giorgia meloni matteo salvini truzzu

“NON MI VOLEVI VICINO SUL PALCO, EH?” – A CAGLIARI, PER IL COMIZIO CON IL CANDIDATO GOVERNATORE TRUZZU, SALVINI PUNGE GIORGIA MELONI – I DUE SONO DIVISI SU TUTTO: LA DUCETTA E’ INCAZZATA PER LE AMBIGUITA’ DEL LEGHISTA SUL CASO NAVALNY - LE SPACCATURE SUL TERZO MANDATO - LA LEGA RITIRA L'EMENDAMENTO PER I SINDACI DEI GRANDI COMUNI. RESTA SUL TAVOLO LA PROPOSTA DI MODIFICA PER IL TERZO MANDATO AI GOVERNATORI - VIDEO

 

MATTEO SALVINI AL COMIZIO PER PAOLO TRUZZU – Foto Gianluca Zuddas/LaPresse

(ANSA) La Lega ritira l'emendamento per il terzo mandato ai sindaci. La proposta aveva avuto il parere contrario del governo. Lo si apprende da fonti parlamentari.

 

L'emendamento sul terzo mandato ai sindaci ritirato dalla Lega dopo il parere contrario del governo riguarda i grandi comuni, quelli con più di 15mila abitanti. Rimane sul tavolo, per ora, la proposta di modifica che riguarda il terzo mandato ai governatori e che in modo particolare coinvolge i governatore del Veneto, Luca Zaia.

 

 

 

DA NAVALNY AL TERZO MANDATO, GELO TRA MELONI E SALVINI.

Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti

MELONI TAJANI SALVINI AL COMIZIO PER TRUZZU

L’ultimo a salire sul palco è Matteo Salvini. Suona Mameli, sventolano bandiere. Il leghista si ritrova ai margini della foto di famiglia. Guarda la premier, che gli fa cenno: «Vieni». Lui va. E le sussurra: «Non mi volevi vicino, eh?». Lei sorride mentre canta — «l’Italia s’è destaaa » — e gli tira un colpetto di gomito all’altezza del costato. Sorrisi e falli di reazione, veleni e ipocrisie. I due si giurano «un governo di cinque anni», tutto facile perché «in Giorgia ho trovato un’amica». E intanto litigano. Costruiscono trappole dietro le quinte. E non si fidano.

 

Non perché lo scrivono «i giornaloni », ma perché — non è un mistero — preparano la resa dei conti dopo le Europee. E rischiano di frantumarsi già oggi sul terzo mandato.

MELONI TAJANI SALVINI AL COMIZIO PER TRUZZU

Sul volo Az delle 14.15 che decolla da Fiumicino i due leader si ignorano. Meloni siede davanti, l’alleato è dieci file più indietro. Neanche sulla scaletta si ritrovano. Si parlano dietro al palco del comizio di Cagliari, cinque minuti e una foto. Non sufficienti a ritrovarsi sul terzo mandato: se la Lega non ritirerà l’emendamento — si vota oggi, aleggia un rinvio — FdI dirà no e farà scattare la conta.

 

La verità? Alessandra Todde, candidata dei giallorossi in Sardegna, ha già compiuto un miracolo: costringere la destra a cessare le ostilità per un giorno, mentre in Parlamento pianificano assalti. Evocare la pace, per paura di perdere un’Isola già vinta. I sondaggi non si possono citare, ma insomma: i meloniani giurano di essere avanti, temendo però la rimonta. Soprattutto se Renato Soru dovesse fare flop, riducendo l’emorragia a sinistra.

 

MELONI SALVINI

Ecco perché Meloni si trasforma.

Davanti ai militanti sceglie un tono teatrale: voce in falsetto, battute, un breve balletto, smorfie studiate, attacchi mirati. Performance di oggettivo livello scenico, toni durissimi.

Contro il centrosinistra: «Il campo largo? Ma che è, un campo da calcio? I sardi non meritano di essere cavie di un esperimento che mette insieme gente che a Roma manco si guarda». 

 

(...)

Ma non basta. C’è un fossato grande come la Russia a dividerli. Ci sono le tesi di Salvini su Navalny a imbarazzare Meloni. Da quando il dissidente è stato ucciso, Palazzo Chigi si è limitato a quattro righe di comunicato. Neanche ieri la premier condanna l’alleato, però. Poco prima del comizio, si concede un riposino in un hotel di Cagliari. Alcuni giornalisti l’attendono per chiederle di Navalny. Lo staff la fa uscire dal retro.

SALVINI MELONI

 

Nel faccia a faccia con Salvini però Meloni avrebbe chiesto all’alleato di «evitare ambiguità», anche in vista del G7 che presiederà sabato.

 

In Sardegna il massimo che la leader concede alla realtà conflittuale della destra è un brevissimo passaggio, «a volte discutiamo o ci sono specificità». Per il resto, il comizio diventa una piccola gara a chi spara il mortaretto più rumoroso. Utile magari a respingere l’appello alla resistenza antifascista di Todde. Tajani che fa finta di cercare cosa si ritrova in testa e dice: «Non vedo fez, né camicia nera, manganello e olio di ricino ». Salvini che rilancia: «Dirsi fascisti nel 2024 è fuori dal tempo». Meloni che spinge sul premierato: «Se passa, posso smettere di fare questo lavoro. Scherzo! Governeremo cinque, dieci anni...». Salvini che parla della droga: «È una merda. E chi si droga è coglione!».

 

MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI

Per poi aggiungere, forse la vetta di giornata: per fortuna le tv locali parlano della Sardegna, perché quelle nazionali non fanno «servizio pubblico» e l’hanno «cancellata». Sì, la Rai, in mano alla destra. Chiude Meloni, attaccando la sinistra: «Lo spread sale, dicevano, così mettiamo un altro governo tecnico, un inciucione… si sono svegliati sudati!». Domenica si vota, poi si torna a litigare.

 

 

 

 

 

SUL TERZO MANDATO OGGI SI ANDRÀ ALLA CONTA

Francesco Malfetano e Francesco Bechis per il Messaggero - Estratti

 

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani atreju

Sul palco si promettono amicizia e lealtà. Se non eterna, lunga: «Staremo insieme cinque anni». In alta quota invece si salutano in fretta, poi siedono distanti sul volo di linea che da Fiumicino porta i due leader al comizio del centrodestra a Cagliari. Giorgia Meloni e Matteo Salvini «non hanno bisogno di un vertice» per chiarirsi, dicono dagli staff. Eppure, al netto della compattezza sbandierata in pubblico, non tutto è stato chiarito.

 

Oggi sul terzo mandato dei governatori si andrà alla conta. Al Senato, dove è atteso il voto del decreto sull'Election day, il pallottoliere della maggioranza vacillerà. Perché la Lega farà mettere al voto l'emendamento che chiede di aumentare da due a tre i mandati per i governatori delle Regioni. Che però sarà bocciato dal resto del centrodestra: sia il partito della premier, sia Forza Italia e Noi Moderati non daranno via libera al nuovo blitz leghista.

 

giorgia meloni matteo salvini atreju

Con le opposizioni pronte a prendere in mano i pop-corn: il Pd uscirà dall'aula per godersi lo spettacolo, «lasciamoli litigare». I Cinque Stelle, contrari al terzo mandato, sono tentati anche loro dall'Aventino. Italia Viva, invece, di votare a favore. A fine giornata, quando Meloni e Salvini hanno finito di dare manforte al candidato sardo Truzzu, lo stallo sulla grande partita delle Regioni rimane e tiene il fiato sospeso alla maggioranza.

 

Salvini ha deciso di tenere la barra dritta. E ha affidato la linea ai suoi colonnelli, a partire dal fedelissimo capogruppo al Senato Massimiliano Romeo: «Sul terzo mandato si andrà avanti in ogni caso». È una partita dall'esito scontato, questo il leader della Lega lo sa. Perché rompere il tetto dei mandati ai presidenti di Regione significa spianare la strada a una ricandidatura di Luca Zaia in Veneto nel 2025.

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani atreju

 

Meloni però non vuole saperne. Con i sondaggi che proiettano Fratelli d'Italia al 30 per cento alle prossime Europee, un'ipoteca del Carroccio sul Nord-Est non è un'opzione per la timoniera del governo. Salvini lo sa, ma deve andare avanti: lo ha promesso a Zaia, il "Doge" che in Veneto ha in mano il partito e un movimento politico che travalica i confini leghisti e può fare la differenza al voto Ue di giugno. Qualcuno ieri immaginava comunque un passo indietro.

 

SALVINI AL COMIZIO PER TRUZZU

(…) Al quartier generale dei "patrioti" a via della Scrofa scrollano le spalle: «Speriamo ancora che Salvini faccia ritirare all'ultimo l'emendamento». Anche perché, fanno filtrare dal cerchio magico meloniano, chissà se per prendere altro tempo, «dopo le Europee possiamo riparlare di terzo mandato». Intanto la Lega va allo showdown. E cerca così di tenere unita la sua gamba veneta e il mattatore di voti Zaia, che Salvini spera ancora di candidare alle Europee.

 

Per un chiarimento fra Giorgia e Matteo c'è sempre tempo. Né mancano gli argomenti. Come quei distinguo di Salvini sulla morte in gulag di Navalny, «aspettiamo i giudici», a cui Meloni per ora risponde a distanza. La strigliata alla Farnesina dell'ambasciatore russo Paramonov, ieri. L'adunata in videoconferenza dei leader G7 a difesa dell'Ucraina aggredita, sabato, nel secondo anniversario della guerra. L'imminente viaggio a Kiev per riabbracciare Zelensky. Convinta, la premier, che per andare d'accordo con l'alleato non servano chissà quali riunioni e caminetti: «Noi, a differenza della sinistra, una sintesi la troviamo sempre». Francesco Bechis Francesco Malfetano

MELONI AL COMIZIO PER TRUZZUGIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI

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