MO’ SO’ CAZZI VOSTRI! – MATTARELLA HA MESSO SALVINI E DI MAIO AL MURO: IL VOTO "IN PIENA ESTATE" PROVOCHEREBBE ASTENSIONISMI DI MASSA. MA A OTTOBRE SAREBBE PERFINO PEGGIO: AUMENTO DELL'IVA AL 25 %, MANOVRE SPECULATIVE DALL'ESTERO, E IN PIÙ LA CONCRETA PROSPETTIVA CHE IL VOTO-BIS SI RIVELI DEL TUTTO INUTILE, ANZI PEGGIO...
Ugo Magri per la Stampa
Più delle parole, colpisce il tono distaccato, intenzionalmente burocratico, con cui Sergio Mattarella ha letto le due pagine del suo discorso. Qua e là si è avvertito uno sforzo di occultare i sentimenti, di raggelare le proprie emozioni che certi predecessori (pensiamo a Cossiga, a Pertini) avrebbero manifestato senza problemi. Lui no: anche ieri ha voluto essere arbitro fino in fondo, spogliando da se stesso (e trasferendo sui leader) la responsabilità di scelte che egli giudica potenzialmente rovinose.
Ha illustrato dove sta il bene e dove il male, come si fa con gente adulta che poi decide liberamente. Non lo ha fatto per salvarsi la coscienza, assicurano dalle sue parti, ma perché così concepisce la democrazia. E comunque, ha suggerito una possibile via d' uscita, quel governo «di servizio» che fino a dicembre potrebbe occuparsi del «bene comune». Mattarella è arrivato a promettere che, se i partiti nel frattempo raggiungessero un accordo, questo governo di tregua toglierebbe il disturbo un minuto dopo. Mai, fanno pesare sul Colle, un Capo dello Stato aveva mostrato altrettanta disponibilità.
AVVISO AI NAVIGANTI
«Scelgano i partiti», è dunque il succo del messaggio presidenziale. Da una parte ragionevolezza e buon senso; dall' altra avventurosa cecità. In sostanza, Mattarella indica agli elettori con chi dovranno prendersela per tutto quanto di negativo potrà succedere nei prossimi mesi: a questo è servito andare davanti alle telecamere.
E lì, proprio come procedono i notai prima di una stipula importante, Mattarella ha elencato con arida precisione le disgrazie in cui l' Italia rischia di inciampare, procedendo come un treno verso elezioni che nei calcoli del Quirinale (supportati da pareri tecnici ministeriali) difficilmente potranno arrivare prima di domenica 22 luglio.
Il voto «in piena estate» provocherebbe astensionismi di massa. Ma a ottobre, lascia intendere il Presidente, sarebbe perfino peggio: aumento dell' Iva al 25 per cento come risultato dell' inevitabile esercizio provvisorio, manovre speculative dall' estero contro i nostri risparmi, e in più la concreta prospettiva che il voto-bis si riveli del tutto inutile, anzi premessa di molto peggio, di un qualcosa che Mattarella non ha voluto nemmeno evocare ma tra i frequentatori del Colle rappresenta il vero incubo: una crisi istituzionale, di sistema, addirittura di regime.
LA VIA RAGIONEVOLE
Con lo stesso crudele puntiglio, il Capo dello Stato ha dato conto dei due mesi di negoziazioni inutili tra i partiti, liquidando en passant le teorie che Salvini e Berlusconi erano andati a illustrargli circa un presunto diritto del centrodestra a ottenere l' incarico (è solo leggenda, assicurano lassù, che si sia discusso con toni accesi, che Giorgia Meloni abbia dato sulla voce al Presidente, che Mattarella sia stato a sua volta feroce).
Se ci troviamo in questa condizione di stallo, ha voluto sottolineare Mattarella, è perché i partiti non hanno capito che in un sistema tripolare serve l' intesa perlomeno tra due protagonisti, altrimenti non se ne esce. Raccontano che Mattarella avesse messo in conto l' immediata, rumorosa bocciatura della sua proposta.
luigi di maio sergio mattarella
Quando gli hanno riferito a sera che Salvini era stato sprezzante, Di Maio tranchant, e così via, il Presidente ha alzato le spalle: «Tutto previsto e prevedibile». In queste ore sta lavorando al «suo» governo, non più quello di tregua bensì elettorale, che accompagnerà gli elettori alle urne senza pendere né di qua né di là.
Sta vagliando parecchi nomi, soprattutto di donne, personaggi della società civile cui nessuno potrebbe attribuire una casacca di partito. L' incarico forse arriverà oggi, più probabilmente domani. La prossima settimana dibattito in Parlamento. E poi, se nessuno ci avrà ripensato, tutti a casa.