LA MANO DI FIDEL CASTRO DIETRO L’ATTENTATO A KENNEDY

Matteo Sacchi per IlGiornale.it

Era il 22 novembre di cinquant'anni fa. Alle 12 e 30 il presidente John Fitzgerald Kennedy veniva ucciso a Dallas. Si tratta forse dell'omicidio più indagato della storia. Ma anche uno dei più discussi e su cui si hanno meno certezze. La versione ufficiale fornita dalla commissione Warren costituita una settimana dopo il fatto dal presidente Lyndon B. Johnson è nota: Kennedy venne ucciso con tre colpi di fucile (il primo a vuoto, il secondo alla spalla e il terzo alla testa) sparati da Lee Harvey Oswald il quale agì da solo.

Questa ricostruzione ha sempre causato scetticismi (sfociati anche in due altre indagini, una del House Select Committee on Assassinations voluto dal congresso americano e una del procuratore distrettuale Jim Garrison). Tra i punti più contestati, il fatto che Oswald sia riuscito a sparare tre colpi in circa 7 secondi con un fucile italiano Carcano a otturatore manuale.

Sul tema sono tornati ieri al festival èStoria (che si conclude oggi a Gorizia) Massimo Teodori, per tre decenni docente di Storia americana all'Università di Lecce, e Brian Latell il quale, lavorando con la Cia, è stato a lungo National intelligence officer per l'America latina e ora è Senior Research Associate in Cuba studies all'Università di Miami. Lattel ha appena pubblicato un volume (non ancora tradotto in italiano) che si intitola Castro's Secrets. E che avanza una tesi sconcertante.

«Credo - dice Latell - che il rapporto della commissione Warren sia esatto quando indica Oswald come l'unico esecutore materiale. In questo senso non fu una cospirazione. Colpire Kennedy a ottanta metri con quel fucile era perfettamente possibile. Quello su cui la commissione Warren ha svolto un'indagine lacunosa sono stati i rapporti di Oswald con i cubani».

Rapporti che Latell ha ricostruito proprio a partire dal suo libro per cui si è avvalso della testimonianza di molti ex agenti cubani, tra cui Florentino Aspillaga, per decenni uomo di punta nell'intelligence dell'Avana. «I servizi cubani avevano un altissimo livello di efficienza e avevano avuto svariati contatti con Oswald. Oswald era un invasato filo cubano e aveva già cercato di uccidere il generale Edwin Walker... Kennedy si trasformò in un bersaglio perfetto andando a Dallas».

Quanto al lider máximo è difficile dire esattamente in che misura fosse coinvolto nel progetto. Però esistono prove indiziarie. «Lo stesso giorno in cui venne ucciso, Kennedy ebbe un incontro con alti ufficiali del Pentagono e con agenti della Cia per pianificare la morte di Fidel. La Cia stava cercando di reclutare un ex agente cubano a Parigi perché tornasse a Cuba a uccidere Castro. Purtroppo era un triplogiochista ed era ancora fedele al regime... Questo per dire che il livello di minaccia ai rispettivi leader era molto alto.

Un paio di mesi prima dell'attentato a Kennedy, Castro tenne un discorso, era il 7 settembre del '63. Ci sono delle registrazioni. Disse: "Se vogliono assassinare un cubano gli americani sappiano che anche loro possono essere assassinati...". Secondo me era una minaccia diretta a Kennedy, che per parte sua pianificava l'eliminazione di Castro».

Ma non solo: «Ho intervistato - spiega Latell - Florentino Aspillaga che all'epoca aveva il compito di intercettare le comunicazioni della Cia da Washington. Il giorno dell'attentato a Kennedy, tre ore prima che sparassero al presidente i suoi capi gli ordinarono di non intercettare più le comunicazioni radio da Washington ma di concentrarsi su quelle provenienti dal Texas. E Aspillaga a partire da questo si è fatto un'idea chiara: sicuramente Castro sapeva che cosa stava accadendo a Dallas. Forse non lo aveva pianificato direttamente ma ne era informato».

Resta la grande domanda. Come mai, se le cose stanno così, e c'è chi come il professor Teodori ne dubita, la Commissione Warren nella sua inchiesta non ha mai seguito la pista cubana? Una pista che politicamente avrebbe anche potuto essere molto conveniente. Latell lo spiega così al Giornale: «La Commissione non lavorò male... Semplicemente la Cia, l'Fbi e lo stesso Robert Kennedy (fratello del presidente e suo ministro alla giustizia, ndr) nascosero molte informazioni alla Commissione perché le ritenevano fondamentali per la sicurezza nazionale». Quelli di Latell per ora restano indizi ma se avesse ragione la morte di Kennedy assumerebbe tutto un altro aspetto.

 

KENNEDY TRUMAN E LINDON JOHNSON john f kennedy 400john f kennedy 200FIDEL CASTROLee Harvey Oswald mugshot LA COMMISSIONE WARREN

Ultimi Dagoreport

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI SU MEDIOBANCA: TRACOLLO DELLA BANCA SENESE - SE IL MEF DI GIORGETTI, CHE HA L’11,7% DI MPS, LO PRENDE IN QUEL POSTO (PERDENDO 71 MILIONI), IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI FA BINGO: 154 MILIONI IN UN GIORNO - INFATTI: SE I DUE COMPARI PERDONO SU MPS 90 MILIONI, NE GUADAGNANO 244 AVENDO IL 25,3% DI MEDIOBANCA - E DOPO IL “VAFFA” DEL MERCATO, CHE SUCCEDERÀ? TECNICAMENTE L’OPERAZIONE CALTA-MILLERI, SUPPORTATA DALLA MELONI IN MODALITÀ TRUMP, È POSSIBILE CON UN AUMENTO DI CAPITALE DI MPS DI 4 MILIARDI (PREVISTO PER APRILE) - PER DIFENDERE MEDIOBANCA DALL’ASSALTO, NAGEL DOVRÀ CHIEDERE AL BOSS DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, DI CHIAMARE ALLE ARMI I POTENTI FONDI INTERNAZIONALI, GRANDI AZIONISTI DI MEDIOBANCA E DI GENERALI, PER SBARRARE IL PASSO AL “CALTARICCONE” ALLA FIAMMA (FDI)

dario franceschini elly schlein matteo renzi carlo calenda giiuseppe conte

DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ SINTETIZZARE COSÌ: IO CI SONO. E’ INUTILE CERCARE IL FEDERATORE, L’ULIVO NON TORNA, E NON ROMPETE LE PALLE ALLA MIA “CREATURA”, ELLY SCHLEIN, “SALDA E VINCENTE” AL COMANDO DEL PARTITO – AMORALE DELLA FAVA: “SU-DARIO” NON MOLLA IL RUOLO DI GRAN BURATTINAIO E DAVANTI AI MAL DI PANZA INTERNI, CHE HANNO DATO VITA AI DUE RECENTI CONVEGNI, SI FA INTERVISTARE PER RIBADIRE AI COLLEGHI DI PARTITO CHE DEVONO SEMPRE FARE I CONTI CON LUI. E LA MELONI GODE…

almasri giorgia meloni carlo nordio

DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA INDISTURBATO IN EUROPA? AVEVA UN PASSAPORTO FASULLO O UN VISTO SCHENGEN? E IN TAL CASO, PERCHÉ NESSUN PAESE, E SOPRATTUTTO L’ITALIA, SI È OPPOSTO? - LA TOTALE ASSENZA DI PREVENZIONE DA PARTE DEGLI APPARATI ITALIANI: IL MANDATO DI ARRESTO PER ALMASRI RISALE A OTTOBRE. IL GENERALE NON SAREBBE MAI DOVUTO ARRIVARE, PER EVITARE ALLA MELONI L’IMBARAZZO DI SCEGLIERE TRA IL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA REALPOLITIK (IL GOVERNO LIBICO, TRAMITE ALMASRI, BLOCCA GLI SBARCHI DI MASSA DI MIGRANTI) – I SOSPETTI DI PALAZZO CHIGI SULLA “RITORSIONE” DELLA CPI E IL PASTROCCHIO SULL’ASSE DEI SOLITI TAJANI-NORDIO

pier silvio giampaolo rossi gerry scotti pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E L'INGAGGIO DI GERRY SCOTTI COME CO-CONDUTTORE DELLA PRIMA SERATA DI SANREMO NE È LA PROVA LAMPANTE - CHIAMARE ALL'ARISTON IL VOLTO DI PUNTA DI MEDIASET È IL SEGNALE CHE IL BISCIONE NON FARÀ LA GUERRA AL SERVIZIO PUBBLICO. ANZI: NEI CINQUE GIORNI DI SANREMO, LA CONTROPROGRAMMAZIONE SARÀ INESISTENTE - I VERTICI DELLA RAI VOGLIONO CHE IL FESTIVAL DI CARLO CONTI SUPERI A TUTTI I COSTI QUELLO DI AMADEUS (DA RECORD) - ALTRO SEGNALE DELLA "PACE": IL TELE-MERCATO TRA I DUE COLOSSI È PRATICAMENTE FERMO DA MESI...

elon musk sam altman

NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON MUSK E SAM ALTMAN HANNO LITIGATO SU “X” SUL PROGETTO “STARGATE”. IL MILIARDARIO KETAMINICO HA SPERNACCHIATO IL PIANO DA 500 MILIARDI DI OPENAI-SOFTBANK-ORACLE, ANNUNCIATO IN POMPA MAGNA DA TRUMP: “NON HANNO I SOLDI”. E IL CAPOCCIA DI CHATGPT HA RISPOSTO DI PETTO AL FUTURO “DOGE”: “SBAGLI. MI RENDO CONTO CHE CIÒ CHE È GRANDE PER IL PAESE NON È SEMPRE OTTIMALE PER LE TUE COMPAGNIE, MA NEL TUO RUOLO SPERO CHE VORRAI METTERE PRIMA L’AMERICA…” – LA GUERRA CIVILE TRA I TECNO-OLIGARCHI E LE MOSSE DI TRUMPONE, CHE CERCA DI APPROFITTARNE…

donald trump elon musk jamie dimon john elkann

DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI PAPERONI MUSK & ZUCKERBERG, IL VECCHIO POTERE FINANZIARIO AMERICANO È OBSOLETO E VA ROTTAMATO: CHI HA BISOGNO DEI DECREPITI ARNESI COME JAMIE DIMON IN UN MONDO CHE SI FINANZIA CON MEME-COIN E CRIPTOVALUTE? – L’HA CAPITO ANCHE JOHN ELKANN, CHE SI È SCAPICOLLATO A WASHINGTON PER METTERSI IN PRIMA FILA TRA I “NUOVI” ALFIERI DELLA NEW ECONOMY: YAKI PUNTA SEMPRE PIÙ SUL LATO FINANZIARIO DI EXOR E MENO SULLE VECCHIE AUTO DI STELLANTIS (E ZUCKERBERG L'HA CHIAMATO NEL CDA DI META)