INTASCATI I SOLDI DA BRUXELLES, L’ITALIA VUOLE PIÙ TEMPO PER EVITARE UN EUROFLOP – MELONI E FITTO SONO CERTI DI OTTENERE UNA PROROGA SULLA DATA DI SCADENZA PER LA MESSA A TERRA DEL PNRR, FISSATA AL 2026 (FINORA ROMA HA INVESTITO APPENA 43 MILIARDI SUI 194 INCASSATI) – MA PER IL VIA LIBERA ALLO SLITTAMENTO NON BASTA L'ASSENSO DELLA COMMISSIONE, SERVE L'OK DI TUTTI E 27 I GOVERNI DELL'UE – AL CENTRO DELL'INCONTRO DI OGGI TRA LA DUCETTA E CHARLES MICHEL, OLTRE AL RECOVERY, C’È L'IPOTESI DI NUOVI EUROBOND...
Espresso dell’articolo di Marco Bresolin Ilario Lombardo per “la Stampa”
PAOLO GENTILONI GIANCARLO GIORGETTI
C'è più ottimismo di quello che sembra, a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni si aspetta che la proroga sulla data di scadenza per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), al momento fissata al 2026, ci sarà. Raffaele Fitto, il ministro che ha in mano la regia sul piano, è convinto che andrà così perché «l'Italia è tra i Paesi che hanno rispettato meglio i tempi», ed è probabile che anche altri chiederanno di sforare. Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, parla poco e non parla mai a caso.
Il fatto che, nei toni, è sembrato dare per scontato che si andrà oltre il 2026 è una traccia che, all'interno del governo, consigliano di seguire. E la risposta negativa, il no netto arrivato dal commissario all'Economia Paolo Gentiloni, rientra – secondo fonti dell'esecutivo – nel gioco delle parti.
raffaele fitto giancarlo giorgetti paolo gentiloni
Non è escluso che il Pnrr finirà nel menu del confronto tra Meloni e Charles Michel, oggi a Roma […] Nell'incontro, Michel e la premier si concentreranno anche sul rilancio della competitività dell'economia europea, partendo dal Rapporto sul futuro del Mercato unico affidato all'ex premier italiano Enrico Letta, che sarà presentato al Consiglio europeo della prossima settimana.
Michel cercherà di sondare le reali intenzioni di Meloni sulle mosse post elezioni per eleggere i vertici delle istituzioni Ue. Per capire quali sono le richieste italiane e se è veramente pronta a sostenere Ursula von der Leyen o ha in serbo un piano B.
CHARLES MICHEL E GIORGIA MELONI
Anche se la gestione del Pnrr è nelle mani della Commissione, sull'eventuale proroga dovranno essere i governi a decidere. Michel ha gestito in prima persona i negoziati per la nascita del Next Generation EU all'inizio dell'estate 2020 e in questo momento è certamente la figura che meglio conosce le sensibilità di tutti i 27 governi sul tema, soprattutto quelli che avevano tanto insistito sulla tagliola del 2026 proprio come condizione per poter accettare di emettere debito comune.
La premier troverà davanti a sé un interlocutore aperto e disponibile a trovare una soluzione pragmatica. Perché Michel sa benissimo che un eventuale flop italiano si trasformerebbe in una pietra tombale sulle speranze di ripetere esperimenti simili in futuro.
L'ex premier belga non ha mai nascosto la sua personale convinzione sulla necessità di emettere altri eurobond. Lo ha chiesto esplicitamente per finanziare le spese della Difesa e ora sta mettendo a punto un piano […]
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Michel è ben consapevole di quanto il tema eurobond sia divisivo ed è convinto che il dibattito non sia ancora maturo. Ma la buona riuscita del Next Generation EU sarebbe il miglior argomento per sostenere la necessità di un bis. Diversamente, il suo fallimento sbarrerebbe la strada a uno strumento simile per raccogliere le risorse finanziarie necessarie a sostenere la competitività delle imprese europee.
Il problema è che al momento la richiesta italiana di andare oltre il 2026 non raccoglie molti consensi. Era stato il governo portoghese di Antonio Costa, per primo, ad avanzare una proposta in questo senso, quando ancora l'Italia teneva le sue carte coperte. Ma i potenziali alleati si contano sulle dita di una mano. Vorrebbero la proroga Paesi come l'Ungheria e la Polonia, in ritardo con l'attuazione dei piani per lo stop ai fondi legato alle violazioni dello Stato di diritto.
Sembra interessata la Grecia, ma non certo la Spagna che aveva scelto un approccio diverso dall'Italia, chiedendo prima le risorse a fondo perduto e solo dopo quelle a prestito.
Il problema è che per modificare la data del 2026 serve un accordo all'unanimità tra tutti gli Stati, alcuni dei quali hanno anche bisogno della ratifica nei rispettivi parlamenti nazionali.
Ed è in quest'ottica che a Bruxelles si sta facendo largo l'ipotesi di intervenire per alleggerire gli oneri burocratico-amministrativi che rallentano il passo di marcia dei Paesi beneficiari. Una soluzione vista ancora con sospetto da molti governi, ma che domani dovrebbe arrivare sul tavolo dell'Ecofin per un primo confronto serio tra i ministri.
PASCHAL DONOHOE - GIANCARLO GIORGETTI - PAOLO GENTILONI charles michel giorgia meloni 2PAOLO GENTILONI GIANCARLO GIORGETTI