio di aderire alla Nato”.

 

Probabilmente anche gli ucraini in quel momento non erano troppo certi della totale bontà del progetto. Nonostante l’importante aiuto americano alle spese militari da garantire: armi, attrezzature e 300 milioni l’anno sborsati a favore di Kiev per sostenere l’impegno nel Donbas.

MEME ZELENSKY PUTIN

 

Ad una adesione alla Nato dell’Ucraina guardavano probabilmente con scetticismo gli angeli custodi del paese in Europa, Francia e Germania. Non a caso i più critici verso l’Alleanza Atlantica.

 

Per la maggioranza dei principali attori in scena il punto da salvaguardare era piuttosto cercare un nuovo equilibrio con la Russia di Vladimir Putin. Presentare al Cremlino un certificato di matrimonio tra Ucraina e Atlantico non poteva che scatenarne l’ira.

voldymyr zelensky emmanuel macron vladimir putin 1

 

A proposito di Nato, osservava Scaglione, si tratta di “una miscela di Dio (si veda la nascita della Chiesa ortodossa autoctona, tanto cara a Poroshenko), patria ed esercito, che poteva piacere all’Alleanza Atlantica ma che aveva come unico orizzonte certo il conflitto permanente con la Russia.

BATTAGLIA IN DONBASS

 

Dopo 14 mila morti, un milione di sfollati, tre milioni e mezzo di persone bisognose di assistenza umanitaria e una parte vasta della popolazione in povertà o quasi (secondo alcune stime, addirittura il 60%), non c’è da stupirsi che gli ucraini abbiano deciso di voltare pagina”.

 

volodymyr zelensky

Infatti Poroshenko esce dal voto travolto dal 73% di Zelensky. L’oligarca e industriale del cioccolato è battuto dall’ex attore che in campagna elettorale ha fatto chiaramente capire di voler trattare con la Russia. “Ripetendo, certo, il mantra sulla Crimea e sul Donbas da liberare, ma mettendo la prospettiva di un accordo, e non di una vittoria militare, alla base del programma”.

 

 

MACRON - PUTIN - MERKEL

Una disponibilità – scriveva Limes nel 2020 – che ha stanato il Cremlino, “costringendolo a reciprocare”. Ci sono stati scambi di prigionieri. Nel dicembre 2019, a Parigi, sotto l’egida di Macron e Merkel, Zelensky incontra Putin. Ne esce una tregua che va avanti diversi mesi. “Piccoli passi avanti, certo – sottolinea Scaglione –.Ancora lontana un’intesa sullo svolgimento delle elezioni nell’Ucraina dell’est, un capitolo fondamentale degli accordi di Minsk 2. Ma non sarebbe giusto sottovalutare il lento riavvicinamento tra le parti”.

 

MINIERA DI SALE IN DONBASS

Anche Putin compie gesti. A febbraio 2020 nomina suo inviato speciale nei colloqui con Kiev e con le repubbliche separatiste filorusse del Donbas, Dmitrij Zozak. Zozak – fedelissimo di Putin – prende il posto dell’intransigente Vladislav Surkov. “Una delle mosse russe che facevano prefigurare un diverso atteggiamento verso le questioni aperte con l’Occidente”, scrive su Limes l’ex vicedirettore di Famiglia Cristiana.

 

È un momento che appare favorevole, lontanissimo dalla catastrofe del 24 febbraio 2022.

 

GIURAMENTO DEI MEMBRI DEL BATTAGLIONE DI AUTO-DIFESA DEL DONBASS

Zelensky del resto ha tra l’altro ben chiaro quanto sia centrale la questione russa per la stabilità politica e sociale. Per non parlare dell’aspetto economico. Riporta Scaglione: “Ancora nel 2019 gli investimenti diretti russi in Ucraina ammontavano a 220 milioni di dollari, preceduti solo da quelli olandesi (438 milioni) e da quelli provenienti da Cipro (761 milioni) che, come tutti sanno è una delle piazze preferite dagli oligarchi russi”.

 

MACRON - PUTIN - MERKEL

Zelensky sapeva anche che deve tenere a bada due anime interne. Che sono, analizzava Limes: “Quella ultranazionalista, antirussa, intransigente e combattiva, che ha accettato la sua irruzione sulla scena politica, ma non è disposta a fare sconti. E quella che ha sostenuto con più convinzione la sua cavalcata alla presidenza, che chiede pane e riforme, lotta alla corruzione e benessere”.

 

Per farcela, il presidente deve tra l’altro affrontare con decisione la politica internazionale. Al netto di alcune turbolenze con Donald Trump – almeno per la sua esuberanza dialettica decriptata via telefonate di effervescenti giudizi sui paesi europei; giudizi guasconi ai quali il giovane Zelensky non ha saputo replicare con immediatezza – e imbarazzanti rapporti con Hunter Biden, figlio di Joe, osservava Scaglione che “il rapporto con gli Stati Uniti resta essenziale”.

 

Sullo sfondo, rimangono, ammiccanti, le sirene atlantiche.

 

È materia da maneggiare con cura. Poroshenko aveva molto spinto sull’adesione dell’Ucraina alla Nato, quale strumento di difesa del Paese dalle mire dei russi. Del resto, stando a un sondaggio dello scorso dicembre, il 54% degli ucraini vorrebbe associarsi.

 

Una scatola collegata a una telecamera Thales, fotografata in un carro armato russo abbandonato nel Donbass ucraino, nel 2014

Ai tempi Poroshenko si è allineato da un pezzo all’analisi di molti policy makers occidentali, convinti che l’obiettivo del Cremlino fosse, dopo la Crimea, l’annessione anche del Donbas. Previsione azzeccata, vista da chi ha assistito alle prime settimane 2022. Ma ai tempi?

 

Osservava Scaglione nel giugno 2020: “Pochi hanno considerato che le mosse di Putin del 2014 avevano una funzione soprattutto difensiva. Mosca non poteva accettare che, in seguito al regime change realizzato a Kiev, la Nato si insediasse nei porti della Crimea”.

volodymyr zelensky e vladimir putin 2

 

Per il Cremlino, ragione politica del Donbas non è “diventare un’estensione del territorio della Federazione Russa ma esercitare una pressione sul governo di Kiev in funzione anti-Nato. Non a caso Mosca insisteva tanto sugli accordi di Minsk 2.

 

Essi prevedono uno statuto speciale, all’interno di un’Ucraina federale, per i territori dove i russi etnici sono maggioranza. Il che offrirebbe alla Russia uno strumento privilegiato, e del tutto legale, per influire sul futuro processo decisionale del governo ucraino”. Concludeva Scaglione: “Zelensky sa che se se vuol ottenere qualcosa di positivo sulla Crimea e sul Donbas, tutto deve fare tranne che premere sul pedale dell’adesione ala Nato”.

 

la trascrizione della telefonata tra trump e zelensky su biden 2

Macron e Merkel, i più vicini a Kiev, sono nel 2020, i leader in Europa, forse nel mondo, più tiepidi verso la Nato. Riassumeva Limes: “Macron sogna l’esercito europeo e dell’Alleanza atlantica ha addirittura decretato la morte cerebrale. Merkel porta come medaglie gli strali che Trump regolarmente le lancia, accusandola di non voler spendere per l’alleanza e così di sabotarla dall’interno”.

 

Francia e Germania collaborano economicamente con l’Ucraina. Come elenca Limes. Sono state tra i principali fautori dell’accordo di libero commercio tra Unione Europea e Kiev varato nel 2016. Gli investitori tedeschi hanno riversato in Ucraina quasi due miliardi di euro. Oltre duemila aziende tedesche si erano insediate in Ucraina, dando lavoro a più di 600 mila persone (più di 30 mila nel solo settore automotive).

DONALD TRUMP VLADIMIR PUTIN CORONAVIRUS

 

Il mercato tedesco ha offerto alle esportazioni ucraine un ottimo sbocco, soprattutto nei settori del tessile, dei metalli, della chimica e dei prodotti agricoli. L’export verso la Germania poteva crescere di un altro 35%. Insomma: c’erano interessanti prospettive per il paese che, secondo le stime della banca mondiale, con poco più di 2.500 dollari (dati pre invasione russa), ha il reddito pro capite più basso d’Europa. La Francia sopperisce con un più vistoso attivismo politico, come il promettente incontro all’Eliseo tra Zelensky e Putin a fine 2019 ha fatto capire.

 

Due anni fa si poteva affermare “che nessuno tra Russia, Germania, Francia e Ucraina ha interesse a fomentare il conflitto. Né direttamente, né per interposta Alleanza Atlantica. La Russia, che ha bisogno dei mercati europei, vorrebbe approfittare del varco che si è aperto tra le due sponde dell’Atlantico”.

 

donald trump putin

Allora che succede? Scaglione ricordava che tra le più recenti e clamorose iniziative della Casa Bianca in polemica con il Cremlino, ci sono il ritiro unilaterale del trattato sul nucleare nel 2019, poi nel 2020 da quello Open Skies. Alla Casa Bianca c’è Donald Trump.

 

L’Europa torna potenziale terreno di scontro. In quei giorni il vice ministro degli esteri russo, Sergei Ryabkov, incontra il giornalista di Limes. È durissimo nei confronti degli States, sottolineando la riduzione del continente a base del riarmo nucleare della Nato. “Ma – ricorda Scaglione – ha anche ammesso che in alcune capitali europee si sviluppa una nuova sensibilità alla situazione e quindi una diversa volontà di partecipare a un eventuale processo di distensione”.

trascrizione della chiamata trump zelensky

 

In quel varco, però, la Russia potrà inserirsi solo quando smetterà di essere considerata un fattore destabilizzante per la pace europea e, in concreto, accetterà il fatto che l’Ucraina, come dice il World Factbook della Cia, è ormai completamente e definitivamente Europa. “Per tornare a pieno titolo in Europa, insomma, la Russia dovrà passare per l’Ucraina. Come sempre, del resto”. Alla fine ci è passata. Con le armi.

 

Scriveva Limes che finché la Russia percepirà Kiev come una capitale allineata con il nemico, Mosca non concederà nulla a nessuno. Ma per il Cremlino – notava Scaglione – “il nemico non è l’Europa, almeno non tutta, e nemmeno gli Usa in sé, ma il coacervo di interessi politici e industriali che la Nato incarna”.

 

TRUMP ZELENSKy

È in questo puzzle – ora esploso con l’invasione russa –, che già allora l’Ucraina rischiava, per Limes, di diventare uno dei banchi di prova della tenuta della stessa Unione Europea. E questo mentre infuria(va) lo scontro tra Cina e Usa e l’Europa veniva strattonata da entrambi.

la trascrizione della telefonata tra trump e zelensky su biden 3

 

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…