DI MAIO SBAGLIA AD ACCANIRSI SUI GIORNALI. MA RICORDATE QUANDO RENZI MINACCIÒ DI TAGLIARE IL FINANZIAMENTO AGLI EDITORI E POI ARRIVÒ L'AMICO LOTTI A FARE LA PACE, A SUON DI MILIONI? - E POI SE I GIORNALI SONO PIENI DI OPINIONI DOTTE MA PER NULLA DISINTERESSATE SULLA TRAGEDIA DI GENOVA E I BENETTON, COME QUELLA DEL PROF. CASSESE (5 ANNI NEL CDA AUTOSTRADE) E DEL PROF. PENATI (I BENETTON HANNO INVESTITO 500 MILIONI NELLE SUE SOCIETA') È DIFFICILE DIFENDERE LA LORO PRESUNTA AUTONOMIA…
DAGONEWS
Luigi Di Maio fa il bullo e minaccia di togliere ai quotidiani la pubblicità delle controllate pubbliche, e ovviamente è una mossa da sfigato: quando sei vicepremier, ministro del Lavoro e hai preso il 34% dei consensi, infierire sulla flebile opposizione (in termini di risultati, non di rumore) praticata dai giornali è sparare sulla Croce Rossa.
Bisognerebbe però sempre ricordare dei fatti, che a volte aiutano a spiegare come si è arrivati a un determinato punto nella storia politica di un paese.
Forse molti si sono dimenticati di quando Renzi minacciò gli stessi quotidiani di togliere loro il finanziamento pubblico, che già negli anni 2009-2014 era crollato rispetto ai tempi d'oro. Una dichiarazione di guerra rientrata solo dopo la mediazione del suo braccio destro Luca Lotti. Che non a caso aveva la strategica delega all'Editoria sia quando era sottosegretario di Palazzo Chigi con Matteo premier, sia quando divenne Ministro dello Sport del governo Gentiloni, un accoppiamento piuttosto bizzarro.
Fu difficile non notare (e Dagospia la rilevò) una certa pax tra i quotidiani e il premier, ma nel primo anno di governo eravamo nel pieno della luna di miele tra Pittibimbo e gli italiani, e poi chi avrebbe dovuto scrivere che giornali e agenzie erano ''addolciti'' da finanziamenti, sgravi fiscali e norme ad hoc che hanno permesso centinaia di prepensionamenti? Giornali e agenzie?
Torniamo a oggi, e restiamo ai fatti. Più volte abbiamo raccontato come questo governo, che avrebbe dei veri bazooka da usare contro quel variopinto mondo chiamato establishment, spesso finisca per spararsi sui piedi. Come quando Toninelli si è messo a straparlare dei Benetton azionisti di Repubblica, una bufala subito smentita, e la smentita ha tappezzato migliaia di profili di twittaroli ''perbene'', corsi a sottolineare la malafede del ministro.
Questi grillini so' ruspanti: i conflitti d'interessi mica sono così accecanti, anche se va notato come colei che per anni è stata la plenipotenziaria del gruppo Espresso, Monica Mondardini, sedesse anche nel cda di Atlantia. Ma non aveva ruoli esecutivi, sono quelle poltrone che certi manager e avvocati accumulano per il prestigio conquistato sul campo.
Altri due esempi di conflitti imbarazzanti apparsi sui quotidiani, ma visibili solo all'occhio più allenato, avrebbero potuto titillare la panza grillina. Il primo, pochi giorni dopo la tragedia del ponte Morandi di Genova, è sbucato sulle colonne del ''Sole 24 Ore'' sotto forma di intervista a Sabino Cassese. Il grandissimo giurista (nessuna ironia), professore di diritto amministrativo, giudice costituzionale per 9 anni, e via elencando, dal 2000 al 2005 è stato consigliere d'amministrazione del gruppo Autostrade.
Nel testo questo dettaglio non si legge da nessuna parte, e Cassese viene identificato solo come un professore e giudice emerito della Consulta che si oppone nettamente all'ipotesi di ri-nazionalizzazione delle Autostrade. E ci pare giusto, visto che appena sono state affidate ai Benetton, questi gli avrebbero versato 700mila euro per occupare la poltrona in cda (il calcolo è di Marco Travaglio sul Fatto).
Come se non bastasse, qualche giorno dopo sulle pagine di ''Repubblica'' è atterrata un'altra intervista preoccupatissima per il futuro delle Autostrade e della sua remunerazione del capitale (10% annuo per i fortunati concessionari). Il professor Alessandro Penati, fine economista e per molti anni editorialista proprio del quotidiano di Largo Fochetti, lancia un grido: ''le nazionalizzazioni non sono una via praticabile… e bisogna rammentare che la sicurezza dei cittadini spetta sempre e comunque allo Stato: il dito va puntato anche sulle inadempienze della macchina pubblica in fatto di vigilanza''.
giorgio napolitano e sabino cassese
'Azzo, il prof. punta il dito contro lo Stato, anche se a rigor di logica la manutenzione dovrebbe essere a carico di chi incassa i ricchi pedaggi. Ma persino questo tema è in discussione, visto che Autostrade nella lettera al Ministero dei Trasporti parla di ''nessun obbligo di custodia'', e a quanto pare sperava di incamerare gli utili senza essere responsabile delle relative spese per la sicurezza.
Penati continua. Anche davanti a macroscopiche negligenze, ''Un governo deve sempre onorare tutti gli impegni assunti dallo Stato, anche se i contratti sono stati stipulati da governi precedenti a condizioni considerate sfavorevoli. Ne va della sua credibilità''. Dunque le società private che ci fanno affari possono perdere ogni credibilità, e invece lo Stato deve stare fermo, sempre e comunque.
I processi sommari piacciono da entrambe le parti: il governo Conte ha decretato che le società dei Benetton sono responsabili oggettive per la tragedia, il prof. Penati le assolve senza appello. Ovviamente gli indizi (un viadotto crollato e non per fatalità, come ha detto il procuratore di Genova; 43 morti) penderebbero verso la prima ipotesi, ma non stiamo certo qui a ''perdere la credibilità''.
Ecco, ma voi direte: che c'entra Penati? Beh, il professore oltre a scrivere su ''Repubblica'' è da anni a capo di Quaestio, società di gestione del risparmio che è stata anche la base societaria per la costruzione del famigerato Fondo Atlante.
E indovinate chi nel 2015 ha affidato una parte dei propri soldi a uno dei veicoli di Quaestio? Non si tratterà mica dei soliti Benetton? Ma che saranno mai 500 milioni di euro che la Edizione, cassaforte di famiglia, ha messo nel 'Quaestio Opportunity Fund'… Quando l'opportunity chiama, Gianni Mion risponde.
Gianni Mion? Ma non è quello che nel 2016 il professor Penati, dopo aver ''salvato'' la Popolare di Vicenza con il Fondo Atlante, ha scelto per guidarne il rilancio? Quel Gianni Mion che per trent'anni ha guidato Edizione (affidando pezzi di capitale ai veicoli di Penati) ed è stato l'architetto della trasformazione dei Benetton da produttori di maglioncini a sfrenati finanzieri. Quel Gianni Mion che dopo un anno ha chiuso la sua esperienza al vertice di PopVi con la frase ''abbiamo fatto la figura dei caciottari''? Sarà un'omonimia…