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MISTERI CONSIP. NEL BROGLIACCIO SULL’INTERCETTAZIONE “TAROCCATA” LA FRASE E’ ATTRIBUITA (CORRETTAMENTE) A BOCCHINO. NELLA INFORMATIVA DI SCAFARTO INVECE A ROMEO. PERCHE’? DUE CARABINIERI SMENTISCONO IL CAPITANO SULLA PRESENZA DEI SERVIZI SEGRETI – ECCO COME FUNZIONANO LE INTERCETTAZIONI E CHI LE ASCOLTA DAVVERO

 

Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera

SCAFARTOSCAFARTO

 

Il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto fu informato dai suoi sottoposti che le verifiche su eventuali pedinamenti compiuti da uomini dei servizi segreti avevano dato esito negativo. La nota di servizio con il risultato degli accertamenti gli fu consegnata a ottobre. Ma nonostante questo, nell' informativa sul caso Consip trasmessa ai magistrati tre mesi dopo, un intero capitolo fu dedicato proprio al ruolo che avrebbero avuto gli 007.

 

Sono stati due carabinieri, interrogati dal pubblico ministero Mario Palazzi, a smentire la versione fornita dal capitano negli atti ufficiali. E il giorno dopo Scafarto ha ricevuto un avviso a comparire per falso. Accusa gravissima che adesso rischia di compromettere l' intera inchiesta e ha riaperto in maniera clamorosa lo scontro tra i magistrati di Roma e Napoli. Al di là delle smentite pubbliche, ieri è stato il capo dell' ufficio partenopeo a voler ribadire la fiducia nell' operato degli investigatori del Noe.

 

LE DUE RELAZIONI

CARABINIERICARABINIERI

Sono due le manipolazioni contestate finora a Scafarto. La prima riguarda la frase intercettata «l' ultima volta che ho incontrato Renzi» attribuita all' imprenditore Alfredo Romeo per dimostrare il suo contatto con Tiziano Renzi, il padre dell' ex presidente del Consiglio. In realtà, come risulta dal brogliaccio, quelle parole sono state pronunciate dal suo collaboratore Italo Bocchino. La seconda, ritenuta altrettanto grave, attiene invece al ruolo dei Servizi.

 

Nell' informativa del 9 gennaio Scafarto parla di «due annotazioni di servizio del 18 e 19 ottobre» e spiega che la seconda «redatta dal brigadiere Locci e dal carabiniere scelto Biancu aveva evidenziato come, mentre i militari si erano recati in piazza Nicosia per effettuare l' acquisizione della spazzatura prodotta dalla Romeo Gestioni spa gli stessi "notavano persone in abiti civili e atteggiamento sospetto..."».

 

TIZIANO RENZITIZIANO RENZI

TESTI DELL' ACCUSA

Locci e Biancu sono stati interrogati come testimoni. E hanno raccontato una versione molto diversa. In particolare hanno chiarito che nell' annotazione del 19 ottobre veniva specificato che «la persona qualificata come sospetta utilizzava un' autovettura Jeep di cui avevano preso la targa». E soprattutto che le verifiche effettuate quel giorno e il giorno dopo avevano permesso di scoprire che quell' uomo era un residente nella stessa strada e non c' era alcun elemento di dubbio nei suoi confronti.

 

«Abbiamo informato in tempo reale il capitano Scafarto del risultato delle nostre ricerche, lui sapeva sin dall' inizio che si trattava di un cittadino italiano nato a Caracas che vive in quella via», hanno sottoscritto nel verbale.

 

INCHIESTA CONSIP - I PIZZINI DI ALFREDO ROMEOINCHIESTA CONSIP - I PIZZINI DI ALFREDO ROMEO

PERQUISIZIONI SOSPETTE

Quanto basta per convincere Palazzi e il procuratore aggiunto Paolo Ielo a convocare Scafarto come indagato e a disporre nuovi accertamenti sull' operato del Noe. In queste ore vengono ripercorsi i contatti dell' ufficiale fuori e dentro il suo ufficio, i rapporti con i collaboratori più stretti, eventuali legami con l' esterno che possano averlo condizionato nel suo lavoro. Ma anche le modalità di acquisizione delle prove allegate al fascicolo.

 

CARLO RUSSOCARLO RUSSO

In particolare si sta ricostruendo che cosa accade proprio il 18 ottobre, quando sarebbe stato trovato nella spazzatura della Romeo Gestioni spa il pizzino scritto da Romeo con le "dazioni" che secondo l' accusa erano per Tiziano Renzi e per il faccendiere Carlo Russo, entrambi indagati per traffico di influenze illecite. Le verifiche affidate ai carabinieri del Nucleo provinciale - dopo la scelta fatta alla fine di febbraio dal procuratore Giuseppe Pignatone di ritirare la delega d' indagine al Noe accusando il reparto dell' Arma di aver fatto filtrare notizie ancora coperte dal segreto istruttorio - mirano tra l' altro a capire se davvero quei documenti siano stati recuperati nell' immondizia o se invece possano essere stati acquisiti in una maniera diversa.

 

STIMA DAL PROCURATORE

ALFREDO ROMEOALFREDO ROMEO

Il sospetto che altri depistaggi possano essere stati compiuti, non fa comunque cambiare idea ai magistrati di Napoli. Dopo una riunione con il pubblico ministero Henry John Woodcock, il procuratore reggente di Napoli Nunzio Fragliasso dirama una nota ufficiale per ribadire la posizione dell' ufficio giudiziario. La premessa appare conciliante perché «esclude categoricamente che vi sia alcun contrasto o alcuna tensione con la Procura della Repubblica di Roma, con la quale vi è piena sintonia istituzionale».

 

Nunzio FragliassoNunzio Fragliasso

Ma subito dopo si chiarisce la decisione presa e si marca la distanza: «Le recenti iniziative investigative assunte, nell' ambito della propria autonomia decisionale, dalla Procura di Roma in relazione a vicende concernenti la Consip, che non sono connesse a quelle per le quali procede questa Procura, allo stato non hanno alcun riflesso sulle indagini condotte dal Noe su delega di questo ufficio». Il messaggio è chiaro: andiamo avanti con il Noe, noi ci fidiamo.

 

 

2. MA LE TOGHE NON ASCOLTANO LE REGISTRAZIONI

 

Luca Fazzo per il Giornale

woodcockwoodcock

 

Racconta Marcello Musso, pubblico ministero a Milano: «Mentirei se dicessi che ascolto personalmente tutte le intercettazioni, perché sarebbe materialmente impossibile. Ma non mi accontento dei riassunti, mi rileggo uno per uno tutti i brogliacci. E le intercettazioni importanti, quelle sì, me le ascolto personalmente». I suoi colleghi in giro per l'Italia fanno come lei? «Non lo so. Ma sono convinto che se non si fa in questo modo, si finisce al guinzaglio della polizia giudiziaria e non si fa il nostro dovere fino in fondo».

 

italo bocchinoitalo bocchino

E quindi? Chi è in Italia ad avere davvero in mano il controllo delle intercettazioni, formidabile strumento di indagine e arma altrettanto micidiale di campagna giornalistica e faida politica? La vicenda dell'inchiesta di Napoli e Roma sulla Consip, e della intercettazione falsamente attribuita a Alfredo Romeo dai carabinieri del Noe col risultato di inguaiare il padre di Matteo Renzi, solleva un tema delicato. Perché si scopre che in questo caso i magistrati romani si sono ben guardati dall'ascoltare personalmente la chiamata.

MARCELLO MUSSOMARCELLO MUSSO

 

Probabilmente non hanno mai nemmeno letto i cosiddetti brogliacci, gli appunti di lavoro in cui pare che la conversazione fosse correttamente attribuita a Italo Bocchino. E si sono accontentati di quanto venne scritto nell'informativa, cioè nella relazione conclusiva, firmata dal capitano Giampaolo Scafarto. Un comportamento incomprensibile, ma purtroppo - a quanto è dato di capire - piuttosto diffuso.

 

Ilda Boccassini Ilda Boccassini

Il meccanismo delle intercettazioni è basato su una serie di passaggi successivi. L'ascolto, in base alle esigenze investigative, può avvenire in diretta o in differita. Le conversazioni vengono registrate dai computer piazzati nelle sale ascolto delle Procure o presso i reparti investigativi, e il primo ad ascoltarle è un sottufficiale (dei carabinieri o della Finanza) o un poliziotto: uomini direttamente coinvolti nelle indagini, in grado di riconoscere le voci, di dare un senso alle chiacchiere.

 

Sono loro a stendere il brogliaccio che consegnano ai loro superiori gerarchici, in genere un ufficiale o un vicequestore. Nel brogliaccio in teoria deve esserci tutto. È l'ufficiale che poi stende, firma e invia al magistrato l'informativa finale, che evidenzia i passaggi delle intercettazioni considerati di maggior interesse. Se il magistrato si accontenta, se non verifica personalmente, elementi decisivi possono - in buona o cattiva fede - venire omessi o stravolti: sia nei brogliacci che nella informativa finale.

PAOLO IELO PMPAOLO IELO PM

 

Ci sono magistrati, come il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, che controllano personalmente la corrispondenza tra brogliacci e informativa. Ce ne sono alcuni, come Musso, che vanno più in là e ascoltano i nastri più rilevanti. Ma ci sono purtroppo molti magistrati che, come nel caso Consip, si accontentano, e prendono per buona la trascrizione che viene loro proposta. A volte per semplice pigrizia, a volte perché risponde ai loro obiettivi.

 

PIGNATONEPIGNATONE

È per questo, tra l'altro, che buona parte dei progetti di legge sull'utilizzo delle intercettazioni non piacciono agli avvocati. Ordinare alla polizia giudiziaria di non trascrivere (nemmeno nei brogliacci, a quanto pare) le conversazioni irrilevanti, come ha fatto il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, aumenta a dismisura il potere del sottufficiale addetto all'ascolto, chiamato a decidere cosa sia utile e cosa inutile. E se nel tritarifiuti delle conversazioni «inutili» finiscono quelle che dimostrano l'innocenza dell'indagato?

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