PER DISTRUGGERE NAPOLI NON SERVE IL VESUVIO, BASTA LA POLITICA - È CROLLATO IL “CHIAVICONE”, VECCHIO ARCO BORBONICO DEL LUNGOMARE – RISCHIANO DI ANDARE IN PEZZI ANCHE LA STAZIONE DELLA NAPOLI-PORTICI E IL REAL OSPIZIO DEI POVERI, FRA LE PIÙ GRANDI COSTRUZIONI SETTECENTESCHE D'EUROPA – COSA FA LA POLITICA PER CONTRASTARE IL DEGRADO? NIENTE, VISTO CHE LE ULTIME TRE GIUNTE CITTADINE NON SONO NEMMENO RIUSCITE A SPENDERE I 500 MILIONI STANZIATI DALL'UNESCO...
Antonio E. Piedimonte per "La Stampa"
E alla fine venne giù pure lui. Un crollo annunciato, quasi un conto alla rovescia, perché era chiaro a tutti che i tubi innocenti non avrebbero resistito alle onde e il vecchio arco borbonico del Lungomare sarebbe schiantato sul fondo.
Così, quando la mareggiata se l'è preso, in città è esplosa l'indignazione e addirittura ieri c'è stato chi ha messo dei ceri davanti al parapetto. Il «chiavicone» - così chiamato per la sua origine, sbocco di una fogna ricordata nelle cronache del '600 sulla grande peste - poi divenuto piccolo approdo per i pescatori, era malmesso già da anni.
LA STAZIONE DELLA NAPOLI PORTICI
Simbolo di un abbandono generale, sempre più allarmante. E a rischiare di più sono altri due monumenti anch'essi settecenteschi: la stazione della Napoli-Portici (prima ferrovia d'Italia) e il Real Ospizio dei poveri, come raccontano due studiosi e operatori culturali da decenni in prima linea nella difesa del patrimonio storico-artistico.
«Un brutto modo per festeggiare i 25 anni dell'inserimento del centro storico di Napoli nella lista Unesco dei patrimoni dell'umanità», dice Antonio Pariante, presidente comitato di Santa Maria di Portosalvo. E in effetti sarebbe una celebrazione a dir poco imbarazzante.
«Sarò sintetico: l'Unesco ci ha dato 500 milioni per sistemare l'atavico degrado, ebbene le ultime tre giunte non sono state in grado di portare a termine i progetti e i soldi sono andati quasi tutti perduti. Nella sede romana dell'ente c'è un documento indicato "caso Napoli"».
E poi c' è la piaga delle chiese chiuse e abbandonate. «Sono oltre 250 solo in centro. E dire che proprio il patrimonio chiesastico, uno dei più importanti al mondo, ci fece ottenere il riconoscimento. Ma non dimentichiamo situazioni come la stazione Bayard, ormai quasi un rudere».
Che manca (da sempre) a questa città? «Una vera politica dei beni culturali. E un minimo di coordinamento degli enti preposti». Sulla stessa lunghezza d' onda c'è Carlo Leggieri che con la sua associazione «Celanapoli» è riuscito in un'impresa eccezionale: valorizzare il più nascosto dei "tesori" del borgo Vergini-Sanità: gli ipogei ellenistici, un patrimonio unico al mondo messo a rischio da incuria e degrado.
«Avevo scritto solo pochi giorni fa dell'arco borbonico, si vedeva non poteva reggere. Questa città dovrebbe imparare ad avere cura del suo incredibile patrimonio, unico al mondo». Aggiunge: «Per restare in ambito settecentesco penso anche a Palazzo Fuga, il più grande d'Europa. È una reggia abbandonata nel bel mezzo della città».
L'elenco degli sfregi al patrimonio prenderebbe tutto il giornale. «Dobbiamo dare voce a quelle pietre. Possiamo perdere tutto ma dobbiamo conservare la memoria. La mia generazione di certo non riuscirà a vivere il cambiamento, però noi abbiamo il dovere di provare a innescarlo».