
IL PD, UN PARTITO SENZA FUTURO CHE SI RIFUGIA NEL PASSATO - DOPO IL CASO VENTOTENE, I DEPUTATI DEM SI RITROVANO ISOLANDOSI IN UN LUOGO SIMBOLO DELLA RESISTENZA: LA CASA MUSEO DEI FRATELLI CERVI FUCILATI DAI FASCISTI NEL 1943 – DOPO LE POLEMICHE PER IL RITIRO A GUBBIO IN HOTEL CINQUE STELLE CON SPA, I DEM SCELGONO DI TORNARE A “CERCARE LE RADICI" DELLA COSTITUZIONE “NATA DALLA LOTTA CONTRO IL FASCISMO” – SI' VA BENE, MA QUAL E’ LA POSIZIONE DEI DEM SUL PIANO DI RIARMO UE? ALLA VIGILIA DELLA PIAZZA PACIFISTA DEI CINQUE STELLE IL PD ANCORA NON HA DECISO SE...
Francesca Schianchi per “la Stampa” - Estratti
Sceso dal treno, sotto le vetrate della Stazione Alta velocità di Reggio Emilia, il gruppone di deputati Pd si dirige coerentemente a sinistra. «L'uscita è dall'altra parte», tocca dire a qualcuno: virata collettiva a destra e via sul pullman che li porterà a quindici chilometri da lì, Casa Cervi inondata dal sole per questa seconda gita di classe, pardon di gruppo parlamentare, dopo il primo tentativo molto criticato dell'anno scorso, a Gubbio in hotel cinque stelle con Spa.
Errore da non ripetere: e infatti quest'anno, dopo le polemiche sul manifesto di Ventotene con annessa scampagnata sull'isola, la scelta è un luogo che più simbolico della Resistenza e dell'antifascismo non si potrebbe: la casa-museo dei sette fratelli fucilati dai fascisti nel 1943, «un luogo sacro», sintetizza Federico Fornaro, che quel giorno, in Aula, si scagliò indignato fino alle lacrime contro la premier sprezzante verso Spinelli e Rossi.
Serve per fare gruppo, per fare spogliatoio, si direbbe se fossero atleti: nelle riunioni a Roma si tende a parlare del giorno per giorno, qui il ritiro è pensato per guardare un po' lungo. A volerla interpretare come la spiega la capoclasse, cioè la capogruppo Chiara Braga, promotrice della due giorni, si viene qui a cercare le radici della Costituzione «nata dalla lotta all'antifascismo e dalla Resistenza» per prendere spinta nel lavoro di gruppo e di, parole sue, «costruzione dell'alternativa».
Perché alla vigilia della piazza romana dei Cinque stelle a cui il Pd ancora non ha deciso se mandare una delegazione, se inviare la segretaria in persona o fare finta di niente – l'ipotesi più probabile è la prima -; a pochi giorni dalla sfuriata pubblica di Calenda contro Conte che ha reso ancora più evidenti le già note difficoltà del campo largo, riunirsi per due giorni serve anche a questo: ribadire nonostante tutto che «è fondamentale un fronte unitario tra le forze di opposizione per contrastare le politiche della destra».
Lo predica Braga a inizio sessione di lavori, alla cinquantina di deputati suppergiù riuniti nell'Auditorium di Casa Cervi: abbastanza da far tirare un sospiro di sollievo all'organizzazione, iniziativa riuscita, nel gruppo sono 70 e altri arriveranno oggi per il discorso della segretaria.
Certo, stamane le relazioni previste tratteranno di dazi, tecnocrazia e destra al potere, di antifascismo e nascita della democrazia, di welfare, diritti e libertà: ma quando alle 16 circa dovrebbe prendere la parola Elly Schlein per il discorso conclusivo, tutti si aspettano che non torni solo a strigliare il governo sulla guerra commerciale scatenata da Trump, ma abbia qualcosa da dire anche sulla strategia «testardamente unitaria» che i potenziali alleati mettono così spesso alla prova. E che sveli alla fine la decisione: esserci oppure no, domani, sotto il palco dei Fori imperiali allestito dal Movimento Cinque stelle contro il riarmo.
Una presenza che non tutti garantirebbero, per il timore di contestazioni e imbarazzi: anche se il campo largo lo sentono in tanti come una necessità, piaccia o no. Chi lo dice con convinzione, chi meno: dagli schleiniani Marco Sarracino, che sta trattando l'alleanza per le Regionali in Campania e, se serve, nella piazza Cinque stelle ci fa pure campeggio, a Arturo Scotto, che ammette «i rapporti tra Conte e la segretaria sono complicati», ma aggiunge «non sono drammatici, su tanti temi abbiamo già lavorato insieme, si può fare», fino a deputati meno vicini a Schlein.
Per dire Matteo Orfini ne fa una questione di realpolitik: «Il centrosinistra andrà unito alle Politiche e vincerà. Ci starà anche Conte: ha rotto con Grillo per collocare il Movimento stabilmente nel centrosinistra, e poi che fa? Va da solo?». O la riformista Simona Bonafé, che premette «siamo sempre testardamente unitari», ma chiosa «se anche Conte capisse cosa vuole…».