italo bocchino

FINCHE’ C’E’ VITALIZIO, C’E’ SPERANZA - IN UN' AULA DI MONTECITORIO DESERTA, UN MANIPOLO DI VECCHI DEPUTATI, GUIDATI DA ITALO BOCCHINO, VINCE UN RICORSO AL COLLEGIO D'APPELLO CONTRO IL PASSAGGIO AL SISTEMA CONTRIBUTIVO VOLUTO DAL GOVERNO MONTI - ORA LUI, MENIA, LANDOLFI E ALTRI POTRANNO PASSARE ALL’INCASSO…

italo bocchino

Alessandro Da Rold per “la Verità”

 

Alla fine del 2011 Italo Bocchino, all'epoca deputato del Popolo della libertà, accoglieva con favore la riforma sdoganata dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, sui vitalizi ai parlamentari, una legge passata di concerto con il governo di Mario Monti che dalla fine della precedente legislatura prevedeva il passaggio al contributivo: per ricevere l'assegno servono minimo 60 anni se si sono accumulate più legislature e 65 se si ha alle spalle un solo mandato.

 

Mario Monti Elsa Fornero

«Ero indignato all'idea di poter avere la pensione già dai 50 anni», diceva Bocchino, non più in Parlamento, ma toccato negli ultimi mesi dall'inchiesta Consip. «E sono rasserenato dal fatto che mi è stata tolta per i prossimi 15 anni». Peccato che a distanza di sette anni la situazione sia cambiata. Perché Bocchino risulta tra coloro che hanno fatto ricorso contro quel regolamento. E soprattutto è tra quelli che l'ha spuntata: incasserà il suo vitalizio prima di aver compiuto 60 anni.

 

luigi di maio

Se non è un baby pensionato poco ci manca. Ma soprattutto l'ex deputato e direttore editoriale del Secolo d'Italia si assicura un privilegio che con il Movimento 5 stelle al governo, o alla presidenza della Camera, potrebbe essere ridimensionato se non eliminato.

 

Del resto non c'è solo lui nella lista di parlamentari che, durante la legislatura che va dal 2008 al 2013, rischiavano di essere fatti fuori dalla riforma montiana. E Luigi Di Maio, leader dei grillini, lo ha detto chiaro e tondo nei giorni scorsi: «Abbiamo chiesto la presidenza della Camera perché qui ci sono più vitalizi da tagliare che regolamenti da modificare».

 

mario landolfi

La vicenda è passata sottobanco in questi giorni di smantellamento delle Camere, tra dibattiti sull'esito delle elezioni, sulle nuove presidenze e sul governo. Il 20 marzo scorso, in un'aula di Montecitorio semideserta, il Collegio d'appello della Camera dei deputati ha dato ragione a un gruppo di inossidabili onorevoli che nel 2015 avevano deciso di opporsi alla riforma del contributivo.

 

Oltre a Bocchino ci sono Daniele Molgora, Mario Landolfi, Roberto Rosso, Roberto Menia, Tommaso Foti, Filippo Ascierto e Mario Valducci. Obiettivo del ricorso: abolire l'elevazione dell'età anagrafica richiesta per fruire del vitalizio, come previsto dal regolamento del 2012.

 

Ma tra i ricorrenti non c'erano solo loro, ma pure Eugenio Baresi, una sola legislatura alle spalle con il Ccd (Centro cristiano democratico), negli anni Novanta. La decisione della Corte stravolge in parte le norme di appena cinque anni fa: il regolamento infatti continuerà a valere per lui, ma non per chi invece aveva partecipato alla legislatura in cui era stata sdoganata la riforma.

 

roberto menia gianfranco fini

«È un'operazione da delinquenti», spiega Baresi alla Verità, ricordando che circa vent'anni fa versò alla Camera più di 70 milioni di vecchie lire. «Che non vedrò più, perché ora i grillini lo aboliranno». Come lui altri trenta parlamentari.

 

Nel ricorso i ricorrenti, che poi l'hanno spuntata, ribadiscono «il carattere irragionevole della riforma» e soprattutto definiscono «incerto il coordinamento del regolamento del 2012 con i regolamenti anteriori». Il caso di Bocchino è emblematico. L'ex delfino di Fini è stato deputato in quattro legislature, per circa 17 anni di mandato.

 

italo bocchino presenta il premio tatarella

Ha un'anzianità contributiva di 20 anni, 2 mesi e 14 giorni, Se non fosse stato rieletto per sedici legislature avrebbe conseguito il vitalizio il primo agosto 2017, all'età di 50 anni, ma essendo stato rieletto lo avrebbe conseguito con decorrenza il 15 marzo 2013, all'età di 46 anni, questo in base al regolamento del 1994.

 

All'epoca il calcolo prescindeva dall'età minima per i deputati che avevano versato contributi per almeno 20 anni o quattro legislature. In pratica a seguito della riforma del 2012, Bocchino avrebbe conseguito il vitalizio il primo agosto 2027, all'età di 60 anni, con una differenza di 10 anni o anche di 14 se si calcola l' altro regolamento. Ora, dopo la sentenza della Collegio d' appello, incasserà l' assegno prima.

 

Il collegio infatti accoglie in parte il ricorso, ma soprattutto rimanda al legislatore, cioè agli stessi nuovi deputati appena eletti, il compito di intervenire il prima possibile su una materia fin troppo dibattuta.

 

PROTESTE CONTRO IL VITALIZIO

«Se pertanto questo giudice si astiene dal pronunciare tale annullamento solo al fine di interferire il meno possibile sulle prerogative dell'ufficio di presidenza», si legge nella sentenza, «è tuttavia evidente che allo stato, e cioè in assenza di un'esplicita revisione normativa effettuata dall' ufficio di presidenza stesso, la posizione di ogni ulteriore interessato che si trovasse nelle condizioni degli odierni ricorrenti dovrà necessariamente essere definita dall' amministrazione della Camera in applicazione di tutti i criteri enunciati nella presente sentenza». In sostanza i richiedenti di abbassamento dell' età potrebbero essere molti di più, anche tra chi non ha fatto ricorso.

PROTESTE CONTRO IL VITALIZIO

 

Il tema è di stretta attualità. Anche perché il disegno di legge Richetti è rimasto al palo. Al Senato di riforma non si parla neppure. Anzi proprio a Palazzo Madama il dl che prevede il ricalcolo di tutte le pensioni dei parlamentari con metodo contributivo non è stata affrontata.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…