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PRIMARIE FATTE A MAGLIE - IN ATTESA DEL VOTO DI GIUGNO IN CALIFORNIA, IMPAZZANO LE ANTICIPAZIONI SU UN MICIDIALE DOCU-FILM, ''HILLARY'S AMERICA'', CHE VERRÀ LANCIATO DURANTE LA CONVENTION REPUBBLICANA. IL REGISTA HA IL DENTE AVVELENATO E PROMETTE SCANDALI SUI DEMOCRATICI E LA LORO STORIA RAZZISTA (QUI IL TRAILER)
VIDEO - "HILLARY'S AMERICA", IL DOCU-FILM SUL PASSATO RAZZISTA E IL PRESENTE ANTI-DEMOCRATICO DEI DEMOCRATICI
?Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Maggio è un mese tranquillo, poche primarie in attesa del gran giorno in California, perciò si tessono trame, si raccolgono dichiarazioni, si tentano accordi di compromesso. Impazzano le anticipazioni su un micidiale documentario, anzi docufilm ,di Dinesh D’Souza’, Hillary’s America: The Secret History of The Democratic Party, che verrà lanciato proprio a Cleveland nei giorni della convention repubblicana, dal 18 al 21 luglio, nel quale D'Souza lancia accuse tremende sulla candidata e sul suo partito. Trump ha 1086 delegati, martedì prossimo ne vengono assegnati 28 in Oregon, il 24 maggio 44 nello Stato di Washington.
dnesh dsouza hillary s america
Per contare fino ai fatidici 1237 bisogna arrivare al 7 giugno, con California, Montana, New Jersey e New Mexico, tutti Stati dove the winner takes all, chi vince prende tutti i delegati, ce ne sono in palio 172 solo in California, 51 in New Jersey. Con solo 151 voti mancanti in tutto e nessun avversario in lizza, qualcuno può credere che Donald Trump non arriverà a Cleveland con la nomination in mano, bloccando le residue trame di imbrogli nel corso della convention?
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Pochi privilegiati, vedremo di esserci, assisteranno il 15 luglio all'anteprima di Hillary's America, terzo docufilm di D'Souza, studioso e scrittore conservatore di grande fama e successo, uno che non si ferma difronte a niente. Il precedente, Obama's America, del 2012, è il secondo per successo di pubblico mai realizzato, subito dopo Fahreneheit 9/11 di Michael Moore.
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E' tratto da un libro dello stesso D'Souza il cui titolo non lascia spazio a dubbi: Stealing America: What My Experience with Criminal Gangs Taught Me about Obama, Hillary and the Democratic Party, ovvero “l'America rubata: che cosa mi ha insegnato la mia esperienza con le bande d criminali su Obama, Hillary e il Partito Democratico”.
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L'uomo sempre cattivo è stato, ma siccome la sua lunga attività anti Obama e c. gli è costata un occhio di riguardo da polizie varie e Fbi, ed è finito prima sputtanato per un'amante studentessa, poi in galera otto mesi per finanziamenti illeciti a un candidato senatore, ora ha il dente ancora più avvelenato.
Il trailer praticamente lascia intendere che i democratici e propriamente Hillary siano responsabili di traversie che risalgono alla schiavitù e alla Guerra Civile, per perfezionarsi nella rapina al Paese odierna. Vedremo, il docufilm precedente ha fatto 33,4 milioni di dollari al botteghino, non male, il trailer, che circola da un paio di mesi, già visto un milione e mezzo.
McCain, Cheney, Gingrich, Giuliani: lo staff di Donald Trump tesse la tela degli endorsement. Lungo incontro con il riluttante speaker della Camera, Paul Ryan, che è anche il presidente designato della Convention, e, criticato ormai da un pezzo grosso di partito e dal presidente del Comitato elettorale, dichiara che Trump è una persona cordiale e genuina, ancora non sgrava l'endorsement ufficiale.
E' che pensa al 2020, a possibile candidatura, come se non avesse fatto già un figuraccia nel 2012 in qualità di vice di Mitt Romney. Ma alla fine cederà, anche perché il business dei prossimi mesi, dalla convention alle elezioni, è cospicuo, e gli uomini di Trump stanno mettendo fuori dal giro i famosi irriducibili del #neverTrump.
Dev'essere anche per questo che Sheldon Adelson, anziano magnate dei casinò e finanziatore sontuoso, ha addirittura occupato uno spazio delle Opinioni sul Washington Post per dire nell'ordine che: lui sta con Trump, anche se non è d'accordo su tutte le issues, i punti chiave del programma; la stessa cosa dovrebbero fare dirigenti, eletti, finanziatori; se non lo fanno, si assumeranno la responsabilità di un terzo mandato Obama, perché questo sarà la presidenza Hillary; che la ricerca di perfezione in un candidato è illusoria, mai richiesta prima di ora;
che l'America è in crisi di credibilità e bisognosa di un guida forte; che Trump ha creato dal nulla un autentico movimento e finirà le primarie con un numero di vittorie mai visto finora. Firmato da uno che è nipote di minatore del Galles, figlio di tassista a Boston, da settant'anni in carriera, mani in pasta in cinquanta differenti business, in pieno diritto di parlare di successo e leadership. Suona come pesante avviso, vero???
Il candidato Trump si esercita in una delle sue performance preferite, il flip flop, nel senso che spara una cosa tremenda, poi l'aggiusta. Incredibile ma vero, gli riesce di avere successo anche con questa tattica, ormai diventata materia di studio e commento fra sociologi e comunicatori. Nelle prossime settimane presumibilmente addolcirà alcune delle sortite più toste, come il blocco all'entrata dei musulmani o il muro con il Messico, e agli elettori arrabbiati resterà la convinzione che, se eletto, una cosa di rottura la farà comunque.
Ecco. Sui giornali e tv liberal si porta ormai poco l'idea del complotto interno repubblicano, va molto l'esercizio dolente su quel che è successo al povero Partito repubblicano, caduto tanto in basso. Esercizio esilarante che il New York Times esegue a perfezione in un editoriale di oggi che lamenta il cedimento perfino di Paul Ryan. La verità? Che i repubblicani per vincere sono pronti a tutto.
Ma va? Che hanno lasciato entrare estremisti e razzisti per attaccare il governo federale. Che hanno cacciato John Boehner, il precedente speaker, che era un conservatore sincero. Peccato che Boehner abbia appena ufficialmente appoggiato Trump, e detto vedrete che vincerà e mi vendicherà anche da figli di puttana come Ted Cruz. Che pur di vincere si stanno mettendo alla testa uno che è contro gli accordi di commercio, vuole cacciare gli immigrati e bandire i musulmani., e che li distruggerà.
Per carità, critiche degnissime e comprensibili per un giornale fieramente democratico, che ha addirittura fatto all'inizio della campagna l'endorsement alla Clinton che di solito si scrive e pubblica poco prima delle elezioni generali. Ma se al NYT sono così preoccupati per il Partito repubblicano, al quale non hanno mai dichiarato appoggio, non sarà che cominciano a temere il risultato finale??