giuseppe conte e donald trump

DAI, "GIUSEPPI", SFORZATI UN PO' - PD E RENZIANI CONTRO CONTE, TROPPO TIMIDO NEL CONDANNARE TRUMP PER AVER AIZZATO I SUPPORTER NELL'ASSALTO AL CONGRESSO ("POLITICO" LO DEFINI' LA "CHEERLEADER DI DONALD TRUMP") - PESANO GLI STRASCICHI DEL "RUSSIAGATE", DOVE CONTE E VECCHIONE SI SONO SPESI, DRIBBLANDO REGOLE E PROCEDURE, PER AIUTARE GLI EMISSARI DI TRUMP A SCOVARE LE TRACCE DEL COMPLOTTO ORDITO AI DANNI DEL TYCOON ALLE ELEZIONI DEL 2016…

1 – LA REAZIONE DI CONTE NON PIACE A PD E IV «TROPPO TIMIDO NEL CONDANNARE TRUMP»

Marco Conti per “il Messaggero”

trump conte

 

«Violenza incompatibile con diritto e democrazia». Poche parole, affidate ai social mentre a Washington supporter di Donald Trump assaltavano Capitol Hill.

 

LA CONDANNA

Troppo poche e troppo prudenti per Italia Viva e una parte del Pd che notano l'assenza, nella dichiarazione di Giuseppe Conte, di qualunque esplicito riferimento al ruolo svolto da Donald Trump nell'aizzare i supporter giunti a Washington per contestare la proclamazione di Joe Biden a presidente degli Stati Uniti.

 

Storcono il naso Andrea Orlando e Walter Veltroni che non cita Conte ma dice che «non si può commentare senza condannare». E' però la ministra renziana Teresa Bellanova ad andare giù pesante dicendo di aver apprezzato la «condanna di un atto fascista» fatta dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel ma di aver «meno apprezzato la reazione tiepida di Conte». Parole che concludono un tam tam iniziato di prima mattina e concluso poi da Matteo Renzi nell'intervista al Tg2 nella quale torna sul tema.

CONTE CHEERLEADER DI TRUMP - POLITICO

 

Anche a sinistra però la cautela del premier, che durante la campagna elettorale americana si è sempre ben guardato dallo schierarsi contro colui che lo aveva simpaticamente chiamato «Giuseppi». «Chiunque vincerà negli Stati Uniti per noi non fa differenza», sostenne Conte prima della tornata elettorale americana.

 

D'altra parte Trump è stato nei suoi quattro anni di mandato il faro dei partiti sovranisti e populisti del Vecchio Continente, ed infatti l'amicizia di Conte con The Donald si è forgiata nei mesi di governo giallo-verde ed è proseguita con l'attuale maggioranza malgrado le contorsioni dei dem che da subito hanno puntato su Biden.

 

conte trump

A palazzo Chigi fanno notare che anche il presidente francese Macron e il primo ministro spagnolo Sanchez si sono limitati a contestare le violenze e che la soddisfazione espressa il giorno dopo per la proclamazione di Biden a presidente Usa non è un atto riparatorio ma congratulazioni seguite alla decisione dei parlamento americano.

 

Ragionamenti che non convincono Renzi che continua ad interrogarsi sul grado di compromissione di Conte con l'amministrazione Trump e, ovviamente, sulla visita a Roma di William Barr, attorney general (ministro della giustizia) dell'amministrazione Trump che, superando tutti i protocolli diplomatici, è stato ricevuto a Roma dai capi dell'Intelligence con lo scopo di raccogliere informazioni sull'eventuale coinvolgimento del governo-Renzi nel Russiagate e nell'affaire Mifsud.

 

È oggi ancora più urgente che Conte lasci la delega ai Servizi e che «si faccia chiarezza» su quanto accaduto nell'estate 2019, con la visita di William Barr, attorney general di Trump, in Italia». Così spiegano fonti Iv, la richiesta che Conte passi ad un apposito sottosegretario la delega ai Sevizi. «Non è un capriccio o un fatto di poltrone chiedere» scrivono i renziani tornando in pressing sul presidente del Consiglio.

 

giuseppe conte donald trump by osho

L'obiettivo è fare luce sugli incontri che precedettero di poche ore la caduta del Conte1, ma anche di mettere in difficoltà il presidente del Consiglio nei rapporti con il nuovo inquilino della Casa Bianca.

 

2 – GLI STRASCICHI DEL RUSSIAGATE NELLO SCONTRO RENZI-CONTE

Luca Fazzo per “il Giornale”

 

Dal tempestoso ribaltone alla Casa Bianca un'onda lunga potrebbe attraversare l'Oceano e investire Palazzo Chigi: più esattamente, le segrete stanze dove si officiano gli ottimi rapporti tra il presidente del Consiglio e i vertici della nostra intelligence. Rapporti cui Conte tiene assai, ma che ora presentano un lato debole: si sono cementati grazie alla comune fedeltà a Donald Trump, il presidente che Conte indicò (insieme a se stesso) come «un simbolo del cambiamento», venendo ringraziato con il famoso endorsement di Trump per l'amico «Giuseppi».

Conte trump

 

Il guaio è che il patto di ferro ha avuto come terreno d'azione quello scivoloso pasticcio chiamato Russiagate, dove Conte si è speso - glissando su regole e procedure - per aiutare gli emissari di «Potus» a scovare le tracce del complotto che sarebbe stato ordito ai danni del candidato repubblicano ai tempi delle elezioni del 2016 da parte dei democratici. Ma ora che i democratici sono tornati al potere difficilmente resisteranno alla tentazione di ribaltare la frittata su Trump e suoi amici all'estero. E c'è chi in Italia si prepara ad aiutarli.

 

trump Conte

Ad essere nel mirino è il perno del rapporto tra Conte e i nostri 007: la scelta del premier di tenere per sé, in entrambi i governi che ha presieduto, la delega ai servizi segreti. È una scelta che ha creato malumori crescenti nel Pd, per il potere fuori controllo che porta con sé, e che ha in Matteo Renzi il principale critico.

 

E infatti ieri è Italia viva a portare l'affondo: «Oggi più che mai - dice all'Huffington Post un renziano di spicco - è necessario che Conte lasci quella delega, come sempre è successo con i governi precedenti. Serve un uomo diverso a capo dei Servizi anche per fare luce sui fatti di quell'estate». Ossia l'estate del 2019, quando il general attorney trumpiano William Barr viene due volte a Roma: la prima volta incontra il capo del Dis, il coordinamento dei Servizi, Gennaro Vecchione, la seconda i capi delle due agenzie, Luciano Carta e Mario Parente. Poche settimane dopo, arriva nella Capitale il capo della Cia, Gina Haspel, incontra prima Conte e poi l'ex capo dell'Aise, Alberto Manenti.

GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP

 

Gran traffico di «barbefinte», e al centro un solo tema: portare alla luce la manovra che quattro anni prima la Cia fazione Obama avrebbe ordito per sabotare la campagna elettorale di Trump. Giuseppe Conte ha sempre negato un suo coinvolgimento: ma il suo commento dell'altra sera all'invasione del Campidoglio, in cui si guardava bene dall'indicare Trump come mandante morale, ha risollevato le voci sulla sua dimestichezza con l'inquilino (quasi ex) della Casa Bianca. Così Renzi porta l'attacco, e mette la rinuncia di Conte alla delega sui servizi sul piatto della trattativa di governo.

 

Ma lo fa basandosi su un falso storico, quando dice che il premier deve rinunciare alla delega «come sempre è successo con i governi precedenti». Non è vero: perché se quando Renzi era a Palazzo Chigi i rapporti con l'intelligence erano assegnati a Marco Minniti, quando Paolo Gentiloni divenne presidente del Consiglio si guardò bene dal consegnare la delega a un sottosegretario, e la tenne per sé.

giuseppe conte scrocca un passaggio nella limousine di trump

 

E ora è difficile non collegare la decisione di Gentiloni a quanto accadeva in quei mesi a Roma, secondo le mille pagine del rapporto conclusivo della commissione d'inchiesta bipartisan del Senato americano sul Russiagate: a partire dall'agitarsi nella Capitale del professore maltese Joseph Mifsud, docente e socio della Link Campus. George Papaopoulos, già collaboratore della campagna elettorale di Trump, ha indicato senza mezzi termini Mifsud come agente provocatore al soldo della Cia, e ha parlato esplicitamente di appoggi che Mifsud avrebbe ricevuto dai governi di centrosinistra italiani.

 

giuseppe conte scrocca un passaggio nella limousine di trump 1

Renzi ha reagito annunciando querele contro Papadopoulos, e la cosa è finita lì. Ma una cosa è certa: quando Gentiloni approda a Palazzo Chigi, c'è ancora tutto il tempo per capire davvero cosa sia accaduto. Per questo è importante che la chiave dei segreti dell'intelligence non cada nelle mani sbagliate.

Ultimi Dagoreport

tulsi gabbard donald trump laura loomer timothy haugh

DAGOREPORT - È ORA D’ALLACCIARSI LE CINTURE. L’INTELLIGENCE OCCIDENTALE E' NEL PANICO TOTALE: SU CONSIGLIO DI UNA MAGA-INFLUENCER, LA PROCACE LAURA LOOMER, GIOVEDI' TRUMP HA CACCIATO SU DUE PIEDI IL GENERALE TIMOTHY HAUGH, DIRETTORE DELLA NATIONAL SECURITY AGENCY - LA NSA È LA PRINCIPALE AGENZIA DI CYBERSPIONAGGIO DEGLI STATI UNITI (CON 32 MILA DIPENDENTI, È QUASI IL 50% PIÙ GRANDE DELLA CIA) - LA CACCIATA DI HAUGH AVVIENE DOPO LA DECAPITAZIONE DEI CAPI DEI SERVIZI SEGRETI DI CIA E DI FBI, CHE TRUMP CONSIDERA IL CUORE DI QUEL DEEP STATE CHE, SECONDO LUI, LO PERSEGUITA FIN DALL’ELEZIONE PRESIDENZIALE PERDUTA CONTRO BIDEN NEL 2020 – UNA EPURAZIONE MAI VISTA NELLA TRANSIZIONE DA UN PRESIDENTE ALL’ALTRO CHE STA ALLARMANDO L’INTELLIGENCE OCCIDENTALE. CON TRUMP CHE SI FA INTORTARE DA INFLUENCER BONAZZE, E FLIRTA CON PUTIN, CONDIVIDERE INFORMAZIONI RISERVATE CON WASHINGTON, DIVENTA UN ENORME RISCHIO - (E C’È CHI, TRA GLI 007 BUTTATI FUORI A CALCI DA ''KING DONALD'', CHE PUÒ VENDICARSI METTENDO A DISPOSIZIONE CIÒ CHE SA…)

vespa meloni berlusconi

DAGOREPORT - VABBE’, HA GIRATO LA BOA DEGLI 80 ANNI, MA QUALCOSA DI GRAVE STA STRAVOLGENDO I NEURONI DI "GIORGIA" VESPA, GIA' BRUNO - IL GIORNALISTA ABRUZZESE, PUPILLO PER DECENNI DEL MODERATISMO DEMOCRISTO DEL CONTERRANEO GIANNI LETTA, CHE ORMAI NE PARLA MALISSIMO CON TUTTI, HA FATTO SOBBALZARE PERFINO QUELLO SCAFATISSIMO NAVIGATORE DEL POTERE ROMANO CHE È GIANMARCO CHIOCCI – IL DIRETTORE DEL TG1, PRIMO REFERENTE DELLA DUCETTA IN RAI, E’ RIMASTO BASITO DAVANTI ALL’”EDITORIALE” DEL VESPONE A "CINQUE MINUTI": "DAZI? PER IL CONSUMATORE ITALIANO NON CAMBIA NULLA; SE LA PIZZA A NEW YORK PASSERÀ DA 21 A 24 EURO NON SARÀ UN PROBLEMA". MA HA TOCCATO IL FONDO QUANDO HA RIVELATO CHI È IL VERO COLPEVOLE DELLA GUERRA COMMERCIALE CHE STA MANDANDO A PICCO L’ECONOMIA MONDIALE: È TUTTA COLPA DELL’EUROPA CON “GLI STUPIDISSIMI DAZI SUL WHISKEY AMERICANO’’ - VIDEO

elon musk donald trump matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - LE “DUE STAFFE” NON REGGONO PIÙ. IL CAMALEONTISMO DI GIORGIA MELONI NON PUÒ PIÙ PERMETTERSI DI SGARRARE CON MACRON, MERZ, URSULA, CHE GIÀ EVITANO DI CONDIVIDERE I LORO PIANI PER NON CORRERE IL RISCHIO CHE GIORGIA SPIFFERI TUTTO A TRUMP. UN BLITZ ALLA CASA BIANCA PRIMA DEL CONSIGLIO EUROPEO, PREVISTO PRIMA DI PASQUA, SAREBBE LA SUA FINE -  UNA RECESSIONE PROVOCATA DALL’AMICO DAZISTA TRAVOLGEREBBE FRATELLI D’ITALIA, MENTRE IL SUO GOVERNO VIVE SOTTO SCACCO DEL TRUMPUTINIANO SALVINI,

IMPEGNATISSIMO NEL SUO OBIETTIVO DI STRAPPARE 4/5 PUNTI AGLI ‘’USURPATORI’’ DELLA FIAMMA (INTANTO LE HA “STRAPPATO” ELON MUSK AL CONGRESSO LEGHISTA A FIRENZE) - UN CARROCCIO FORTIFICATO DAI MEZZI ILLIMITATI DELLA "TESLA DI MINCHIA" POTREBBE FAR SALTARE IN ARIA IL GOVERNO MELONI, MA VUOLE ESSERE LEI A SCEGLIERE IL MOMENTO DEL “VAFFA” (PRIMAVERA 2026). MA PRIMA, A OTTOBRE, CI SONO LE REGIONALI DOVE RISCHIA DI BUSCARE UNA SONORA SCOPPOLA…

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

DAGOREPORT - LA CACCIA GROSSA AL LEONE DI TRIESTE INIZIA COL CDA DEL 24 APRILE MA SI CONCLUDERÀ A MAGGIO CON L’OPS DI MPS-CALTAGIRONE-MILLERI SU MEDIOBANCA CHE, UNA VOLTA ESPUGNATA COL SUO 13% DI GENERALI IN PANCIA, APRIRÀ LA VIA A CALTARICCONE PER ARRIVARE AL COMANDO DEL PRIMO FORZIERE D’ITALIA (843 MILIARDI) – CHE SUCCEDERA' QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I PEZZI GROSSI: ANDREA ORCEL DI UNICREDIT E CARLO MESSINA DI INTESA? - INTANTO, OGNI GIORNO SI REGISTRA UNO SCAZZO: SE IL PROXY ISS SOSTIENE MEDIOBANCA, IL PROXY GLASS LEWIS INVITA GLI AZIONISTI A PUNTELLARE MPS - (POTEVA MANCARE L’ANGOLO DEL BUONUMORE CON DAVIDE SERRA DEL FONDO ALGEBRIS?)…

zuppi sinodo claudio giuliodori ruini bergoglio

DAGOREPORT – ATTENZIONE: SI AGGIRANO CORVI SUL CUPOLONE – CON BERGOGLIO ANCORA CONVALESCENTE, L’ALA CATTO-CONSERVATRICE DI RUINI SI È “VENDICATA” SUL LIBERAL ZUPPI: SUL DOCUMENTO NON VOTATO DALL’ASSEMBLEA SINODALE CI SAREBBERO INFATTI LE MANINE DELL’EX CAPO DELLA CEI AI TEMPI DI BERLUSCONI. COME? NEL PORTARE A SINTESI I TEMI DISCUSSI NEL LUNGO CAMMINO SINODALE, SONO STATI SBIANCHETTATI O “AGGIRATE” QUESTIONI CRUCIALI COME IL RUOLO DELLE DONNE NELLA CHIESA, LA TRASPARENZA SUGLI ABUSI E L’OMOSESSUALITÀ. PIÙ DI UN VESCOVO HA CRITICATO L’ASSENZA NEL TESTO DELLA SIGLA “LGBTQ” – LA MIGLIORE SPIEGAZIONE SUL CAMBIO DI CLIMA LA DA' UN PORPORATO ANZIANO: "ANNI FA, ALLA FINE AVREMMO ABBOZZATO E VOTATO..."

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - CERCASI DISPERATAMENTE TALE MELONI GIORGIA, DI PROFESSIONE PREMIER, CHE DEFINIVA “UN’OPPORTUNITÀ” LA MANNAIA DEL DAZISTA TRUMP - DOVE È ANDATA A NASCONDERSI L’’’ANELLO DI CONGIUNZIONE’’ TRA AMERICA FIRST E L’EUROPA DEI "PARASSITI?" A CHE È SERVITA LA SUA “SPECIAL RELATIONSHIP” CON LO PSICO-DEMENTE DELLA CASA BIANCA CHE CINGUETTAVA: “MELONI È UN LEADER E UNA PERSONA FANTASTICA”? - CHE FOSSE TAGLIATA FUORI DAI GIOCHI, LA REGINA DI COATTONIA DOVEVA FICCARSELO IN TESTA QUANDO L’ALTRO GIORNO HA CHIAMATO URSULA PER SCONGIURARLA DI NON RISPONDERE CON I CONTRO-DAZI AL TRUMPONE. LA KAISER DI BRUXELLES LE HA RISPOSTO CON PIGLIO TEUTONICO CHE LA DECISIONE FINALE SULLA POLITICA COMMERCIALE DELL’UNIONE APPARTIENE SOLO A LEI. COME A DIRE: "A COSETTA NON T’ALLARGA’, QUI COMANDO IO!" - ED ORA “IO SONO GIORGIA” SI TROVA A DOVER AFFRONTARE UNA GUERRA COMMERCIALE CHE TOCCA MOLTO DURAMENTE LA SUA BASE ELETTORALE, E NON SOLO QUELLA CHE VIVE DI EXPORT, COME AGRICOLTURA, LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE, I TESSILI. UN BAGNO DI SANGUE E, IN PROSPETTIVA, UNA CATASTROFE POLITICA…