IL SIONISMO RELIGIOSO HA SALVATO BIBI - NETANYAHU RESTA AL POTERE SOPRATTUTTO GRAZIE AI VOTI DEI NAZIONAL-RELIGIOSI CHE HANNO SCELTO IL SUO LIKUD AL POSTO DEI PARTITINI DI DESTRA

Maurizio Molinari per “la Stampa”

 

LIVNI NETANYAHULIVNI NETANYAHU

La vittoria a sorpresa di Benjamin Netanyahu nelle elezioni israeliane nasce da una brusca svolta a destra concordata con l’alleato ora destinato ad avere un ruolo di alto profilo nella nuova coalizione: Naftali Bennett. «Siamo in debito con i nazional-religiosi» dice Gilad Erdan, stretto collaboratore del premier nel primo commento dopo lo spoglio che assegna al Likud 30 seggi sui 120 in palio. E Netanyahu fa a Bennett la prima telefonata dopo la chiusura dei seggi, nonostante il suo «Habaiyt Hayehudì» (Casa Ebraica) sia sceso da 12 a 8 seggi. 
 

NETANYAHU ALL ASSOCIAZIONE DEGLI EBREI AMERICANINETANYAHU ALL ASSOCIAZIONE DEGLI EBREI AMERICANI

IL TRAVASO DI VOTI
Ma è proprio questo arretramento che aiuta a capire dove si è originato il balzo in avanti del Likud che ha smentito sondaggi, previsioni ed analisti. Uri Ariel, parlamentare di «Habaiyt Hayehudì», lo spiega così: «Le destre hanno vinto perché i nostri amici nazional-religiosi hanno votato per il Likud».

 

Guardando il dettaglio della mappa dei risultati elettorali arriva la conferma: negli insediamenti di Ariel e Maalei Adumim, roccaforti dei nazional-religosi Bennett, è il Likud ad aver stravinto. «C’è stato un travaso di voti dai partiti di destra al Likud - commenta Aluf Benn, direttore di Haaretz - che ha fatto la differenza perché il “Campo Sionista” di Isaac Herzog non è stato in grado di fare altrettanto alla propria sinistra nei confronti di Meretz e Yesh Atid». 
 

NAFTALI BENNETTNAFTALI BENNETT

INTESA CON CASA EBRAICA
Tutti i riflettori puntati su Bennett dunque, che commenta: «Non sono dispiaciuto per il nostro risultato in calo, al contrario guardo avanti nel lungo termine e sono fiero dei sionisti religiosi, siamo stati chiamati ad agire e lo abbiamo fatto alla grande». Ayelet Shaked, suo numero 3, lo riassume senza perifrasi: «È stato il sionismo religioso a salvare Netanyahu».

 

La coalizione che ora «Bibi» si accinge a formare nasce dunque attorno al patto di ferro con Bennett, includendo anche «Israel Beitenu» di Avigdor Lieberman, «Kulanu» di Moshe Kachlon e i partiti religiosi «Shas» e «Unione per la Torà» per un totale di 67 seggi che garantisce maggiore stabilità rispetto all’esecutivo precedente.

 

Avigdor LiebermanAvigdor Lieberman

Venerdì saranno pubblicati i risultati ufficiali e il capo dello Stato, Reuven Rivlin, inizia domenica le consultazioni con tutti i partiti: vorrebbe un governo di «unità nazionale», con dentro anche il centrosinistra, ma è Herzog ad escluderlo. Chiama Netanyahu per fargli i complimenti e poi preannuncia «guideremo l’opposizione sperando in tempi migliori».

 

Netanyahu può così andare al Muro del Pianto per ringraziare gli israeliani della «fiducia riposta in me» assicurando che «in tempi stretti» il nuovo governo vedrà la luce inaugurando una nuova stagione di politiche «su sicurezza, economia e sociale».
 

LE NUOVE STRATEGIE
Sulla sicurezza è dove il premier si è spinto più in avanti nel finale di campagna, promettendo «mai lo Stato palestinese» e «migliaia di nuove costruzioni negli insediamenti». Sono due posizioni riprese - letteralmente - da discorsi di Bennett e ciò preannuncia l’intenzione di lasciarsi alle spalle gli accordi di Oslo - firmati nel settembre 1993 fra Rabin, Peres ed Arafat - per concordare con i palestinesi un nuovo status quo.

 

HERZOG LIVNIHERZOG LIVNI

Fonti diplomatiche a Gerusalemme suggeriscono che Netanyahu ne avrebbe già accennato al presidente egiziano Al Sisi e al re giordano Abdallah, preparandosi a discutere tali «nuove idee» con l’amministrazione Obama dove la sua riconferma è stata ricevuta con disappunto.

 

L’altro fronte riguarda invece le riforme economiche per la necessità di disinnescare lo scontento sociale che ha minacciato di far perdere le elezioni al Likud e qui in cattedra ci sarà Kachlun. Per il resto, in Israele è processo ai sondaggi errati: alla radice vi sarebbe un errata valutazione dei campioni perché su 7000 stazioni di rilevamento esistenti ad essere considerate sono sempre e solo 200, posizionate in gran parte in aree urbane laburiste e quasi del tutto assenti negli insediamenti ebraici in Cisgiordania, da dove è arrivata la «resurrezione di Bibi» come la definiscono le tv locali.

 

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