IL SISTEMA ITALIA: CON GLI ACQUISTI DELLE MASCHERINE NON NE FACCIAMO UNA GIUSTA - DOPO QUELLE ARRIVATE A MONTECITORIO SENZA CERTIFICAZIONI, NEL MIRINO FINISCONO ALTRI 11 MILIONI DI DISPOSITIVI COMPRATI DALLA DIFESA "SENZA GARA", CON PROCEDURE SBAGLIATE, ERRORI E CONTROLLI "CARENTI" SULLE AZIENDE FORNITRICI - L'ANTICORRUZIONE INDAGA SU APPALTI PER 3 MILIONI DI EURO E SUGLI IMPORTI DI QUELLE FORNITURE SUPERIORI ALLA SOGLIA MASSIMA PREVISTA DALL'EUROPA...
Federico Capurso per "La Stampa"
L'Autorità nazionale anticorruzione guidata da Giuseppe Busia ha acceso un riflettore sulle partite di mascherine acquistate dalla Difesa in piena emergenza Covid.
Nel mirino dell'Anac sono finite cinque milioni e mezzo di mascherine chirurgiche comprate dall'Agenzia industrie della Difesa in cinque tranche diverse, a partire dal 1 aprile, nelle caotiche settimane immediatamente successive all'inizio della pandemia in Italia. E altri 6 milioni di mascherine presi a ottobre, all'alba della seconda ondata.
Giuseppe Busia PRESIDENTE ANAC
L'importo complessivo dell'investimento è di circa 3 milioni di euro, spesi secondo Busia senza però rispettare alla lettera le norme anticorruzione. Procedure sbagliate, controlli «carenti» sulle aziende fornitrici - sostiene Anac - e «un improprio ricorso al Mercato della Pubblica amministrazione», attraverso il quale l'ente della Difesa individuava le società a cui rivolgersi.
Nella delibera dell'Anac, depositata venerdì scorso, si legge che l'ente per gli acquisti interni della Difesa «ha impropriamente affidato» quelle forniture ad alcune aziende e lo ha fatto per sei volte tra aprile e giugno, e per altre due volte nel secondo semestre dell'anno, a ottobre.
Impropriamente, scrive Busia, perché gli importi di quelle forniture erano superiori alla soglia massima prevista dall'Europa per evitare una gara pubblica. Importi che inoltre non sono stati nemmeno comunicati all'Anac.
Si poteva andare in deroga, come previsto dalla Protezione civile in un momento di crisi pandemica, ma l'utilizzo della deroga non sarebbe stato indicato «compiutamente» nelle procedure di acquisto, sostiene Busia.
E non si sarebbero nemmeno «osservate le seppur minime garanzie previste» dall'ordinanza che quella deroga la introduceva, tra cui l'autorizzazione preventiva dell'acquisto da parte della Protezione civile.
L'Agenzia della Difesa prova a chiarire. Le verifiche sulle aziende ci sarebbero state - viene fatto notare all'Anac - sia sulla piattaforma digitale della Pa, sia sugli albi dei fornitori. Se poi sono mancate le comunicazioni dei prezzi all'Anac - pur non essendoci «disponibilità di prezziari ufficiali» - sono stati comunque confrontati con quelli di altre grandi stazioni appaltanti, come Consip e Protezione civile, superando così alcuni scogli «per l'evidente urgenza imposta dall'emergenza».
Verrebbe il dubbio che con la fretta le mascherine siano state pagate troppo, e invece «i prezzi si attestano tra quelli più bassi rilevati dall'Anac nella sua indagine conoscitiva dell'agosto 2020», si giustifica l'Agenzia della Difesa.
Per l'Autorità anticorruzione, però, le verifiche sulle aziende fornitrici «non risultano sufficienti», perché non si potevano valutare alcuni «requisiti» come la certificazione antimafia o il casellario giudiziale.
Ed è vero - ammette l'Autorità anticorruzione - che «il prezzo degli affidamenti risulta in linea con quello indicato», ma sta di fatto che l'ente della Difesa «non ha effettuato la procedura di comunicazione», né la «richiesta di parere di congruità». E non c'è Covid che tenga.