LA LIBERTÀ VA IN FUMO - LA LORENZIN PROMETTE DI VIETARE LE SIGARETTE NEI PARCHI PUBBLICI E NEGLI STADI - FILIPPO FACCI: “LE CAMPAGNE DI DISSUASIONE NON FUNZIONANO: IL CALO DEI FUMATORI IN ITALIA È INFERIORE A QUELLO DI ALTRI PAESI”
Filippo Facci per "Libero Quotdiano"
«Viva l’Occidente e viva libertà»: poi ti arriva la Lorenzin che vuole vietare il fumo persino in spiaggia o nei parchi, in ossequio a quell’altra religione fondamentalista che è diventata il salutismo. Ma niente battute, anzi ricominciamo da capo, che il tema merita repliche razionali e informate, non solo di principio.
Allora: si apprende che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin si accinge a una stretta ulteriore in materia di fumo e sigarette, ossia: niente sigarette nei parchi pubblici, negli stadi e nelle spiagge attrezzate; niente sigarette nella tua auto se hai minori a bordo; non possono fumare neppure gli attori dei film (nei film) o meglio non più di tanto.
Questi i tre caposaldi, imperniati su ragionamenti e luoghi comuni che il ministro rilancia beatamente anche se appaiono perlomeno discutibili.
1) Il primo luogo comune vuole che la famosa Legge Sirchia, varata nel 2005, sia stata una legge toccasana e apprezzatissima in tutto e per tutto: dunque il suo percorso andrebbe proseguito, dice ora il ministro.
Orbene, cominciamo col riconoscere i meriti della legge: in pratica ha significato il divieto di fumare nella maggioranza dei ristoranti (le salette con gli impianti di areazione sono costose) e c’è molta più attenzione in mezzi pubblici, scuole, ospedali, uffici e aziende: che è quanto in teoria già prevedeva la legge amministrativa del 1975.
La norma dell’ex fumatore Sirchia (gli ex sono i più intransigenti) è dunque servita a ridonarci l’educazione necessaria per non fumare laddove era già vietato. Di recente si sono aggiunti i divieti di fumare negli spazi esterni delle scuole, e la vendita di prodotti legati al tabacco - anche le sigarette elettroniche, che col tabacco non c’entrano niente - è interdetta ai minorenni.
Detto questo, la legge Sirchia è stata un fallimento per quanto riguarda i famosi «sceriffi antifumo» (che non esistono più per una sentenza del Tar) e per i cosiddetti «luoghi aperti a utenti» intesi come studi professionali, condomini, stazioni, circoli, club, feste private e nondimeno il Parlamento italiano: in questo caso c’è stato un accomodamento all’italiana e si continua elasticamente a fumare come prima. Il fatto che a un anno dall’applicazione della Legge ci fossero state solo 327 infrazioni accertate (perlopiù per l’irregolarità dei cartelli, perché i fumatori beccati in flagrante furono 112) fu un viatico per la situazione attuale: le multe sono una rarità assoluta.
Una sentenza del Consiglio di Stato del 2009 ha annullato ogni sanzione ai proprietari di locali che non segnalino i fumatori in contravvenzione: tanto che gli strappi alla regola, se nessuno protesta, non si contano. L’importante è non esibire posacenere, perché dimostrerebbero una complicità.
L’entourage del ministro fa sapere che solo il 2% delle 35.800 ispezioni fatte dai Nas hanno beccato persone che fumavano, e traducono il dato in un successo: non nella probabilissima ipotesi che i Nas abbiamo altro da fare che sanzionare i ragazzini che fumano nelle discoteche, i quali - aggiungiamo noi - per farsi cogliere in flagrante devono essere anche discretamente stupidi.
2) L’altro luogo comune vuole che la lotta al fumo debba essere proseguita costantemente con campagne di sensibilizzazione che comprendono provvedimernti - aggiungiamo noi - khomeinisti. Divertente, anzitutto, che l’Organizzazione mondiale della sanità suggerisca - e il ministro pure - che le sigarette in Italia dovrebbero costantemente aumentare di prezzo: forse non ricordano che è quanto già accade regolarmente perché i governi vogliono fare cassa; il giorno in cui gli italiani dovessero smettere di fumare sarebbe anzitutto una catastrofe per l’erario, e parliamo di miliardi di euro.
Ma a parte questo, si insiste con la direttiva europea (aprile 2014) secondo la quale sul 65% della superficie dei pacchetti dovranno apparire immagini dissuasive: non solo le scritte iettatorie, anche foto con polmoni incatramati come già accade in Brasile e in altri Stati.
Ora: senza annoiare con troppi dati, la verità che salta all’occhio palesemente è che le campagne di dissuasione non funzionano; il calo dei fumatori come numero assoluto in Italia è inferiore a quello di altri Stati che hanno leggi molto più permissive, senza contare che i dati sul decremento (dal 23 al 19% in dieci anni) sono fondati solo sulla vendita legale di sigarette e non considerano il contrabbando, che è tornato a prosperare per via dei continui aumenti; non sappiamo poi - non lo sappiamo davvero - quanto i dati considerino il grandissimo aumento delle vendite di cartine e tabacco sfuso.
Il primo dato mondiale è che in Occidente le sigarette andavano sparendo perché perdevano appeal e facevano socialmente arretrato, mentre l’altro dato mondiale (e italiano) è che proprio le campagne di sensibilizzazione stiano facendo aumentare il fumo tra i minori e le donne, categorie che, in modi diversi, associano la sigaretta all’emancipazione.
Ai ministri e all’Oms non viene il sospetto che i famosi giovani - proprio perché sciame, orda, gruppo - abbiano già tranquillamente in mente quel che dovrebbero apprendere, e che proprio da questa consapevolezza muova il loro desiderio di devianza. Il ministro, semmai, rovescia il ragionamento: «Le statistiche dicono che c’è stato un incremento importante tra i fumatori giovanissimi, in età 11-12 anni, e questo vuol dire che si è abbassato il livello di guardia e di consapevolezza ma anche di una stigmatizzazione del fumo».
Ossia? Forse che i dodicenni fumano perché il ministero non gliel’ha proibito abbastanza? Non è che fumano - come per l’alcol, la velocità in auto eccetera - proprio perché un tempo faceva sfigato, mentre oggi, grazie alle campagne khomeiniste, la cicca è tornata a far trasgressione? Si chiamano domande retoriche, queste. Fondate su dati. E le poniamo senza far volare stracci, come pure meriterebbe il solo pensiero che non si possa fumare più nella propria auto o in spazi apertissimi come un parco o una spiaggia. Non vorremmo, poi, che i lettori pensassero che i fanatici siamo noi.