COME DAGO-ANTICIPATO, PARAGONE È DIVENTATO IL CAGNACCIO DEI 5 STELLE: IN UN VIDEO RISPONDE A RENZI E BOSCHI SULLE COLPE DEI PADRI CHE RICADONO SUI FIGLI: ‘CON LUIGI CI SONO DUE DIFFERENZE FONDAMENTALI’ - MATTEUCCIO PRIMA DICE ‘SARÒ UN SIGNORE, NON MI ABBASSO AL LORO LIVELLO’, E UN MINUTO DOPO INIZIA A VOMITARE SUL LAVORO IN NERO NELL’AZIENDA DI DI MAIO SENIOR. OGGI CHIEDE CHE IL MINISTRO RIFERISCA IN PARLAMENTO - LUI CHE DISSE ''SE MIO PADRE E' COLPEVOLE, PENA DOPPIA''
- PARAGONE RISPONDE A RENZI E BOSCHI: ‘LA DIFFERENZA È CHE DI MAIO HA SUBITO PRESO LE DISTANZE, E I COMPORTAMENTI DI CUI È ACCUSATO NON HANNO CONSEGUENZE SUL GOVERNO’
- RENZI: ‘VOLEVO STARE ZITTO’, E INVECE ATTACCA DI MAIO E IL PADRE CON GLI STESSI ARGOMENTI USATI CONTRO DI LUI
- M5S: RENZI, ORA DI MAIO RIFERISCA IN AULA SU AZIENDA PADRE
GIANLUIGI PARAGONE RENZI BOSCHI
(ANSA) - "Sull'azienda edile di Luigi Di Maio e sulle scelte di suo padre, ho già detto tutto nel post scritto l'altra notte. Per me basta e avanza: adesso toccherà al VicePremier venire in Parlamento e spiegare all'Aula ciò che va chiarito". Lo scrive Matteo Renzi su facebook in un post sulla vicenda che riguarda il padre di Luigi Di Maio.
- M5S: RENZI, MA IL POLITICO DI MAIO DA CHE PARTE STA?
(ANSA) - "Non mi interessa sbirciare dal buco della serratura che cosa ha fatto Di Maio padre. Mi sconvolge pensare che Di Maio figlio ha voluto un Decreto Dignità prima e il Reddito di Cittadinanza poi che per definizione sono due misure che fanno aumentare la piaga del lavoro nero. Bisogna rendere più facili le assunzioni, non i licenziamenti come invece ha fatto il Decreto Dignità. Bisogna dare incentivi per assumere, come il JobsAct, non il reddito di cittadinanza. Bisogna combattere chi evade, non rinviare le fatturazioni elettroniche.
GIANLUIGI PARAGONE RENZI BOSCHI
Bisogna sanzionare chi fa gli abusi edilizi, non votare i condoni. Noi siamo contro il lavoro nero, contro l'evasione, contro gli abusi edilizi. L'imprenditore Di Maio non può dire altrettanto. Ma il politico Di Maio da che parte sta?". E' quanto si chiede l'ex premier Matteo Renzi in un posto su facebook dedicato alla vicenda del padre del vicepremier che avrebbe assunto lavoratori in nero.
- DA RENZI A DI BATTISTA, LO SCONTRO POLITICO SULL' ALBUM DI FAMIGLIA CHE IMBARAZZA I FIGLI
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Il fulmine piombato sull' albero genealogico di Luigi Di Maio, a cielo neanche troppo sereno, ha riportato in auge l' antichissimo e tormentoso adagio: le colpe dei padri ricadono sui figli? Matteo Renzi è per il no, rimprovera gli avversari per le manciate «d' odio e di fango» prese in faccia nel nome di suo padre Tiziano e attacca il capo del Movimento, che «se n' è accorto solo adesso».
FILIPPO ROMA LUIGI DI MAIO IENE CONDONO
Eppure i ritagli di giornale non dimenticano. Non fu proprio Renzi a invocare «pena doppia» per il genitore, che poi su Consip finì archiviato? Beppe Grillo gli buttò sulle spalle la croce per aver «rottamato il padre» e Renzi lo accusò di essere entrato «in modo violento nella dinamica più profonda e più intima, la dimensione umana tra padre e figlio».
LUIGI DI MAIO E IL LAVORO NERO
Tra le righe dell' Antico Testamento è scritto che sì, le colpe dei padri ricadono sui figli. Da secoli il dibattito è aperto, ma intanto nelle cucine della politica italiana volano i piatti e sul web rimbalzano frasi celebri e biografie, per così dire leggendarie, di genitori che hanno messo in imbarazzo profondo gli «illustri» figli.
Prima del vicepremier, nella grande famiglia stellata ha trangugiato l' amaro calice Alessandro Di Battista. Il babbo Vittorio detto «Vitto», sfacciatamente fascista, è diventato a suo modo famoso per aver offeso via Facebook il capo dello Stato, lanciandosi in un paragone acrobatico e bellicoso tra la presa della Bastiglia e la presa del Quirinale.
L' epica delle gesta parlamentari ricorda anche quando, addì 2017, davanti a Montecitorio, «Vitto» si scagliò contro l' ex generale Pappalardo, leader dei «forconi». Rissa sfiorata e raccomandazione al rampollo pentastellato: «Spero che Alessandro possa diventare più cattivo del padre».
Adesso però al centro delle cronache c' è Di Maio, che Di Battista senior si divertì a bollare come «un piccolo testa di c.». Il contrappasso è servito.
Finito sulla griglia incandescente per la brutta storia degli operai pagati in nero dal padre nella ditta di famiglia, della quale è proprietario al 50 per cento, Di Maio si è giustificato rivelando al mondo la natura dei suoi rapporti col genitore, un tempo fervente missino: «Per anni non ci siamo neanche parlati, non c' è stato un bel rapporto».
Adesso le cose vanno meglio. Ma nel 2010, quando Di Maio fece fiasco alle comunali di Pomigliano D' Arco inchiodandosi a 59 voti, nemmeno il padre gli diede la preferenza.
E chissà se la presa di distanza del giovane erede sulla vicenda rivelata dalle Iene salda in parte anche quel vecchio conto. «Ad Antonio Di Maio le parole del figlio hanno fatto più male di tutto il resto - lo assolve il sindaco di Pomigliano Lello Russo -. Una pugnalata al cuore».
Gli album di famiglia come oggetti contundenti. Tiziano Renzi, entrato e uscito da un pericoloso gioco di porte scorrevoli, tra scandali mediatici e indagini giudiziarie, chiede «cortesemente» che il suo nome non venga accostato a quello di Antonio Di Maio. Maria Elena Boschi - già numero due del governo Renzi, rimasta schiacciata dal conflitto d' interessi per il ruolo del padre al vertice di Banca Etruria e dai sospetti sul decreto «salva banche» - cerca via web gli occhi del «caro signor» Antonio Di Maio.
maria elena boschi luigi di maio 2
Un video studiato e accorato, in cui respinge il «fango dell' ingiustizia» e rivela che continua a impegnarsi in Parlamento solo per la sua nipotina. Ma intanto resta agli atti che Pier Luigi Boschi fu nominato vicepresidente dell' istituto di credito due mesi dopo che la figlia era diventata ministro.
maria elena boschi luigi di maio 1
Ah come scorre, il sangue nelle vene della politica. Sulla breccia oggi ci sono i padri, ma nella Seconda Repubblica quelli da guardare a vista erano i figli (di papà). Ne sa più di qualcosa Umberto Bossi, svilito dalle poco edificanti avventure del giovane Renzo.
Itticamente ribattezzato «trota» dal paparino stesso, il virgulto leghista annaspava tra spese pazze e lauree triennali, «comprate» a sua insaputa in Albania .