AMERICA FATTA A MAGLIE/2 - TRUMP TWITTA E GM CROLLA IN BORSA, E FORD RINUNCIA ALL’INVESTIMENTO IN MESSICO PROMETTENDO 700 NUOVI POSTI IN MICHIGAN - S’INSEDIA IL NUOVO CONGRESSO (RYAN DI NUOVO SPEAKER DELLA CAMERA), E DOPO UN ALTRO TWEET DI TRUMP, I REPUBBLICANI RITIRANO LA PROPOSTA DI DEPOTENZIARE IL COMITATO SULL’ETICA: LA POST-POLITICA VINCE SULLA POLITICA
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Great again, grande di nuovo, titola Drudge report, e intende l'America. Sarà un po' più complicato di così, ma certo l'aria trumpiana e’ leggera e l'economia tira come non succedeva da una decina di anni, Obama può disperarsi quanto vuole, questa realtà non la cambia, se basta un tweet a spaventare i giganti delle automobili, a far tornare a casa nientemeno che la Ford con un gettone di 700 posti di lavoro guadagnato in una sola giornata.
C'è di più. La spesa nelle costruzioni è cresciuta molto più dell'attesa del mese di novembre raggiungendo infatti il livello più alto degli ultimi dieci anni e mezzo, e questo inciderà in positivo sulla crescita del Paese nell'ultimo quadrimestre del 2016. Così dice il Ministero del Commercio che nel solo mese di novembre gli investimenti sono aumentati dello 0,9%, il livello più alto da aprile 2006,e riguarda tanto il settore privato che quello pubblico.
Nelle costruzioni private l'aumento e’ addirittura del 10% in un solo mese, tanto in nuove costruzioni che in ristrutturazione di case vecchie, che sono sempre stati indice di grande fiducia della popolazione. Seguono progetti di fabbriche, ospedali e strade.
Sarà per l'aria che tira sarà perché Donald Trump aveva lanciato un bel messaggio di minaccia alla GM, la General Motors, scrivendo in un tweet che se continuano a portare negli Stati Uniti senza pagare tasse di importazione automobili Chevy Cruze costruite in Messico, appena lui sarà saldamente al potere o tornano a produrle negli Stati Uniti o pagano una super tassa di importazione.
Quanto è bastato per far crollare il titolo della GM in Borsa, e quanto è bastato perché la Ford annunciasse che cancella il progetto di una fabbrica in Messico da 1,6 miliardi di dollari e reinveste intanto la metà della cifra nel Michigan, a Flat Rock, dove c'è già uno stabilimento che ormai da anni languiva. Quanto scommettiamo che nel giro di pochi giorni la General Motors dallo stabilimento di Ramos Arizpe in Messico tornerà ad assemblare tutte le automobili Cruise in Ohio, a Lordstown?
E’ il mantra di Donald Trump e va dal manifatturiero che era in pesante stagnazione alle nuove super aziende del digitale e della tecnologia perché lo stesso discorsetto il presidente eletto lo ha fatto a Tim Cook, numero uno di Apple, offrendogli grosse agevolazioni fiscali se produrranno in patria, o minacciando una tassazione più forte per chi delocalizza o licenzia o costruisce impianti all'estero. Conclusione del discorsetto e ultimo tweet: ascoltatemi o rischiate di fare un costoso errore.
Il nuovo Congresso si è insediato in queste ore e misura un cambiamento storico perché a presidente repubblicano corrisponde maggioranza alla Camera e al Senato repubblicani, oltre che ampia maggioranza di governatori e parlamenti statali.
È una grande opportunità ma è anche una grande responsabilità, gli ricorda il New York Times che li odia ma in questo caso dice anche delle cose sensate, ovvero che dopo 10 anni di opposizione- perché e’ dal 2006, quando ancora c'era W Bush presidente che non hanno più la maggioranza del Congresso e non hanno questa opportunità, ma è anche vero che hanno una constituency molto impaziente’ Le promesse che hanno fatto, meglio Donald Trump ha fatto, promesse pesanti di riformare completamente il sistema di assistenza sanitaria nazionale di ristrutturare il sistema delle tasse, di creare stabilmente nuovi posti di lavoro di far tornare muscolare la politica estera americana, di ricostruire infrastrutture in crisi’ .
Insomma, non tanto il partito repubblicano che lo ha subito, persino avversato in certi momenti, infine ne è stato positivamente travolto, ma il presidente eletto Donald Trump, hanno promesso in uno dei momenti più delicati della storia d'America, quando rischia di non essere più la potenza numero uno indiscussa, che si ritornera’ rapidamente alla gloria che fu.
Con questi numeri non ci sono scuse. Ma è anche vero che il Congresso repubblicano non si sente del tutto a proprio agio con un presidente che ha fatto l'Intera campagna tuonando contro l'establishment la corruzione e il potere fetido di Washington. Anche sulla vicenda del presunto spionaggio russo, dell’ accordo tra governo russo e hackers, terminato con una tardiva decisione di espulsione che suona come vendetta postelettorale da parte di Barack Obama, alcuni senatori repubblicani e anche deputati sono stati d'accordo, perché in questi anni hanno fatto una vistosa politica anti russa e ora non potevano tirarsi indietro.
Un esempio capitato subito: i repubblicani hanno in commissione preparato un provvedimento che verrà approvato probabilmente oggi a Congresso appena insediato, che elimina la struttura indipendente dell'ufficio dell'Etica Congressionale, che aveva il potere di indagare sui deputati e senatori, e la mette sotto il controllo diretto dei parlamentari. I democratici hanno tuonato subito contro una decisione che sostengono fatta per proteggere possibili futuri problemi di conflitto di interessi del presidente, e hanno accusato Donald Trump che aveva fatto campagna contro la corruzione di aver voluto questa misura frettolosa.
Ma Trump ha invece risposto che la misura era corretta perché il comportamento del “independent ethics watchdog” era scorretto e prevaricante, ma che con tutto quello di importante che il Congresso ha in agenda non era certo la prima cosa da fare.
Poche ore dopo arriva la notizia che i repubblicani hanno ritirato il piano, e potrebbe anche essere la prima prova dello scollamento tra due metodi, quello post politico di Trump che semplicemente di certe cose se ne infischia e va avanti, e quello tradizionale del Congresso che invece rispetto a problemi che possano insorgere si cautela tanto più’ avendo la maggioranza.
Un altro esempio è quello del famoso muro al confine col Messico sul quale la maggior parte dei repubblicani si è espresso in modo critico quando non apertamente contrario giudicandola una misura segregazionista e razzista.
Poteva anche essere la classica sparata da campagna elettorale che una volta eletto viene e ridimensionata. Vedremo, certo è che un gruppo scelto del team di Trump ha richiesto a metà dicembre all'apposita Agenzia del dipartimento della Sicurezza Interna tutta la documentazione sulle barriere e muri di confine e sulla situazione di sorveglianza dei confini.