TIBETANI FLAMBE’ – MASOCHISMI MAI VISTI! PECHINO DA LA CACCIA AGLI “ISTIGATORI” CHE SPINGEREBBERO I TIBETANI A DARSI FUOCO PER PROTESTA CONTRO IL GOVERNO DEL DRAGONE – A ME GLI OCCHI, PLEASE! UN MONACO DI 40 ANNI E IL NIPOTE ARRESTATI E ACCUSATI DI AVER PERSUASO 8 PERSONE - LE AUTO-IMMOLAZIONI FINO AD OGGI SONO 94, E IL NUMERO DEI MORTI SALE OGNI GIORNO...
Ilaria Maria Sala per "la Stampa"
E' scattata - come promesso qualche settimana fa da Pechino - la rappresaglia delle autorità cinesi contro chi reputa essere «istigatore» delle immolazioni in Tibet: così, ieri, l'agenzia di stampa cinese «Xinhua» ha fatto sapere che «un monaco e suo nipote sono stati arrestati per il loro ruolo nell'incitare autoimmolazioni».
Si tratta di Lorang Konchok, monaco di 40 anni del monastero di Kirti (uno dei più importanti del buddismo tibetano e al centro di focolai di proteste contro il controllo cinese dell'altopiano) accusato di aver persuaso otto persone a darsi fuoco dal 2009, quando cominciarono proteste di tal genere ad oggi. «L'uomo avrebbe agito su istruzioni del Dalai Lama e dei suoi seguaci», secondo quanto viene attributo a una sua confessione e a un'indagine della polizia.
L'uomo avrebbe detto che le immolazioni non sono contro la dottrina buddista e che gli immolati sono degli eroi. Secondo «Xinhua», dopo un'immolazione, Lorang sarebbe stato contattato da gruppi tibetani in esilio, e avrebbe dato loro informazioni su quanto avviene nell'altipiano. Per questa opera di «istigazione» Konchok avrebbe reclutato suo nipote 31 enne Lorang Tsering.
I due sono dunque stati arrestati, «dato che incitare e convincere persone innocenti a bruciarsi a morte non è in linea con la legge», riferisce la «Xinhua». In un comunicato la polizia afferma che i due registravano tutte le informazioni e le passavano ai tibetani in India dove si trova il governo in esilio e il Dalai Lama.
Nel frattempo, altre due persone si sono date fuoco, portando a 94 il numero di tibetani che si sono dati fuoco. Le due vittime sarebbero Pema Dorjee, 23 anni e Kunchok Phelgye. L'organizzazione umanitaria Human Rights Watch, ha detto che «invece di aumentare la repressione e far credere alle persone che non c'è speranza di cambiamento, Pechino dovrebbe agire per rispondere alle difficoltà dei tibetani».
Oggi intanto si prospetta una giornata di protesta e tensione: il mondo celebra infatti la Giornata mondiale per i Diritti Umani, e anche quella di Solidarietà con il Tibet. Per segnare dunque la ricorrenza, in questo momento caratterizzato dall'agghiacciante susseguirsi di torce umane, la diaspora tibetana ha chiamato ad una «Giornata globale di azione per il Tibet» organizzando una serie di manifestazioni in vari punti del pianeta, per attirare l'attenzione sulle difficoltà attraversate dal Tibet e dai suoi abitanti.
Le manifestazioni dovrebbero aver luogo negli Stati Uniti e in India e Nepal, dove si trova il maggior numero di rifugiati tibetani, ma anche nel Tibet stesso, malgrado i controlli e le pesanti conseguenze che gesti di questo tipo hanno dimostrato di avere sull'altipiano. Ma anche in Nepal, già da qualche anno, ai tibetani rifugiati non è più consentito portare avanti delle manifestazioni di protesta - una proibizione che pochi vogliono davvero mettere alla prova, dato che i profughi tibetani, arrivando su suolo nepalese già da qualche anno non ricevono più documenti d'identità , e un arresto potrebbe equivalere a una deportazione.





