IL PARTITO DI DRAGHI - IL PATTO TRA RIFORMATORI INVOCATO DA BRUNETTA AGITA LA MAGGIORANZA, SOPRATTUTTO DALLE PARTI DEL CENTRODESTRA E DI SALVINI, CHE HA PAURA DI FARE LA FINE DEL VASO DI COCCIO TRA LA MELONI E IL GOVERNISMO DI GRAN PARTE DELLA LEGA - LETTA OSSERVA E MANDA SEGNALI DI FUMO A CALENDA, CERCANDO DI MANTENERE L’ALLEANZA CON UN CONTE SEMPRE PIÙ DEPOTENZIATO - LA PARTITA DELLA LEGGE ELETTORALE E GLI ALFIERI DEL PD CHE PUNTANO ALLA MAGGIORANZA URSULA
Roberto Gressi per il "Corriere della Sera"
È davvero il tempo di pensieri mai fatti, come ha detto Renato Brunetta a Paola Di Caro sul Corriere di ieri? È davvero realistico e magari auspicabile che dopo l'unità nazionale ci sia ancora l'unità nazionale? E che dopo Mario Draghi, senza per ora tirarlo per la giacca, ci sia ancora perlomeno il suo metodo, quello che sta portando l'Italia fuori dalla pandemia e dalla crisi economica?
È una lunga partita politica dalle mille derivate quella che accompagna il Paese alle elezioni del 2023, sempre che strappi improvvisi non facciano precipitare la situazione in un ricorso anticipato alle urne. Non c'è dubbio che l'idea di questo percorso attraversi trasversalmente i partiti che sostengono il governo.
Nel Pd se ne fanno riservatamente alfieri dirigenti come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, l'ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci e il governatore dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che non manca di mantenere rapporti di ottimo vicinato con il leghista che Guida il Veneto, Luca Zaia.
Ci sono poi Dario Franceschini e Goffredo Bettini, che guardano a un'evoluzione europeista di almeno parte della Lega, se non tutta, che tornerebbe buona in caso di pareggio. Ma su tutti c'è il disegno di Enrico Letta, che si sta ritagliando in modo certosino il ruolo del federatore di una larga alleanza: sì a Carlo Calenda stando attento a non perdere i Cinque Stelle, lucidità al di là dei pregressi personali per dialogare con Matteo Renzi, disponibilità a dare ruolo e a raccogliere la spinta degli amministratori locali.
GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA
Tutto questo nella previsione che non sarà facile, e forse nemmeno auspicabile, cambiare in senso proporzionale la legge elettorale. Con l'idea di provare a vincere, nella convinzione che un centrodestra litigioso sia tutt' altro che imbattibile. Il pensiero di Renato Brunetta, e anche di Mara Carfagna, è esplicito. Come del resto quello di Giovanni Toti, Luigi Brugnaro, Gaetano Quagliariello, che guardano con interesse al metodo Draghi.
enrico letta giuseppe conte matteo salvini matteo renzi meme by carlo
E comunque Forza Italia, con Silvio Berlusconi, è solidamente intenzionata a ridurre lo spazio delle tentazioni sovraniste e populiste di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Calenda ha dimostrato alle amministrative di Roma di avere una fetta importante di popolo dalla sua parte, e a guardar bene non è neanche un signor no, vista l'apertura al secondo turno verso Roberto Gualtieri.
I Cinque Stelle, almeno in parte,lo vedono come un bau bau, ma lui fa appello alle forze che sostengono il governo e lascia aperto uno spiraglio: se cambiano, dice, si può provare a costruire. Ed eccoli i Cinque Stelle, che attraversano il passaggio più difficile dalla loro nascita. La diarchia, c on Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, è evidente e non sanabile. I toni ora sono più bassi per evitare lo sbriciolamento del Movimento.
Quindi, almeno per ora, niente scissione ma scontro di linee opposte sì, e si starà a vedere come finisce. Intanto si invita a guardare alle prossime comunali di Palermo, con la Sicilia che si appresta a tornare laboratorio politico, come tante volte nella storia repubblicana.
Il tentativo è quello di individuare un candidato da maggioranza Ursula, quindi senza Salvini e Meloni, e chissà, forse appunto con i Cinque Stelle. Divisi tra la tentazione di tornare alla splendida solitudine delle origini, con il rischio di un'illusione passatista, o guardare a una politica di alleanze che da cosa faccia nascere cosa.
meme del presepe con matteo salvini giorgia meloni silvio berlusconi
Nel fronte di Di Maio c'è comunque l'idea che ogni progetto futuro debba fare a meno della Lega, dove, nonostante le buone intenzioni del fronte del Nord, che con Giancarlo Giorgetti e i governatori punta al cambio di passo, al timone c'è sempre Salvini.
Il leader leghista si appresta a incontrare Draghi, gli garantisce pieno sostegno sul Pnrr, rifiuta anche solo l'idea di essere un sabotatore, rivendica che sul Green pass come sulle bollette il suo apporto sia stato costruttivo, non fa mistero di non condividere l'azione del ministero dell'Interno, garantisce che mai e poi mai staccherà la spina.
Ma è anche convinto che dopo le elezioni dovrà esserci un governo politico e si muove in due direzioni: un lavoro di ricucitura, a partire dalle amministrative, per portare il centrodestra unito al voto, e un'operazione di rasserenamento nel partito, offrendo maggiore collegialità. Chi vuole tornare anche in futuro all'unità nazionale, insomma, non lo farà con i suoi voti. Con Giorgia Meloni non si sono ancora ripristinati rapporti diretti, dopo il gelo seguito all'elezione di Sergio Mattarella al Quirinale.
Ma Salvini non ha intenzione di rispondere con polemiche alle polemiche. Chiede però che la leader di Fratelli d'Italia maturi un atteggiamento rispettoso nei confronti della sua partecipazione al governo. A meno che non intenda far da sola, consegnando all'irrilevanza un eventuale successo elettorale.