LA "DUCETTA" SI E’ ROTTA LE PALLE DELL’OSSESSIONE DI SALVINI PER IL VIMINALE: “I PROBLEMI SONO GRANDI, NON CI DORMO LA NOTTE, SERVIREBBE SERIETÀ”. MA "IL TRUCE", INCURANTE DELLA DISFATTA ELETTORALE, CONTINUA A CHIEDERE 4 MINISTERI (TRA CUI L’INTERNO) DA AFFIDARE NON A TECNICI D’AREA COME E’ NELLE INTENZIONI DELLA MELONI, MA A POLITICI. E LANCIA LA SFIDA FINALE A DONNA GIORGIA: "ACCETTO UN NO PER IL VIMINALE SOLO DAL COLLE" – IL VIDEO DELLA MELONI SENZA VOCE: “SUI TEMPI DELL’ESECUTIVO, CHIEDETE AL COLLE, NON A ME” – VIDEO
Emanuele Lauria per la Repubblica
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Nuove schermaglie sul Viminale: la situazione non si sblocca e genera un duello in punta di fioretto ai vertici del centrodestra. Il consiglio federale chiede a Matteo Salvini di andare al ministero dell'Interno: il leader si dice «pronto ad agire per il meglio». In serata, Giorgia Meloni interpreta questa affermazione come un passo indietro: «Salvini conferma la volontà di offrire le risposte migliori al Paese», dice. Ma la Lega è subito costretta a precisare: «Nessuna rinuncia, Salvini si è limitato a prendere atto della richiesta del partito».
Un giallo che non cambia la sostanza delle cose, il muro contro muro su uno degli incarichi-chiave del nuovo esecutivo. Il "parlamentino" della Lega ha depositato tre richieste sul tavolo di Giorgia Meloni. Una sfida alla presidente in pectore. «Sarà un governo politico», sibila Salvini per stoppare la decisione della leader di Fdi di nominare molti tecnici nel suo esecutivo. Seconda istanza: il Carroccio si porta avanti e, sottolineando la perplessità riguardo ai troppi "esterni", chiede che gli vengano attribuiti almeno 4 ministeri, da affidare tutti a parlamentari. Quali? Interno, Agricoltura, Infrastrutture e Riforme con gli Affari regionali.
Questa proposta, avanzata senza una trattativa preventiva con Meloni, porta con sé, seppur non espressi direttamente, anche i nomi dei possibili titolari: e per il Viminale la Lega punta ancora su Matteo Salvini, il nome della discordia. «Riteniamo Salvini la figura più idonea a ricoprire quell'incarico», dice il capogruppo uscente Riccardo Molinari, uscendo dalla riunione a Montecitorio. Più chiaro di così. Il fatto è che Salvini, e molti dei suoi, non credono affatto che dietro la diffidenza di Giorgia Meloni ci sia il veto del Quirinale. «Riteniamo che il no a Salvini al Viminale sia di Giorgia e non del Capo dello Stato.
È una questione politica, la candidata premier magari ha paura che Matteo le faccia ombra», dice un membro del consiglio federale. In realtà, Matteo Salvini ha già recapitato un chiaro messaggio alla candidata premier: «Non posso andare all'Interno? Lo voglio sentire da Mattarella e non da te». Gli altri nomi nell'elenco della destra sono Gian Marco Centinaio per l'Agricoltura, Edoardo Rixi per le Infrastrutture e un mister X per le Riforme. Se Salvini dovesse rinunciare al suo sogno di tornare al ministero dell'Interno, non è da escludere che possa indicare per quel posto un altro nome della Lega (Nicola Molteni).
SALVINI BERLUSCONI MELONI LUPI
O chiedere delle compensazioni, come un ruolo di vicepremier, e accomodarsi all'Agricoltura - ministero di provata rendita elettorale - oppure alle Riforme, che è poi la stessa poltrona dove vent' anni fa sedeva Bossi, con l'obiettivo di placare il popolo del Nord in rivolta sull'autonomia. Il governatore Luca Zaia, esponente di primo piano dei malpancisti, ieri ha ribadito che occorre chiedere gli Affari regionali (collegati con le riforme) ma soprattutto ha fatto opera di ostruzione rispetto alle proposte che stavano emergendo: «Io confermerei tutti i ministri uscenti, Erika Stefani, Massimo Garavaglia e Giancarlo Giorgetti». Ma mentre Zaia pronunciava queste parole, Giorgetti scuoteva il capo, enfatizzando una personale riluttanza nel proseguire allo Sviluppo econonico. Troppa fatica, molte grane (le vertenze aziendali), poca soddisfazione in termini di voto.
Potrebbe andare al Turismo, che poi sarebbe il quinto ministero chiesto dalla Lega. Certamente, Salvini non pensa per Giorgetti a un posto di rilievo nel governo Meloni. Anche se il pioniere leghista ieri non si è tirato indietro nel benedire l'ascesa di Salvini al Viminale. D'altronde, Giorgetti corre pure per la presidenza della Camera. Ma è in realtà la Lega ha nel mirino la guida di Palazzo Madama. Per Roberto Calderoli, navigante di lungo corso del parlamento: a meno che le acque mosse fra Salvini e Meloni non facciano affondare pure lui.
L'IRRITAZIONE DI MELONI "SERVIREBBE PIÙ SOBRIETÀ" PER FDI SOLO TECNICI D'AREA
TOMMASO CIRIACO per la Repubblica
Non bastasse Matteo Salvini, a peggiorare l'umore ci si mette anche una fastidiosa bronchite.
Giorgia Meloni, però, non può riposare. Chiusa nel salone del gruppo, che domina la sommità di Montecitorio, la premier in pectore non si ferma un minuto. A metà pomeriggio, osserva il segretario leghista sbracciarsi per il Viminale, cioè per l'unica casella che mai potrà concedergli. Lo ascolta avanzare addirittura una lista di ministri. E non la prende bene.
La sgrammaticatura è evidente: non c'è ancora un premier incaricato, mancano i presidenti delle Camere, ma il partner di maggioranza pare quasi sostituirsi al Colle. «I problemi sono grandi, non dormo la notte immaginando soluzioni - è il senso dei ragionamenti della leader - servirebbe serietà».
SALVINI BERLUSCONI MELONI LUPI
Per un giorno intero, Meloni e Salvini lavorano a distanza di cento, al massimo centocinquanta metri. Esistono corridoi inaccessibili alla stampa, dunque potrebbero incontrarsi in segreto in qualsiasi momento. Ma cambierebbe pochissimo: la vincitrice delle elezioni si mostra - e si sente - mille chilometri lontana dall'alleato. Mentre si riunisce il "federale" del Carroccio, Meloni sente al telefono Zelensky e Netanyahu.
Poco prima aveva incontrato il ministro Roberto Cingolani per discutere dell'emergenza energia. Diffonde una nota con cui ricorda San Francesco, cita Sergio Mattarella e la Cei e chiede a tutti di «concorrere, pur nelle differenze, all'interesse nazionale ». Nel frattempo, elabora uno schema di gioco inedito, che punta a mettere all'angolo gli alleati nel rebus per il nuovo esecutivo.
La squadra è ancora tutta da definire, ma i suoi fedelissimi iniziano ad aver chiaro un punto strategico decisivo: Meloni sceglierà quasi esclusivamente esperti d'area per i ministeri. Pensa che i problemi giganteschi che ha di fronte il Paese non permettano Cencelli o bilancini. Vuole mostrare a tutti che intende costruire un gruppo competente. E lasciare agli alleati l'onere di sponsorizzare nomi improbabili.
CASA VIANELLO - BY ANNETTA BAUSETTI
Non si tratta di dar vita a un governo tecnico, ovviamente. L'impronta politica la garantirà la presidente del Consiglio, il confronto con le altre forze di maggioranza, l'ampio ricorso a dirigenti di prima fascia per la guida delle commissioni parlamentari. Significa però che farà di tutto per strappare il sì di alcuni tecnici di prima fascia. Sta facendo di tutto per convincere Fabio Panetta a prendere il Tesoro. Cingolani avrà una delega sull'energia, probabilmente. Tecnici come Gianpiero Massolo o Elisabetta Belloni potrebbero giurare agli Esteri. Guido Crosetto alla Difesa, forse. Carlo Nordio alla Giustizia. Proporrà nomi di questa portata, poi si rivolgerà a Salvini e Berlusconi domandando: intendete davvero insistere su alcuni dei profili circolati negli ultimi giorni? Si farà comunque scudo dei suoi uomini di fiducia.
Per Ignazio La Russa immagina il ruolo di Presidente del Senato. Un ruolo di rilievo lo riserverà a Fabio Rampelli. Come sottosegretario alla Presidenza pensa a Giovanbattista Fazzolari. A Raffaele Fitto il ministero per gli Affari europei (una delle poche eccezioni). Giovanni Donzelli resterebbe al partito, mentre Francesco Lollobrigida verrebbe confermato al timone del gruppo di FdI della Camera.
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI A CERNOBBIO MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI BY VUKIC SALVINI MELONI