giuseppe conte paolo savona

“NON SI PUÒ PIÙ ANDARE AVANTI COSÌ, NON HA SENSO. E LA MANOVRA COM'È NON VA PIÙ BENE: È DA RISCRIVERE”. ANCHE PAOLO SAVONA E’ COSTRETTO A FARE DIETROFRONT  - DOPO LA BOCCIATURA DELLA MANOVRA DA PARTE DELL'UNIONE EUROPEA, LA MAGGIORANZA E’ IN UN VICOLO CIECO MA NESSUNO, NEANCHE L’OPPOSIZIONE, È PREPARATO A UN DEFAULT DEL GOVERNO. SALVINI HA RIUNITO IL SUO STATO MAGGIORE, E INSIEME SI SONO TROVATI DINNANZI A DUE INTERROGATIVI... BELPIETRO: “NON METTEREMMO LA MANO SUL FUOCO SULLA TENUTA DELLA MAGGIORANZA. TIRA ARIA DI GOVERNO TECNICO ALLA MONTI”

1 - IL VICOLO CIECO DELLA MAGGIORANZA «COSÌ NON REGGEREMO A LUNGO»

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

paolo savona

Si vive alla settimana nel governo. La tesi del «non reggeremo a lungo» emerge con chiarezza dai resoconti dei conversari riservati di Di Maio come da quelli di Salvini: è l'unica cosa su cui ormai i vice premier concordano, dopo che la fiducia reciproca si è esaurita. Perché il problema non è scoprire se davvero il leader della Lega abbia fatto «il doppio gioco» sul ddl Anti corruzione, come il capo di M5S sospetta: il problema è il sospetto.

 

E la percezione di una crisi latente è amplificata dal susseguirsi dei vertici, che sono più numerosi dei provvedimenti fin qui varati. Almeno per questo aspetto l'esecutivo del «cambiamento» ricalca le gesta dei gabinetti passati. Se non fosse che il sistema politico vive una situazione inedita: il deterioramento del rapporto non solo è avvenuto troppo presto rispetto al timing che avevano calcolato i due alleati, ma anche rispetto alla tempistica immaginata dai loro avversari.

 

conte salvini di maio

Nessuno è preparato a un default immediato del governo, e nel vicolo cieco si trovano oggi sia la maggioranza che le opposizioni. Infatti i ragionamenti di Di Maio e Salvini sono speculari. Il primo immagina con l' anno nuovo una nuova squadra a palazzo Chigi, ma «obtorto collo» sempre in divisa giallo-verde: perché - per quanto veda emergere «la profonda differenza» con la Lega - sostiene non ci siano «soluzioni alternative».

GIUSEPPE CONTE PAOLO SAVONA

 

Certo sorprende che i grillini riscoprano l' idea della stabilità come valore, ma in fondo anche il leader del Carroccio al momento non vede altre soluzioni: come ha spiegato ai suoi dirigenti «sarebbe per noi una sconfitta se ci fosse una crisi adesso». E anche dopo, se non si andasse subito alle urne.

 

Ecco il punto. Salvini ha analizzato la situazione con il suo stato maggiore, e insieme si sono trovati dinnanzi a due interrogativi: il primo è su cosa aprire l'eventuale crisi; il secondo (che va risolto prima del primo) è capire quale sarebbe a quel punto la prospettiva. Perché - come spiega un autorevole esponente del Carroccio - «non potremmo lasciare il Paese nel caos, o verremmo additati come irresponsabili e pagheremmo il conto».

SALVINI CON IL PUPAZZO DI DI MAIO

 

Ma anche immaginare un governo con gli alleati di centrodestra e con i «responsabili» da trovare in Parlamento sarebbe un ritorno al passato per il leader della Lega, che contrasterebbe con i suoi reali obiettivi. «È una roba che conviene solo a Berlusconi», sorride Bersani. Non a caso il Cavaliere - per ritrovare la centralità politica perduta e tenere uniti i suoi gruppi - insiste a dire che «presto daremo insieme a Matteo un governo vero al Paese».

 

A parte il fatto che Salvini non vuol farsi risucchiare in quelli che considera «vecchi schemi», a parte il fatto che un simile governo dovrebbe impostare una politica economica più aderente ai dettami della Commissione europea, resta il problema del timing e non c'è il tempo necessario a trovare i voti in Parlamento. In ogni caso sono giochi di Palazzo che non fanno i conti con l' emergenza imposta dallo scontro con Bruxelles sulla manovra. Si ritorna così al governo attuale, alla divergenza tra i due vice premier.

giancarlo giorgetti foto mezzelani

 

Il capo di M5S - pressato dai grillini attestati a difesa del reddito di cittadinanza - ritiene che i «numerini» non vadano cambiati, che sullo spread il peggio è passato e che basterà offrire degli «impegni aggiuntivi» all' Unione per aggirare l' ostacolo. Il capo del Carroccio - incalzato da Giorgetti e dall' elettorato produttivo del Nord - è invece preoccupato per la sorte dei titoli di Stato e dal fatto che uno spread costante a 300 punti «l'Italia non lo regge».

 

Due visioni contrapposte, dentro un esecutivo dove ormai i ministri sembrano posizionarsi in vista di nuovi equilibri. E se Tria - come raccontano fonti accreditate - sfruttando il buon rapporto stretto con Salvini pensa di avere un ruolo importante anche in futuro, Savona appare disilluso. Ieri in un convegno, prima ha citato «il maestro Cossiga» per dire che «l' economia è un grande imbroglio politico», poi ha puntato l' indice contro i «sovranismi» che «quasi certamente» danneggeranno lo sviluppo globale.

 

maurizio belpietro sulla terrazza dell atlante star hotel (2)

Una visione argomentata e tranciante, che fa il paio con il giudizio espresso riservatamente sul governo a margine dell' ultimo Consiglio dei ministri: «Non si può più andare avanti così, non ha senso. E la manovra com' è non va più bene: è da riscrivere».

L'affermazione di Savona parte da un convincimento, è la previsione di come andrà a finire l' estremo tentativo di mediazione di Conte con Juncker. E in politica come nello sport squadra (e tattica) che perde si cambia.

 

2 - L'UE ABBAIA, NEL GOVERNO SI MORDONO

Maurizio Belpietro per “la Verità”

 

SALVINI DI MAIO

Siamo stati i primi a segnalare che, in assenza di qualcuno che in Parlamento si contrapponesse alle iniziative del governo, Lega e 5 stelle avrebbero fatto da soli, interpretando due parti in commedia. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, infatti, più che alleati in queste settimane appaiono a turno i leader della maggioranza e dell' opposizione. Una volta è il primo che si schiera contro le modifiche al decreto sicurezza, minacciando di far saltare il banco. Un'altra è il vicepremier pentastellato a dichiarare che sulle tasse o si rispetta il contratto o si va a casa.

 

In principio ci era embrato che il gioco servisse a occupare ogni spazio politico. Essere nei giorni pari il partito di lotta e in quelli dispari il partito di governo poteva aiutare a contentare le varie anime dell' elettorato. Ed è chiaro che le prime settimane dell' esecutivo sono andate proprio così, ossia con la Lega che attraverso il proprio leader insisteva sui temi dell' immigrazione e poi, dopo aver incassato i primi risultati, passava all' opposizione, chiedendo a gran voce un condono fiscale che contentasse i propri sostenitori. Dall' altra parte Luigi Di Maio, a seguito della rassicurazione di una rapida entrata in vigore del reddito di cittadinanza, non poteva tacere godendosi il risultato.

 

CONTE DI MAIO SALVINI

Dunque, indossati i panni del contestatore, il vicepremier si è messo a sparare sulla Tav, mostrando i muscoli sulla prescrizione. In pratica, da quando si sono stretti la mano e hanno sottoscritto il contratto di governo, i due leader che sorreggono la maggioranza non hanno lasciato scorrere un giorno senza punzecchiarsi e, soprattutto, senza smettere di tenere i piedi in due scarpe.

Finora il gioco ha funzionato, per lo meno se si dà retta ai sondaggi. Infatti, nonostante la bocciatura della manovra da parte dell' Europa e sebbene vi sia stata una fiammata dello spread che preoccupa i risparmiatori, il consenso del governo nel suo insieme resta alto.

 

DI MAIO SALVINI

Lega e 5 stelle uniti rappresentano il 60 per cento degli italiani i quali, se si tornasse a votare, premierebbero comunque i partiti di governo, continuando a evitare di mettere la crocetta sui simboli che stanno all'opposizione. È come se, nonostante le scaramucce, gli elettori si fidassero più di Salvini e Di Maio che dei leader rottamati il 4 marzo.

 

Il balletto dei due, in effetti, ha consentito a Lega e 5 stelle di monopolizzare il dibattito politico, senza lasciare alcuno spazio alle opposizioni, le quali, prese come sono da congressi e liti interne (sono riusciti a dividersi perfino gli esponenti di Leu, giungendo a una specie di scissione dell' atomo) appaiono marginali. Tuttavia, quanto potrà durare il botta e risposta fra due parti che dovrebbero marciare compatte e invece appaiono intenzionate ad andare in direzioni opposte?

 

Al di là degli effetti delle sanzioni che l' Ue minaccia ogni giorno (ieri sono proseguite le iniziative per indurre il governo a cambiare rotta su deficit e debito), ciò che si chiedono gli italiani crediamo sia proprio questo. Dureranno e, se dureranno, per fare che cosa?

 

SALVINI DI MAIO

Nelle scorse settimane avremmo giurato che, nonostante tutto, Salvini e Di Maio avrebbero fatto ogni cosa per tenere duro, ma adesso, dopo i ripetuti scontri e le false partenze, non metteremmo la mano sul fuoco sulla tenuta della maggioranza. Certo, i 5 stelle hanno una ragione fortissima per non provocare una crisi che costringa il capo dello Stato a sciogliere il Parlamento. Per via della regola ferrea imposta ai grillini allo scopo di evitare i professionisti della politica, molti di loro, non potrebbero candidarsi a un terzo mandato.

 

E tra questi c' è lo stesso Luigi Di Maio. Dunque, prima di gettare la spugna e rinunciare alla poltrona, i nostri ci penserebbero bene. D'altro canto, proprio per questa ragione, anche la Lega potrebbe ritenere poco furbo staccare la spina, perché tra i 5 stelle potrebbe prevalere l'idea di far salire il Pd sull'autobus di Palazzo Chigi. Del resto, come abbiamo scritto giorni fa, al governo del cambiamento cambiare ministri non dispiacerebbe. Si tratterebbe di un rimpasto, orrenda formula da prima Repubblica, anche se in questo caso forse sarebbe meglio parlare di una nuova maggioranza, con tanto di giravolta del Partito democratico.

SALVINI DI MAIO CONTE

 

Ma tant'è. Qualcuno accarezza anche l'idea che la capriola la faccia la Lega, imbarcando il centrodestra e, per avere i numeri, anche dei nuovi responsabili, ossia dei simil Scilipoti, che però stavolta sarebbero a 5 stelle. Insomma, se questo governo cadesse, come al solito la parola non tornerebbe agli elettori, ma ai partiti, i quali potrebbero fare ciò che hanno sempre fatto, ossia tenere duro prima di confrontarsi con gli italiani.

mario monti

 

Magari varando un governo tecnico alla Monti. È chiaro che a noi questi sistemi non piacciono. Non siamo tifosi del governo gialloblù, ma nemmeno dei voltagabbana, qualsiasi casacca indossino. Per noi questo Paese ha bisogno di molte cose, e tra queste ci mettiamo, oltre al coraggio di rompere gli schemi, anche la chiarezza. Oggi non vediamo molto chiara la direzione intrapresa. Anzi, ci pare che la doppia conduzione ci faccia procedere a zigzag. E, nel tentativo di prendere il volante, Salvini e Di Maio rischino di andare fuoristrada, facendosi - e facendoci - male.

 

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