LA COLPA È SEMPRE DEGLI ALTRI – IL “CASTORO D’ORO” DELLA ROSICATA ALLA MORETTI, CHE DICE DI AVER PAGATO “IL GIUDIZIO SUL GOVERNO” – SCARICABARILE ANCHE DELLA PAITA CHE INCOLPA PASTORINO E GENOVA, “UNA CITTÀ CHE NON AMA LE DONNE”
Marco Gorra per “Libero Quotidiano”
Una volta, almeno a perdere erano capaci: minimizzavano, facevano quelli che la prendevano con sportività, si complimentavano con l’avversario, davano alle stampe comunicati decoubertiniani all’insegna del «lavorerò con spirito costruttivo» e del «vigilerò fermamente sui provvedimenti». Erano bravissimi, quelli di sinistra. Allenati alla sconfitta da decenni di fattore K e statutariamente ligi alla linea leninista quanto a dissimulazione, avevano imparato a perdere con una classe davvero invidiabile.
Nulla che abbia retto al ricambio generazionale: vuoi per incultura, vuoi per aver preso troppo sul serio la storia della vocazione maggioritaria, vuoi perché le scuole di partito oggidì non si portano più, le nuove leve progressiste si rivelano drammaticamente incapaci di fare i conti con l’idea stessa di sconfitta. Simili a tifosi che, il derby appena perso, si aggirano cupi in tribuna cercando qualsiasi cosa da incolpare (sia esso l’arbitro, la sfortuna, il complotto del Palazzo, l’anticiclone delle Azzorre) pur di non farsi nemmeno sfiorare dall’idea che si sia perso semplicemente perché erano più forti quegli altri, gli eredi del comunismo sono diventati dei rosiconi fatti e finiti.
Per rendersene conto, basta vedere le reazioni all’insuccesso arrivate nelle due regioni perse: Veneto e Liguria. Ad aggiudicarsi il Castoro d’Oro risulta per distacco Alessandra Moretti, uscita sconfitta nell’ex Serenissima dal leghista Luca Zaia. Costei è infatti riuscita a dare la colpa della debacle nientemeno che a Matteo Renzi: cioè a chi le ha permesso di riciclarsi da bersaniana che era candidandola prima alla Camera, poi all’Europarlamento e dopo ancora alla Regione. E quale miglior modo per ringraziare chi ha tenuto artificialmente in vita la tua carriera politica di dargli la colpa perché sei stata asfaltata?
Detto, fatto: «Su di me», ha avuto il coraggio di dire la signora, «ha pesato anche un giudizio sull’operato del governo». Tradotto: fosse stato per me me la sarei anche giocata, peccato per quel poco di buono di Renzi che ha insistito a sponsorizzarmi e mi ha offuscato lo stellone. Chapeau.
Seconda di un’incollatura Raffaella Paita, sconfitta in Liguria dal berlusconiano Giovanni Toti. Costei performa un difficilissimo esercizio di rosicamento duplice: da una parte arrampicandosi sui numeri ed incolpando la candidatura di disturbo del civatiano Luca Pastorino (il fatto che la somma dei voti di Pastorino e Paita dia un totale inferiore ai voti di Toti è un dettaglio secondario), dall’altra rispolverando il classico del vittimismo sessualmente corretto al grido di «a questa città le donne non sono mai piaciute».
Dignitosa terza piazza per Claudio Burlando, governatore ligure uscente e grande mentore della Paita: «Nel Pd c’è stata una profondissima lacerazione che ha spinto al non voto», sostiene. E di chi sarà mai la colpa della lacerazione? Ma di Sergio Cofferati, ovviamente. Il quale «non ha accettato il risultato delle primarie» col risultato di interpretare «il voto regionale come una battaglia contro Renzi». L’idea che fosse molto meno ridicolo ammettere di avere perso per demeriti propri, purtroppo, non ha sfiorato nessuno.