LULA-HOOP! – LA CAMPAGNA ELETTORALE PIÙ LUNGA E VIOLENTA DELLA STORIA DEL BRASILE OGGI PORTA 156 MILIONI DI VOTANTI ALLE URNE IN UN CLIMA INFUOCATO – DOVREBBE ESSERE IL GIORNO DI LULA, CHE È DATO AVANTI DI ALMENO 10 PUNTI SU BOLSONARO E PUO’ VINCERE GIÀ AL PRIMO TURNO. MA IL PRESIDENTE IN CARICA MINACCIA UN’INSURREZIONE IN CASO DI SCONFITTA: “SE NON VINCIAMO CON IL 60% AL PRIMO TURNO È PERCHÉ CI STANNO IMBROGLIANDO”
Emiliano Guanella per “La Stampa”
La campagna elettorale più lunga, violenta e polarizzata della storia del Brasile porta 156 milioni di votanti oggi alle urne in un clima infuocato. Potrebbe essere il giorno di Lula; sogna di vincere già al primo turno, ma anche se rimanesse sotto la soglia del 50% l'ex presidente rimane il favorito e il suo ritorno sulla scena politica, dopo il maxi scandalo di corruzione che ha investito il suo partito dei lavoratori e l'anno e mezzo che ha passato in carcere per le condanne poi annullate, è comunque un'impresa straordinaria.
I brasiliani sono esausti, il Paese è spaccato, molte famiglie hanno deciso di non parlare più di politica per evitare litigi e malumori. Lula e Bolsonaro sono due modelli antitetici, chi ama uno odia l'altro, ma sono molti anche gli elettori che oggi voteranno turandosi il naso, più contro che a favore.
Ambulante vende asciugamani con Lula e Bolsonaro
Da un anno non si parla d'altro in un panorama molto violento, con tre omicidi politici negli ultimi tre mesi e centinaia di denunce di attacchi e intimidazioni tra le parti. L'ultimo fatto di sangue è avvenuto settimana scorsa a Casacavel, nello stato del Cearà. Un uomo è entrato in un bar e ha chiesto se ci fossero elettori di Lula. Antonio Carlos Silva da Lima si è alzato in piedi e questo è bastato per ricevere una pugnalata alle costole, è morto poco dopo in ospedale. Il bracciante agricolo Benedito Cardoso, anche lui fan di Lula, ha ricevuto quindici pugnalate in mezzo ai campi da un collega di lavoro.
A metà luglio un agente penitenziario in borghese ha fatto irruzione nella festa di compleanno di Marcelo Arruda, vigile urbano e tesoriere del Partito dei Lavoratori a Foz de Iguacù e lo ha freddato con un colpo di pistola. «Non è un caso che a uccidere siano stati sostenitori di Bolsonaro – spiega Maria Laura Canineu di Human Rights Watch - il presidente, col suo discorso a tratti golpista, infiamma gli animi». I sondaggi lo danno staccato di 10-15 punti ma lui getta benzina sulla fiamma della base più radicale dei suoi sostenitori.
«Se non vinciamo con il 60% al primo turno – ha detto recentemente – è perché ci stanno imbrogliando». Potrebbe sembrare il classico can che abbaia ma non morde, ma se si osserva il contesto generale c'è poco da star tranquilli. Lula è dato al 50% delle intenzioni di voti e da giorni cerca di convertire al «voto utile» gli indecisi e gli elettori degli outsider Ciro Gomes e Simone Tebet. A Brasilia ci si prepara per quello che viene considerato lo scenario peggiore, Lula vittorioso per una manciata di voti con Bolsonaro che manda i suoi all'insurrezione generale.
I Paesi amici sono stati invitati a dare un riconoscimento immediato del risultato, ma non si sa se questo basterà. Il Brasile, in questi ultimi quattro anni, si è armato fino ai denti. Il presidente ha pubblicato 17 decreti per raggirare lo statuto sul disarmo, sancendo, ad esempio, il diritto di dirigersi verso i centri di tiro sportivo con la propria arma. Si è passati da 151 a 1.906 poligoni privati, da 1.800 a 3.000 negozi di armi, da a 120.000 a 650.000 licenze concesse ai «CAC», i cacciatori, tiratori amatori e collezionisti che possono comprare fino a sei pistole e carabine per uso personale.
È stato aperto il mercato ai grandi player internazionali con Eduardo, il terzo figlio del presidente, a fare da lobbista in giro per il mondo. Bolsonaro ha più volte detto che «un popolo armato è un popolo libero», ma a beneficiarsi di questa nuova politica sarebbe anche la criminalità organizzata. «I gruppi narcos - spiega Felippe Angeli, dell'Istituto Sou da Paz - usano dei prestanome per comprare nelle armerie armi a prezzi più bassi che più sul mercato nero».
In una campagna elettorale basata su attacchi e accuse reciproche si è parlato poco della crisi sociale. Se nel 2019 erano 19 milioni oggi sono ben 33 milioni i brasiliani che soffrono la fame. Il gigante che sfama mezzo mondo, con le sue navi piene di soia e carne che salpano verso l'Asia, non riesce ad alimentare i suoi figli. Bolsonaro ha lanciato quattro mesi fa l«Auxilio Brasil», un assegno da 600 reais al mese (100 euro) per 30 milioni di famiglie, ma nelle previsioni di bilancio del 2023 non c'è traccia dei fondi per garantirne la continuità.
brasile, fan di bolsonaro uccide supporter di lula 1
Lula promette di tornare alle politiche assistenziali del passato ma nemmeno lui chiarisce dove troverà le risorse per farlo. I mercati, che hanno appoggiato fino all'anno scorso il governo, oggi si preparano al cambio. Lula ha chiesto al banchiere Henrique Mereilles di fare da ponte con l'establishment finanziario; venerdì, nel mezzo del tracollo globale, la Borsa di San Paolo ha chiuso segnando un incoraggiante +2,2%.
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Tutto, comunque, dipenderà dal voto di oggi, se Lula non vince ci saranno altre quattro settimane di campagna elettorale, di fatto una partita nuova. La sfida per il Brasile è quella di riuscire ad arrivare in pace a fine anno.