MANICOMIO ITALIA – COTTARELLI FA LE PULCI AI PROGRAMMI ECONOMICI DEI PARTITI E SCOPRE CHE SONO PIENI DI TURBO-CAZZATE – QUELLO PD DICE UNA COSA E NE PREVEDE UN’ALTRA – CAV E SALVINI DIVISI SUI NUMERI – PER QUELLO M5S SERVE UN PIL CINESE - VALE LA PENA PERDERE TEMPO PER VOTARE 'STI POLITICI?
Carlo Cottarelli per la Stampa
Verrebbe voglia di non andare a votare. Sì perché un cittadino vorrebbe andare a votare dopo essersi fatto un' idea chiara di cosa i vari partiti intendono fare una volta al governo. Invece, i programmi presentati dalle tre principali forze politiche, soprattutto in campo economico, restano pieni di contraddizioni e affermazioni vaghe. E non sto parlando soltanto della mancanza di coperture (un problema ormai ovvio a tutti). È che proprio i programmi sono mal definiti e talvolta contraddittori.
Partiamo dal centrodestra. Il programma depositato presso il ministero dell' Interno contiene un' affermazione lapidaria: «No alle politiche di austerità». Ora, sia Forza Italia che la Lega (cosa non fatta, per ora, né dal Pd né dai Cinque Stelle) hanno risposto al suggerimento da me avanzato sulle colonne di questo giornale di indicare i propri obiettivi di finanza pubblica (debito, deficit, avanzo primario) per i prossimi cinque anni.
I quadri forniti lasciano però perplessi. Forza Italia intende rafforzare l' avanzo primario (la differenza tra entrate e spese al netto degli interessi) dall' 1,7 per cento del Pil nel 2017 al 4 per cento del Pil nel 2022, anno in cui verrebbe raggiunto (o quasi) il pareggio di bilancio (insomma, un po' di austerità ci sarebbe, come del resto reso necessario dallo stato dei nostri conti pubblici).
La Lega intende fare l' opposto: l' avanzo primario si azzererebbe (quasi) entro il 2022 e il deficit complessivo salirebbe oltre il fatidico 3 per cento. Insomma, Forza Italia intende rispettare (più o meno) le regole europee; la Lega le viola palesemente. Come farebbero a stare al governo insieme essendo in disaccordo su una questione che non è poi così marginale, faccio fatica a capirlo. Li unisce però un programma di promesse elettorali senza coperture per importi di 50-55 miliardi di euro al 2022. Almeno su quello sembrano essere d' accordo.
LE POCHE COPERTURE DEL CENTRODESTRA
Anche sulle misure specifiche ci sono però differenze e contraddizioni. Al primo punto del programma depositato al ministero dell' Interno c' è la flat tax: «Riforma del sistema tributario con l' introduzione di un' unica aliquota fiscale (Flat tax) per famiglie e imprese con previsione di no tax area e deduzioni a esenzione totale dei redditi bassi e a garanzia della progressività dell' imposta con piena copertura da realizzarsi attraverso il taglio degli sconti fiscali».
L' elettore forse avrebbe gradito sapere qualcosa di più su questa riforma, per esempio quale sarà l' aliquota della flat tax. Ma il programma depositato non dice nulla in proposito e non esiste un documento più dettagliato sottoscritto dall' intero centrodestra che chiarisca questo o altri aspetti della proposta. Forza Italia sembra preferire un' aliquota del 23 per cento mentre la Lega sembra preferire un' aliquota del 15 per cento.
Entrambi hanno però firmato un impegno molto forte: la flat tax sarà finanziata interamente «attraverso il taglio degli sconti fiscali», cioè di quella miriade di agevolazioni che ora complicano la nostra legislazione fiscale. Ma se così fosse la pressione fiscale non scenderebbe. Ma non è intenzione del centrodestra abbattere la pressione fiscale? Nei quadri di finanza pubblica inviati da Forza Italia e dalla Lega all' Osservatorio sui conti pubblici italiani dell' Università Cattolica viene promessa una riduzione della pressione fiscale di 4-6 punti percentuali di Pil nel corso della legislatura.
Certo il programma del centrodestra prevede anche l' abolizione di altre tasse, ma - a parte la flat tax -, il resto non è molto rilevante (bollo auto, imposta di successione). Che altre tasse intende tagliare il centrodestra? Mistero. O forse, non intende davvero finanziare la flat tax tagliando le agevolazioni fiscali, come del resto dice la Lega nei propri documenti. Ma perché allora scriverlo nel programma?
LE MANCANZE DEL MOVIMENTO
I Pentastellati avevano inizialmente indicato l' intenzione di pubblicare i loro obiettivi dettagliati di finanza pubblica ma, a meno di due settimane dal voto, non lo hanno fatto. Hanno però depositato un programma in 20 punti che contiene un generico impegno a ridurre il debito pubblico del 40 per cento in dieci anni. Obiettivo ambizioso ed encomiabile, solo che non si capisce come potrebbe essere raggiunto aumentando il deficit pubblico: lo stesso programma parla infatti di «maggiori investimenti in deficit»; in deficit, quindi non riducendo altre spese ma aumentando il deficit rispetto al livello attuale. E del resto, viste le promesse elettorali e la mancanza di coperture per 60-70 miliardi, un aumento del deficit appare probabile.
Certo la soluzione ci sarebbe per conciliare un aumento del deficit con un forte calo del rapporto tra debito e Pil: basterebbe che il Pil crescesse rapidamente. Solo che per ridurre il debito di 40 punti percentuali in dieci anni, con un deficit dell' ordine del 2-3 per cento, occorrerebbe che il Pil reale crescesse del 5-6 per cento, insomma ritmi quasi cinesi.
LE INCERTEZZE DEI DEMOCRATICI
Anche il partito democratico, come il Movimento 5 Stelle, non ha risposto al nostro suggerimento di pubblicare obiettivi di finanza pubblica per il prossimo quinquennio. Ha, sì, pubblicato un piano di rientro dal debito in cui il rapporto tra debito pubblico e Pil scende di 30 punti in 10-12 anni (essenzialmente mantenendo per dieci anni l' avanzo primario al livello previsto per il 2018, il 2 per cento senza quindi espandere o stringere la politica fiscale).
Ma questo programma non fa parte di nessuno dei tre principali documenti elettorali del Pd (la sintesi del programma «Più forte, più giusta. L' Italia», sintesi depositata al ministero dell' Interno, il programma dallo stesso titolo e il documento «100 cose fatte, 100 cose da fare»). In ogni caso, il piano di rientro dal debito non indica quale sarà il livello complessivo delle entrate e delle spese dello Stato ma solo l' avanzo primario, e peraltro solo per la media del prossimo decennio.
Un altro elemento di incertezza riguardo i piani del Pd è la parziale discordanza tra i tre principali documenti elettorali pubblicati. In particolare, la sintesi del programma (il documento depositato) contiene proposte non incluse nel programma stesso. Un esempio per tutti: la sintesi indica l' intenzione di portare al 2 per cento del Pil la spesa per cultura e sicurezza (non è un punto minore: è una delle 9 aree in cui la sintesi è divisa). Visto che non è chiaro cosa si comprenda nel termine "investimenti per cultura e sicurezza", il cittadino si aspetterebbe di trovare un chiarimento nel programma di cui il documento depositato è sintesi. Ma il programma dettagliato non comprende un tale impegno e la giusta curiosità del cittadino resta quindi insoddisfatta.
Tutto sommato, si ha l' impressione che i programmi depositati al ministero dell' Interno non costituiscano piani concreti e coerenti di quello che i partiti intendano effettivamente fare una volta al governo. Intendiamoci: so bene che è sempre stato così in Italia e, in buona misura, anche all' estero. Ma mi sembra che questa volta si sia andati oltre non solo quello che è tollerato in altri Paesi, ma anche alla tradizione elettorale italiana. Quanto a me, alla fine andrò a votare, perché lo considero un dovere, ma non ci si deve meravigliare se milioni di cittadini preferiranno starsene a casa.