“PAPÀ È IN CORSA, VOTATELO” – L’APPELLO SUI SOCIAL DELLE FIGLIE DI FRANCESCO LOMBARDO, CANDIDATO DI FRATELLI D’ITALIA FINITO IN MANETTE PER VOTO DI SCAMBIO POLITICO-MAFIOSO: HA CHIESTO UNA MANO AL BOSS VINCENZO VELLA AL QUALE HA PROMESSO IN CAMBIO SOSTEGNO PER QUESTIONI DI “SUOLO PUBBLICO” – IL SUO ARRESTO, INSIEME A QUELLO DI PIETRO POLIZZI, METTE A RISCHIO QUELLA CHE SEMBRAVA UNA VITTORIA CERTA DI LAGALLA AL PRIMO TURNO. E I PM LANCIANO L’ALLARME SULLE ELEZIONI: “IL VOTO VIENE USATO COME MERCE…”
Riccardo Arena per "La Stampa"
La Procura sottolinea l'emergenza democratica suscitata dal secondo episodio - nel giro di pochi giorni - di trattativa fra un aspirante consigliere comunale di Palermo e un boss mafioso. E subito ecco le figlie di Francesco Lombardo, uno dei due candidati arrestati, sollecitare comunque il voto per il genitore. Nonostante Lombardo, esponente di Fratelli d'Italia, sia in cella per voto di scambio politico-mafioso, le figlie ricordano che «è ancora candidato al Consiglio comunale e il 12 giugno (oggi, ndr) potete andare tutti a votarlo per dimostrare realmente che persona è e che non è come l'hanno definito».
Nelle parole di Giulia e Federica Lombardo, affidate liberamente ai social, c'è l'affettuosa e giovanile inconsapevolezza di quella che si chiama reiterazione del reato: oggetto, è vero, di uno dei cinque referendum in programma pure oggi, assieme all'elezione del nuovo sindaco e del nuovo Consiglio comunale di Palermo, ma posta pure a fondamento dell'arresto del candidato di FdI, chiesto e ottenuto dal pool coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Non a caso l'altro candidato arrestato (Pietro Polizzi, di Forza Italia) aveva subito annunciato il proprio (virtuale) ritiro dalla corsa.
E nella richiesta di custodia per Lombardo e per il boss Vincenzo Vella, si parla di «urgentissime esigenze di tutela di beni primari in ragione della prossima competizione elettorale: in assenza di adeguate misure cautelari l'esercizio del diritto-dovere di voto di una estesa parte dell'elettorato diverrebbe merce di scambio da assoggettare al condizionamento e all'intimidazione del potere mafioso e dunque sottratto al principio democratico».
In città i due arresti dei giorni scorsi hanno scombussolato un quadro che veniva dato per acquisito a favore del candidato di centrodestra Roberto Lagalla, dato per facile vincitore al primo turno. Ora disorganizzazione, attacco hacker al sito del Comune, difficoltà per reperire le tessere elettorali e persino la finale Palermo-Padova per la Serie B di stasera allo stadio Barbera diventano fattori di rischio per Lagalla, a beneficio dei suoi avversari più quotati, Franco Miceli del centrosinistra e Fabrizio Ferrandelli, di Azione (Calenda) e +Europa.
In più, un centinaio di presidenti di seggio ha dato forfait: molti senza preavviso. «Lasciala stare la politica. Io sono politico? Io non sono stato sempre qua?». Era stato proprio Francesco Lombardo, secondo la ricostruzione dei pm, ad andare a cercare il boss Vella, il 28 maggio. Vella gli aveva chiesto i fac-simile e il geometra di Villabate si era detto certo, una volta eletto, di andare in Commissione Urbanistica, dove avrebbe potuto dare una mano «anche per il suolo pubblico».
Tutto per «almeno una ventina di voti...», perché «con un voto s' acchiana e con un voto si scinni», metafora tutta palermitana del salire, essere eletti, o scendere, essere battuti. Di quanti voti disponesse veramente Vella, così come il suo omologo Agostino Sansone, boss di Uditore, che aveva promesso appoggio al candidato di Forza Italia Polizzi, non è dato sapere. Ma quando si rischia la beffa elettorale per una manciata di preferenze, ci si scorda che certi voti puzzano.
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