PAROLA DI STAINO - ‘’SCARABOCCHI? VINCINO DISEGNA BENISSIMO - TUTTO È VELOCE E TUTTO È TIRATO VIA MA NULLA, CREDETEMI, NULLA È SUPERFICIALE - LA BATTUTA NON È MAI SCONTATA E PREVEDIBILE, MA SEMPRE DIVERSA E SPESSO TOTALMENTE SPIAZZANTE’’
Sergio Staino per “l’Unità” pubblicato da “il Foglio del lunedì”
Una cosa che non mi capita spesso ma che quando capita mi indispettisce assai, è quando, trovandomi a parlar di satira con una qualunque persona che stimo, questa mi dice: «No, Vincino no. Non sa disegnare». Vincino non sa disegnare?!? Ma come si può dire tranquillamente una bestialità simile? Il mio amico Vincino disegna benissimo, anzi, disegna meravigliosamente, tant’è che per disegnare ambienti e personaggi, non sceglie quasi mai l’inquadratura ad altezza di orizzonte, quell’inquadratura piatta che tutti gli stupidi sanno fare, ma sottolinea il suo messaggio grafico con inquadrature sempre imprevedibili e difficilissime da rappresentare.
wmc23 sergio staino grazia volo
Per azzittire tutti i detrattori di questo artista con la «A» maiuscola, pubblico in questa pagina la stupefacente visione di «Fontana di Trevi». Erano i tempi in cui tutta l’Italia progressista lottava contro l’installazione di missili Pershing sul nostro territorio e Vincino pensò di evidenziare i pericoli a cui obbiettivamente stavamo andando incontro disegnando questa veduta della famosa fontana. La didascalia diceva: «Fontana di Trevi vista da un missile Pershing impazzito».
Non guardatela superficialmente, vi prego, immaginate una volta tanto di tornare bambini, di mettervi col naso vicino all’illustrazione e cominciare a guardarla fin nei più piccoli particolari: sarà un viaggio emozionante di linee, di colori e di atmosfere. Perché allora tante persone possono ingannarsi e giungere a queste brutte conclusioni sui disegni di Vincino? La ragione è perché Vincino crea i suoi disegni satirici sotto l’ossessione perenne di rincorrere l’attualità politica e sociale nel suo veloce evolversi, con l’intensa paura di rischiare di perdere qualcosa.
Se dovessi definire la satira di Vincino non avrei dubbio nel definirla «satira compulsiva». Fin dal primo giorno che l’ho conosciuto, tanti anni fa, quando dopo il mio debutto su Linus cominciai un pellegrinaggio fra disegnatori che amavo e dei quali volevo diventare amico, fui colpito dal suo atteggiamento verso l’informazione e verso i conseguenti commenti satirici. Era il 1980, anni in cui l’informazione seguiva dei ritmi molto più lenti e umani e gli stessi avvenimenti politici non si accavallavano smentendosi l’uno con l’altro a ritmi vertiginosi, come succede oggi.
Vincino cercava di seguire tutto, dalla conferenza stampa ufficiale, dagli articoli dei dietrologi, alle notizie flash, ai gossip su vari personaggi politici e non, insomma, tutto. Stavamo parlando accomodati sul divano di casa sua e lui improvvisamente diceva: «Aspetta, aspetta, adesso c’è il Tg1». Riprendevamo a parlare e dopo un po’ si ripeteva la stessa scena: «Adesso c’è il Tg2». E poi il notiziario Radicale, Radio Parlamento, il Tg3 etc etc.
Durante le notizie disegnava. Disegnava ad un ritmo vertiginoso e non faceva a tempo ad ascoltare la notizia, inventarci la battuta sopra e disegnarla e subito di corsa a passare alla notizia successiva. Per questo i disegni satirici di Vincino non possono essere meticolosi e accurati nei particolari. Né i disegni né tantomeno il suo lettering.
Tutto è veloce e tutto è tirato via ma nulla, credetemi, nulla è superficiale. Un occhio esperto o comunque un occhio di chi ama il disegno noterà in ogni ometto disegnato da Vincino quella particolare inquadratura dal basso o dall’alto, quel particolare movimento di braccia o di gambe, cioè tutti quegli elementi espressivi che affiancano alla battuta letteraria la necessaria emotività dell’immagine.
E il tutto è di grande coerenza perché la stessa battuta, la stessa interpretazione politica non è mai scontata e prevedibile, ma sempre diversa e spesso totalmente spiazzante. Io voglio molto bene a Vincino e, come avrete capito, lo apprezzo tantissimo. Politicamente siamo molto lontani: io di solida formazione marxista, lui goliardo avventurista, come suonava il titolo di una delle prime riviste che ha fondato e diretto.
Ma entrambi siamo molto sinceri, molto trasparenti e credo che entrambi riusciamo a ridere molto di noi stessi, dei nostri miti che spesso cadono e dei nostri tanti errori di interpretazione politica. Una cosa in particolare mi fece innamorare di lui: quando ai tempi di Tango mi raccontò la voglia che aveva avuto di scrivere una sua biografia.
michele ainis vincino e francesco verderamiRENZI VINCINO
Non la scrisse mai e si fermò solo alla copertina ma già in quella c’era tutto Vincino. Il titolo diceva: «Vita di Vincino», il sottotitolo: «Storia di un opportunista», sottosottotitolo: «Tutta la verità»; sotto-sotto-sottotitolo: «Cioè, non tutta. Sennò che opportunista sarei?». Grande Vincino! Quando rifacciamo una rivista insieme? Sergio Staino