DA MILITARI A PIRATI A TERRORISTI: I MARÒ EVITANO LA PENA DI MORTE MA RISCHIANO 10 ANNI DI GALERA - BONINO “INDIGNATA”

Giovanni Cerruti per "La Stampa"

La clemenza è fuori discussione, noi siamo indiani...». Il professor Ashutosh Kumar adesso sposta dalla scrivania la ciotola di riso e montone: «Ma arriverà alla fine di questa storia, non adesso».

Nell'aula della Jawaharlal Nehru University tra mezz'ora comincia la lezione, il professore ha una certa fretta, il pranzo è veloce. Dovrà stare attento, dice, a non pronunciare la parola «Marò». «In hindi è l'imperativo del verbo uccidere, non mi sembra il caso». Ai trecento studenti di scienze politiche spiegherà le novità, le ha appena lette sul «Times of India». Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non rischiano più la pena di morte.

Sembra una buona notizia, ma così non è, o non è ancora. Scavando tra codici e commi la procura generale ha scoperto che la pena potrebbe fermarsi ai dieci anni, l'accusa sfuma da «omicidio» a «violenza». Però non cambiano le regole del gioco: l'inchiesta resta alla «Nia», l'antiterrorismo.

E sarà un processo «speciale», quello che risponde al «Sua Act», la legge antiterrorismo e pirateria. E con l'inversione dell'onere della prova: non è l'accusa a dover dimostrare la colpevolezza, ma gli imputati l'innocenza. «Ci opporremo con tutta la nostra violenza, verbale s'intende», è il mantra di Staffan de Mistura, l'inviato del governo italiano.

Dall'Italia tuona il ministro degli Esteri Emma Bonino: «Talune anticipazioni che provengono da New Delhi sull'iter giudiziario del caso dei nostri fucilieri di marina mi lasciano interdetta e indignata». Al titolare della Farnesina non va giù il continuo riferimento alla legge antipirateria. «Il nostro impegno - chiude - di riportare a casa Latorre e Girone è più forte che mai».

Il professor Kumar, 49 anni, è sicuro: «Se vi aspettate che lunedì (domani, ndr) li rimandino in Italia vi sbagliate proprio». Perché questa è una storia «che prima riguardava solo il Kerala, poi tutta l'India e adesso i rapporti tra India e Italia». Kandarp, 24 anni, i baffoni alla mongola, dice che è così: «Colpevoli o innocenti sono ostaggi di Sonia Gandhi. Non le perdonano i suoi rapporti con l'Italia, e pure lei è ostaggio della campagna elettorale. Fossero stati tedeschi o francesi sarebbero già a casa».

Sono tre i giudici della Suprema Corte che dovranno decidere. Non se rimandarli a casa, ma se il processo sarà così come lo vuole il procuratore generale Ge Vahanvati. Ovvio che la difesa dei marò si opporrà «con tutta la violenza verbale», è già successo lunedì scorso quando il procuratore ha definito Latorre e Girone «Contractors». Guardie private, non militari della marina italiana. E poi ci sono accordi firmati da rispettare. Sono passati due anni. Ancora non si conoscono le accuse, le prove. Sicuro che verrà chiesto il ritorno a casa per i due marò. Probabile che tra richieste della procura e repliche degli avvocati la Suprema Corte possa decidere di prendere altro tempo.

Nel viale della Nehru University ci sono i murales di Gandhi, Bob Dylan, Che Guevara. Amid, 24 anni, barbetta e occhiali scuri, è seduto sul muretto di mattoni rossi della facoltà. «Un accordo si troverà - dice - : ma con i tempi nostri, non vostri. La giustizia indiana è capace di tutto anche di cambiare una legge in un paio d'ore».

È quello che sostiene il professor Kumar: «Non dovete dirci cosa o come fare, la soluzione non sarà mai un favore. Ricordate che l'Italia qui ha un problema d'immagine, i giornali scrivono di tangenti, Finmeccanica non è stata invitata alla Fiera Defexpo 2014 dal ministro della Difesa Ak Antony, che è proprio del Kerala».

Ecco, il Kerala dei due morti ammazzati in mare. Dove ieri hanno bruciato in piazza le foto del ministro dell'interno Sushil Kumar Shinde: «Sei un traditore!». E slogan contro il premier Manmohan Singh, e altri contro Sonia Gandhi. Dal Kerala vogliono la pena di morte. «Il governo ha ingannato la nostra comunità nel processo contro chi ha ucciso i nostri due pescatori senza alcuna provocazione» - grida in tv T. Peter, presidente della Federazione Indipendenti.

«Qualunque decisione prenderà, la Suprema Corte resta l'istituzione più rispettata e credibile dell'India», spiega agli studenti il professor Kumar. Con le elezioni di maggio sempre più vicine, poi, il ritorno a casa di Latorre e Girone potrebbe diventare una miccia. «Per la politica indiana è lo stallo perfetto, nessuno vuol diventare protagonista di questa storia». Kandarp si è appena seduto sotto il murale di Gandhi: «Allora avevo capito bene, bisogna aspettare il dopo elezioni...».

 

 

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