LEWINSKIY D’EGITTO! - HILLARY CLINTON IN EGITTO VIENE ACCOLTA DA LANCI DI SCARPE, POMODORI E CORI “MONICA! MONICA!” - GLI EGIZIANI NON HANNO LE IDEE MOLTO CHIARE: LA CONTESTANO PER L’AMICIZIA CON MUBARAK E PERCHÉ LA LORO RIVOLUZIONE È FALLITA E SI RITROVANO I FRATELLI MUSULMANI AL POTERE, CHE GLI USA CONTINUERANNO A FINANZIARE PER TENERLI BUONI - LA CLINTON ARRIVA POI IN ISRAELE, E OBAMA DALL’AMERICA LE SEGA LE GAMBE: “HO FALLITO SULLA PACE TRA ISRAELIANI E PALESTINESI”…

1 - MO: ISRAELE; H. CLINTON A GERUSALEMME, DOPO DUE ANNI ASSENZA VIA VAI DI EMISSARI USA NEL PAESE
(ANSA) - Dopo due anni di assenza, il Segretario di stato Usa Hillary Clinton e' tornata a Gerusalemme - proveniente dal Cairo - per incontrare i dirigenti israeliani e il premier palestinese Salam Fayad. Ieri si e' appreso, a missione compiuta, che a Gerusalemme e' giunto in visita nei giorni scorsi anche il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Tom Donilon. Alla fine del mese visitera' Israele, secondo la stampa locale, anche il segretario alla difesa Leon Panetta.

La Clinton ha iniziato la giornata di lavoro con un incontro con il ministro degli esteri Avigdor Lieberman, In seguito vedra' il premier Benyamin Netanyahu, il capo dello stato Shimon Peres e il ministro della difesa Ehud Barak. Sull'agenda ci sono: il futuro della relazioni fra Israele ed Egitto; un esame della situazione in Siria; le sanzioni internazionali all'Iran e i rapporti fra Israele e Anp. Alcuni giornali collegano la missione della Clinton a Gerusalemme anche alla imminente visita in Israele del candidato repubblicano Mitt Romney.


2 - OBAMA, HO FALLITO SULLA PACE FRA ISRAELIANI E PALESTINESI

(Adnkronos) - Il presidente americano Barack Obama ha ammesso di aver finora fallito nello sforzo per la pace fra israeliani e palestinesi. "Non sono riuscito a portare avanti il processo di pace nel modo che avrei voluto. E' qualcosa su cui ci siamo concentrati fin dall'inizio. Ma la verita' e' che anche le parti devono volerlo", ha detto Obama, intervistato dalla rete televisiva americana WJLa (affiliata all'Abc), quando gli e' stato chiesto se c'era qualcosa in cui pensava di aver fallito durante il suo primo mandato.

L'ammissione di Obama giunge mentre il suo segretario di Stato Hilalry Clinton si trova in visita in Israele. Al centro della visita, dopo la tappa della Clinton al Cairo, vi e' lo sforzo diplomatico per mantenere la pace fra Israele ed Egitto. Ma la Clinton, che vedra' il primo ministro palestinese Salam Fayyad, parlera' anche dello stallo nel processo di pace.


3 - EGITTO, LA CLINTON DAI GENERALI LA FOLLA LA CONTESTA: "PROVOCAZIONE" - LANCIO DI POMODORI AL GRIDO DI: "MONICA, MONICA"
Alix Van Buren per "la Repubblica"

Già il tono di Hillary Clinton, al suo primo viaggio al Cairo dopo l'elezione del presidente Mohamed Morsi, un Fratello musulmano nuovo di zecca in 80 anni di storia egiziana, non era piaciuto a certe opposizioni: la sua arringa in difesa dei valori democratici era parsa stonata a giornalisti, commentatori, twitterati, memori della profonda amicizia più volte professata fra i Clinton e Mubarak, il dittatore.

E già gran parte dei cristiani copti - e tra questi anche il magnate degli affari Naguib Sawiris - aveva rifiutato l'incontro con il Segretario di Stato americano, sospettando il favoritismo di Washington verso i nuovi potenti, gli islamisti, a scapito delle minoranze religiose e dei partiti laici, libertari.

Non erano piaciuti nemmeno i sorrisi e le strette di mano con il capo della Giunta militare, il maresciallo Mohamed Hussein Tantawi - «una provocazione», disapprovano i critici - dopo un colloquio durante il quale s'era discusso degli aiuti economici profusi dagli Stati Uniti all'Egitto - 1, 3 miliardi di dollari l'anno - del processo di pace fra israeliani e palestinesi, e della preoccupazione americana per l'instabilità nella penisola del Sinai, proprio a ridosso di Israele.

Ma che toccasse proprio alla Clinton di sentirsi gridare quell'invettiva «Erhal», «Vattene», scagliata per settimane all'indirizzo di Mubarak da Piazza Tahrir, questo non era affatto previsto. Proprio mentre il convoglio di automobili ufficiali trasportava l'inviata di Obama
verso il consolato americano di Alessandria, appena riaperto, una folla di dimostranti ha improvvisato lanci di pomodori e di scarpe contro le berline blindate.

Di più: al suo passaggio si sono alzati cori oltraggiosi di «Monica, Monica», dal nome fin troppo famoso della Lewinsky, stagista che rischiò non solo di far naufragare il matrimonio dell'ex First lady, ma anche la presidenza di Bill Clinton. Eppure il Segretario di Stato, nei due giorni trascorsi fra il "terreno minato" del nuovo Egitto, aveva tentato di destreggiarsi tra le profonde rivalità politiche, religiose e ideologiche che lacerano il panorama sociale affiorato dalla rivoluzione del 25 gennaio.

Più volte lei si era dovuta difendere dalle accuse di chi credeva di intravedere il sostegno della Casa Bianca dietro a questo o quel candidato: «Voglio chiarire una volta per tutte che gli Stati Uniti non si immischiano, in Egitto, nella scelta di chi debba vincere o debba perdere». Ma nell'incontro con il Fratello musulmano, ora presidente Morsi, molti egiziani hanno visto il sigillo dell'America all'uomo asceso al potere grazie al sostegno della Casa Bianca. «Eh già, non sono loro a dover vivere sotto i Fratelli musulmani», ripetono i giovani rivoluzionari su Twitter. E continuano a incolpare l'America. «Questi sono affari egiziani», dice Emad Gad, ex deputato parlamentare: «Il segretario di Stato, appunto, non s'immischi».

 

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