NO, LA CASSAZIONE NON HA DATO RAGIONE ALLA MELONI SUI MIGRANTI – NONOSTANTE I PROCLAMI DELLA DESTRA, L’ORDINANZA DELLO SCORSO 30 DICEMBRE NON HA ACCOLTO IL RICORSO DEL GOVERNO CONTRO IL TIBUNALE DI ROMA (CHE NON AVEVA CONVALIDATO I TRATTENIMENTI DI MIGRANTI) - LA CORTE HA EMESSO UN PROVVEDIMENTO “TRANSITORIO”, IN ATTESA CHE SI PRONUNCI LA CORTE EUROPEA - MA PER LA CASSAZIONE IL GIUDICE HA IL POTERE DI DISAPPLICARE IL DECRETO DEL GOVERNO “CASO PER CASO”: “IL GIUDICE È CHIAMATO A RISCONTRARE LA SUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI DI LEGITTIMITÀ DELLA DESIGNAZIONE DI UN CERTO PAESE DI ORIGINE COME SICURO…”
Estratto dell’articolo di Antonio Esposito per “il Fatto quotidiano”
PALAZZO DELLA CORTE DI CASSAZIONE - PALAZZACCIO
[…] L’ultima mistificazione riguarda l’ordinanza emessa il 30.12 dalla Cassazione in tema di migranti che viene trionfalmente evocata al fine di divulgare la falsa notizia che avrebbe “dato ragione al governo e torto a quei magistrati che fanno un uso politico della giustizia” (così Gasparri di FI). A sua volta, il noto “gaffeur”, sottosegretario alla Giustizia di FdI Delmastro, esulta: “La Cassazione pone una pietra tombale sulle speranze immigrazioniste della sinistra italiana: la lista della definizione dei Paesi sicuri spetta al governo, così come le politiche migratorie”.
matteo piantedosi e giorgia meloni in albania con edi rama ai futuri centri migranti
In realtà, la Cassazione ha detto qualcosa di molto diverso. Vi era da esultare se la Corte avesse accolto il ricorso del governo avverso la sentenza del Tribunale di Roma, ma non è stato così. La Cassazione, con un provvedimento interlocutorio, ha sospeso il giudizio in attesa che si pronunzi (25.2) la Corte europea di giustizia investita della medesima questione da numerosi giudici italiani (Tribunali Firenze, Bologna, Roma), ritenendo tale pronuncia “destinata ad avere effetti sulla decisione che la Cassazione è chiamata a emettere”.
Già questo dimostra inequivocabilmente che la Cassazione ha ritenuto corretta la procedura adottata dai predetti magistrati del “rinvio pregiudiziale” alla Corte sovranazionale dell’Aia, procedura che era stata invece contestata dal governo. È vero che la Cassazione ha affermato che “la designazione di Paese sicuro spetta in via generale soltanto al ministro degli Affari esteri e degli altri ministri che intervengono in sede di concerto”, ma anche qui l’esultanza è strumentale perché si tratta di un principio incontestabile dal momento che nessuno ha mai messo in discussione il potere dell’esecutivo di designare i “Paesi sicuri”.
Ciò che, invece, era in discussione – e veniva contestato dall’esecutivo che accusava i giudici di non applicare il decreto governativo e di fare così un uso politico della giustizia con provvedimenti “abnormi” (così il ministro di Giustizia Nordio) – era il potere del giudice di disapplicare l’atto normativo.
E anche su tale questione, la Cassazione ha dato ragione ai magistrati. Invero, la Corte – dopo aver più volte affermato che “il giudice è garante della effettività del diritto fondamentale alla libertà personale” – aggiunge che egli “non si sostituisce al governo, ma è chiamato a riscontrare nell’ambito del suo potere istituzionale la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo Paese di origine come sicuro, rappresentando tale designazione uno dei presupposti giustificativi della misura di trattenimento”;
MEME GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI
e ciò dopo aver affermato che “il giudice ordinario, sebbene non possa sostituirsi all’autorità governativa, ha, non di meno, il potere-dovere di esercitare il sindacato di legittimità del decreto ministeriale nella parte in cui inserisce un certo Paese di origine tra quelli sicuri, ove esso contrasti in modo manifesto con la normativa europea”.
In conclusione, la Cassazione, a differenza di quanto sostenuto dal governo che aveva con forza attaccato i magistrati, ha ribadito il principio che il giudice può disapplicare l’atto normativo e ciò avviene “incidenter tantum” e “in parte qua”, valevole, quindi, non “erga omnes” e, cioè, per la generalità dei casi, ma per il singolo caso previo accertamento della sussistenza di gravi motivi per ritenere che il “Paese di origine non è sicuro per la situazione particolare in cui il richiedente si trova... tenendo conto delle univoche ed evidenti fonti di informazione affidabili e aggiornate sul Paese di origine del richiedente”. [...]