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LA NUOVA RETROMARCIA DELLA MELONI È SUL MES: L’ITALIA RATIFICHERÀ IL TRATTATO SUL FONDO SALVA STATI. LA PROVA È NELLE PAROLE DEL PRESIDENTE DELL’EUROGRUPPO, PASCHAL DONOHOE, CHE IERI, DOPO AVER INCONTRATO GIORGETTI, SI È SBILANCIATO: “RIUSCIREMO A COMPIERE PROGRESSI NELLA RATIFICA E NELL'ATTUAZIONE DEL TRATTATO MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ” – L’ESECUTIVO ORMAI È RASSEGNATO: “NON HA SENSO LASCIARE BLOCCATI LÌ DECINE DI MILIARDI DI EURO” – LA MANOVRA A TENAGLIA DI DONOHOE E VON DER LEYEN SU ENERGIA, DEBITO E PNRR…

1. MES, L'UE ATTENDE IL VIA LIBERA ITALIANO IL GOVERNO APRE: NON BLOCCHIAMO I SOLDI

Da “la Stampa”

 

PASCHAL DONOHOE - GIANCARLO GIORGETTI - PAOLO GENTILONI

La ratifica del trattato del Mes è sempre più vicina. L'Italia è l'ultima all'appello e Giorgia Meloni ha lasciato intendere con sempre minore vaghezza che non si può paralizzare il processo.

 

A esserne praticamente certo è il presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe: «Sono convinto che riusciremo a compiere progressi nella ratifica e nell'attuazione del trattato Meccanismo europeo di stabilità». Le parole di Donohoe hanno un peso perché arrivano dopo un incontro con il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Alla fine del colloquio da via XX settembre si ammette che «si è parlato anche della riforma del trattato del Mes». E quindi l'indizio.

 

GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI

La ratifica del Mes non significa che l'Italia voglia ricorrere al fondo "Salva Stati", cosa che Meloni ha negato fino a «scriverlo con il sangue», a causa delle troppe condizionalità previste.

 

Il governo ha preferito rimandare fino a oggi la decisione sul trattato, prima dicendo di attendere la decisione dell'Alta corte tedesca e una volta arrivato l'ok dei giudici di Berlino rimettendosi a una generica «volontà del Parlamento».

 

Meloni, però, ha lasciato intendere che l'Italia non vuole rimanere l'ultimo Paese a fermare il processo di approvazione, «non ha senso lasciare bloccati lì decine di miliardi di euro che potrebbero essere usati diversamente». Donohoe si è detto ottimista: «Negoziamo accordi con la buona fede che tutte le parti rispettino i propri impegni. Questa fiducia è fondamentale per il funzionamento dell'Ue».

 

URSULA VON DER LEYEN E GIORGIA MELONI

Meloni alla fine del 2022 ha chiesto un incontro con il direttore del Mes per negoziare delle modifiche, che però rischiano di arrivare fuori tempo massimo. Ma le opposizioni chiedono maggiore chiarezza: «Chissà in che modo il ministro Giorgetti avrà spiegato a Donohoe la posizione dell'esecutivo italiano», osserva Osvaldo Napoli di Azione.

 

 Ma al centro dell'incontro tra il presidente dell'Eurogruppo e Giorgetti c'è soprattutto l'inflazione: «La nostra massima priorità è combatterla attraverso un'azione coordinata dell'Unione europea», spiega Donohoe. Giorgetti concorda: «In questo contesto, riteniamo che un coordinamento efficace e azioni congiunte a livello europeo siano essenziali».

 

GIORGIA MELONI E ursula von der leyen A ROMA 1

2. ENERGIA, MES E BILANCIO: I CANTIERI FRA ITALIA E UE

Federico Fubini per il “Corriere della Sera”

 

È un caso, ma uno di quelli che fanno riflettere: ieri a Roma nelle stesse ore sono passati prima Ursula von der Leyen, poi Pascal Donohe. Presidente della Commissione una, presidente dell’Eurogruppo dei ministri finanziari l’altro. La coincidenza è una pura combinazione per quanto riguarda i tempi, ma politicamente lo è molto meno.

 

meccanismo europeo di stabilita'

Se c’è qualcosa che essa segnala, non è il fatto che l’Italia sia oggi una sorvegliata speciale nell’Unione europea come poteva esserlo la Grecia nel 2015 o il governo giallo-verde a Roma nel 2018. Piuttosto, è una tensione più sottile. Perché lavorando nel merito delle cose da fare, senza proclami, le figure di vertice di Bruxelles cercano di aiutare il nuovo governo a muovere l’ultimo passo: da una critica radicale del sistema a un ruolo politico - a volte in minoranza, altre con la maggioranza - ma all’interno di esso.

 

raffaele fitto foto di bacco

Le decisioni da prendere sul Pnrr

Né Von der Leyen, né Donohe naturalmente ieri hanno parlato di niente del genere. Non avevano lezioni da impartire. Per stile e per il loro ruolo nessuno dei due si lascia andare in elucubrazioni sui massimi sistemi, piuttosto si esprimono attraverso il lavoro sui dossier specifici.

 

Ed è qui che i nodi stanno venendo al pettine e si entra, a Roma come a Bruxelles, in una stagione di scelte che comunque segneranno a fondo il cammino di questo governo italiano.

 

URSULA VON DER LEYEN GIORGIA MELONI

Davanti a tutte ci sono le decisioni da prendere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, naturalmente. Passata la boa delle 55 riforme portate a termine entro dicembre per poter chiedere una nuova erogazione da 19 miliardi di euro, adesso il governo è a un bivio insieme simbolico e concreto.

 

Ieri Von der Leyen ne ha parlato a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. La premier stessa in campagna elettorale aveva sempre detto di voler rivedere il Pnrr e adesso se ne presenta l’occasione. La guerra e la crisi dell’energia hanno cambiato il quadro.

 

Nei prossimi mesi molti Paesi apporteranno modifiche ai loro piani, minori per lo più. L’intesa di Palazzo con Von der Leyen, per ora vaga e di principio, è che nel nuovo Pnrr l’Italia integri elementi di RePowerEU: linguaggio in codice bruxellese per misure e politiche volte ad accelerare l’autonomia energetica.

 

Il sondaggio

Già, ma quali? La verità è che niente è ancora pronto a Roma. Dai prossimi giorni Raffaele Fitto, il ministro degli Affari europei con delega al Pnrr, inizierà a incontrare i vertici e i tecnici delle grandi imprese di Stato dell’energia (Eni, Enel, Snam, Terna) per sondare quali siano i loro progetti e capire se sia il caso di integrarli nel Piano nazionale.

raffaele fitto giancarlo giorgetti paolo gentiloni

 

Persino fino ad Algeri si sente aria di un’occasione da sfruttare perché nei giorni scorsi il ministro dell’Energia, Mohamed Arkab, è tornato a caldeggiare di un gasdotto Algeria-Sardegna-Piombino. In Italia quel progetto non convince. Anche perché il gas algerino ha sostituito quello russo così presto e così bene che ormai ci si chiede se sia saggio passare dalla dipendenza da un’autocrazia euroasiatica a quella da una dittatura nordafricana. Diversificazione, semmai, sarà la parola d’ordine.

 

Il raddoppio del Tap

meccanismo europeo di stabilita' 2

Per questo sembra più importante il raddoppio del Tap, il gasdotto che dall’Azerbaigian porta in Puglia tramite Turchia, Bulgaria, Grecia e Albania. Questo mese finisce il «market test», la consultazione con i grandi intermediari di gas per capire se c’è interesse al raddoppio (a 20 miliardi di metri cubi l’anno) sui prossimi decenni.

 

Ma nei tratti europei i lavori non sarebbero molti: per l’Italia 25 chilometri in mare e otto a terra, per spese contenute al massimo in quattro miliardi - forse molto meno - e già finanziate in parte da fondi europei in quanto «progetti d’interesse comune». Qualcosa di simile vale anche per il gasdotto della Linea adriatica, da Massafra in Puglia verso Nord.

GIORGIA MELONI E ursula von der leyen A ROMA 4

Anche quello è un «progetto d’interesse comune» di Bruxelles, anche quello è già finanziato per metà a fondo perduto con risorse europee fuori dal Pnrr. Stessa storia con Elmed, il cavo di trasmissione dell’elettricità dai campi fotovoltaici della Tunisia fino in Sicilia (ci lavora Terna).

 

Anche quello è «d’interesse comune» e già co-finanziato da Bruxelles. Resterebbe certo da costruire il rigassificatore già autorizzato all’Enel a Porto Empedocle, ma non necessariamente il tubo sottomarino del gas dalla Spagna a Livorno perché in queste settimane c’è stata un’improvvisa presa d’atto: con i nuovi accordi algerini, i nuovi rigassificatori di Piombino e Ravenna e il raddoppio del Tap, l’Italia sanerà presto i danni della rottura con Mosca.

 

Le infrastrutture per trasmettere energia solare da Sud a Nord

Nuovi prestiti europei a tassi agevolati, ottenibili fra i circa 100 miliardi di fondi del Recovery non richiesti da altri governi, possono certo servire a innervare l’Italia di cavi per trasmettere l’energia solare da Sud a Nord.

 

i no tap contro il gasdotto in puglia 3

O magari per parchi di rinnovabili finanziati direttamente con il Pnrr. Ma bisogna fare in fretta, perché tutti i progetti devono essere pronti nei dettagli entro fine marzo in modo che possano passare ai vagli di Bruxelles. E bisogna fare con attenzione, perché quei nuovi fondi andrebbero dritti nel debito pubblico quindi - se li prende - a qualche altra promessa il governo dovrà pur rinunciare.

 

La sostenibilità del debito

È ciò di cui Paschal Donohoe ha parlato ieri con Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Economia. Il presidente dell’Eurogruppo ha iniziato da Roma il suo giro delle capitali per sentire le posizioni di ciascuno sulle nuove ipotesi di regole di bilancio.

 

claudio descalzi con il presidente di sonatrach, toufik hakkar

La proposta della Commissione ha aspetti che possono aiutare l’Italia: un passo più lento nel calo del debito, fino a sette anni per il risanamento strutturale del deficit se intanto si fanno riforme vere. Giorgetti però ha fatto presente anche ciò che apprezza meno, ben al di là del maggiore automatismo delle multe per chi viola le regole: all’Italia non piace che al centro dei piani di risanamento ci sia un’«analisi di sostenibilità del debito» fatta con criteri poco chiari. Sarà un nervo scoperto.

 

GIORGIA MELONI E ursula von der leyen A ROMA 2

Come scoperto è il nervo dell’onda di piena di aiuti di Stato all’industria che Bruxelles sta per autorizzare in risposto ai sussidi della Casa Bianca, ma che favoriranno soprattutto chi può permetterseli: Germania e, un po’ meno, Francia. Con l’industria italiana che rischia dunque di perdere competitività. Tutti questi sono i temi sui cui il governo si confronterà nei prossimi mesi. Qualche argomento c’è, purché il governo non si tagli fuori da sé rifiutandosi di ratificare la riforma del fondo salvataggi (Mes) o attaccando in modo scomposto i banchieri centrali di Francoforte. Ma, appunto, è la differenza fra giocare contro un sistema e giocarci dentro.

RAFFAELE FITTO GIORGIA MELONI claudio descalzi con il presidente di sonatrach, toufik hakkar 2

 

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