COME DAGO-ANTICIPATO, MATTARELLA E’ PRONTO ALLO SCONTRO FINALE CON IL GOVERNO NON FIRMANDO LA LEGGE DI BILANCIO - LE PROSSIME SETTIMANE SARANNO DECISIVE PER CAPIRE COME VERRÀ CONFIGURATA LA BOCCIATURA ALL’ITALIA DALLA COMMISSIONE EUROPEA E COME QUESTA POSSA INFLUIRE SUL CONTROLLO COSTITUZIONALE CHE COMPETE AL QUIRINALE…
MOAVERO DI MAIO SALVINI CONTE MATTARELLA
Lina Palmerini https://www.ilsole24ore.com
Niente è scontato sulla legge di bilancio. Al Quirinale evitano commenti ufficiali ma non negano il nervosismo e l'amarezza. E soprattutto il netto dissenso di Sergio Mattarella per la strada che ha voluto intraprendere il Governo andando allo scontro con Bruxelles. E dunque quando a Stoccolma – dove il presidente è stato fino a ieri in visita – i cronisti chiedono se la firma per promulgare la legge di bilancio sia sicura, i consiglieri che lo accompagnano rispondono che nulla è stato deciso e che il sì non è scontato.
Forse la firma si renderà alla fine necessaria per evitare il peggio ma tanti aspetti sono ancora da chiarire. Innanzitutto perché la manovra è agli inizi del suo cammino parlamentare e poi perché le prossime settimane saranno decisive per capire come verrà configurata la bocciatura all’Italia dalla Commissione. E come questa possa influire sul controllo costituzionale che compete al Colle.
Il passaggio per il Quirinale è molto stretto. Da una parte infatti vi è piena consapevolezza delle conseguenze di non firmare e rinviare alla Camere perché si rischierebbe l’esercizio provvisorio accentuando i rischi per la stabilità finanziaria. Ma si produrrebbe pure una ferita istituzionale con uno strappo senza precedenti con Governo e Parlamento. Dall’altra parte, però, il capo dello Stato non potrà fare finta di niente di fronte a palesi o “deliberate” violazioni degli accordi europei. Questo è il dilemma di cui Mattarella sin dall’inizio è stato ben consapevole.
Non a caso tre settimane fa ha voluto accompagnare il via libera iniziale alla manovra con una lettera di poche righe al premier Conte in cui chiedeva di perseguire un «dialogo costruttivo con l’Europa». E ora che questo dialogo non c’è stato e che quelle che potevano essere le sue sponde politiche – dal premier a Tria e Moavero – non hanno avuto voce in capitolo, si dissolvono anche quei margini di mediazione per convincere i due vicepremier sui pericoli delle scelte appena assunte.
Insomma, la moral suasion non è bastata e ora quel che gli compete è vigilare se gli articoli che lui stesso aveva evocato all’inizio di questo percorso vengano o no violati: l’art. 97 che cita espressamente gli accordi con l’Ue e l’articolo 81 che nel 2012 fu riformato per incorporare il six pack e il pareggio di bilancio in Costituzione. Tra l’altro c’è chi non esclude che possano essere fatti rilievi costituzionali dalla Corte dei conti in sede di rendicontazione.
Quindi quel «nulla è scontato» vuol dire che ci saranno dei passaggi che da qui alla promulgazione interpellano il capo dello Stato ed è difficile immaginare che possa tacere mentre l’Italia finisce in procedura d’infrazione, cioè dentro un percorso che limita la sovranità nazionale mettendo in campo oltre che sanzioni onerose anche prescrizioni puntuali sul bilancio italiano.
Il tema non è quindi se stare o no dalla parte degli euro-burocrati visto che Mattarella non si considera la longa manus di Bruxelles, ma di rendere chiaro e comprensibile il piano inclinato in cui finiremmo per lo strappo con l’Europa.
Tra l’altro Mattarella vede tutti i limiti di un progetto europeo che è rimasto a metà senza attuare quell’Europa dei diritti e dei popoli scritta nel Trattato di Lisbona di cui ha parlato proprio ieri all’Università di Lund, in Svezia. «Con le sue istituzioni, le sue regole e procedure, l’Ue viene percepita da una parte come estranea se non avversa e, al più, come una sorta di fiera delle opportunità alla quale attingere secondo spicciole convenienze, senza né anima né scopo».
Ma ha subito aggiunto che si tratta di «una linea di pensiero di corto respiro e che non riesce a considerare con attenzione non tanto ciò che abbiamo di fronte in un momento di crisi, quanto, piuttosto ciò che è stato realizzato e viene oggi dato per acquisito una volta per sempre». E di certo da convinto europeista non farà passare in silenzio la rottura tra Italia e Unione.