
PENSIERI, OPERE E PAROLE DI PIETRO PAROLIN, IL GRANDE MEDIATORE CHE ORA E’ IN POLE PER SUCCEDERE A PAPA FRANCESCO - IL SEGRETARIO DI STATO, PROTAGONISTA DEL DISGELO CON LA CINA E TRA GLI STATI UNITI E CUBA, NON HA LESINATO CRITICHE A NETANYAHU E A TRUMP – “CREDO, CHE IL MAGGIORE CONTRIBUTO CHE LA SANTA SEDE POSSA DARE NELL’ATTUALE PANORAMA INTERNAZIONALE SIA QUELLO DEL DIALOGO” – PAROLIN NON HA CONDIVISO SCELTE BERGOGLIANE COME LA BENEDIZIONE DELLE COPPIE OMOSESSUALI (ANNI PRIMA AVEVA DEFINITO LA LEGALIZZAZIONE VIA REFERENDUM DEL MATRIMONIO GAY IN IRLANDA “UNA SCONFITTA DELL’UMANITÀ”)
Iacopo Scaramuzzi per “la Repubblica” - Estratti
(...) Pietro Parolin (...) è naturalmente un candidato forte a succedere a Francesco. Un Papa che lo ha scelto, ma talvolta lo ha strapazzato, un Pontefice al quale lui è sempre stato leale, a volte stemperandone l’esuberanza.
Nato 70 anni fa in una famiglia semplice di un piccolo paese nel Vicentino, Schiavon, ha svolto tutta la sua carriera presso il servizio diplomatico della Santa Sede, dove è entrato dopo la laurea in diritto canonico alla Gregoriana nel 1986. Ha lavorato presso le nunziature della Nigeria e del Messico, poi rientrò a Roma dove nel 2002 Giovanni Paolo II lo nominò sottosegretario alle Relazioni con gli Stati, ossia viceministro degli Esteri della Santa Sede.
Se con il Segretario di Stato dell’epoca, Angelo Sodano, i rapporti erano buoni, il successore, Benedetto XVI lo inviò nunzio in Venezuela, nel 2009, una sorta di allontanamento.
A incrinare i rapporti, in particolare, il disgelo con la Cina, una Ostpolitik che Parolin, erede della scuola diplomatica dei cardinali Casaroli e Silvestrini, ha perseguito in modo scrupoloso, e che il cardinale Tarcisio Bertone, invece, volle frenare.
PIETRO PAROLIN - SERGIO MATTARELLA
In cuor suo confidò di aver detto addio alla città eterna, e invece fu richiamato a Roma da papa Francesco fresco di Conclave, non lo conosceva di persona ma lo nominò Segretario di Stato a ottobre del 2013, elevandolo a dignità cardinalizia subito dopo. Il suo insediamento fu ritardato di alcune settimane a causa di un intervento, riuscito, al pancreas.
Poco prima di lasciare Caracas ricordò, in un’intervista che fece rumore, che il celibato sacerdotale obbligatorio non è un dogma di fede ma una disciplina che si può cambiare. Al fianco di papa Francesco ha coronato il sogno, accarezzato già da Giovanni Paolo II, di siglare un accordo sulle nomine episcopali con Pechino, criticato apertamente dalla destra statunitense.
jd vance e pietro parolin in vaticano
Appena rientrato nel Palazzo apostolico, ha coadiuvato Bergoglio nella mediazione che ha portato alla svolta tra gli Stati Uniti di Barack Obama e la Cuba di Raul Castro. Nel corso degli anni ha portato avanti la distensione con il Vietnam, ha spinto la comunità cristiana mediorientale a uscire da una visione settaria. Non ha lesinato critiche a Benjamin Netanyahu e a Donald Trump. Carattere gentile, un senso dell’umorismo gentile, Parolin è il perfetto diplomatico vaticano che mescola abilità politica, apertura al confronto e una punta di humor sottile. «Credo, che il maggiore contributo che la Santa Sede possa dare nell’attuale panorama internazionale sia quello del dialogo», ha detto a Repubblica a metà aprile.
Pietro Parolin è rimasto orfano di padre da bambino ed è entrato giovane in seminario, ha mantenuto un rapporto stretto con la madre, Ada Miotti, morta ultranovantenne solo l’anno scorso. Il cardinale celebrò i funerali e rinunciò a partire con papa Francesco per il viaggio più lungo del pontificato, dodici giorni tra Asia e Oceania.
Mediatore di natura, i suoi rapporti con l’impetuoso Jorge Mario Bergoglio sono stati altalenanti. Il Papa ha apprezzato molto le doti diplomatiche del suo principale collaboratore, ma a volte lo ha scavalcato, ad esempio con l’invasione russa dell’Ucraina o l’ultima crisi mediorientale.
Bergoglio ha anche ridimensionato la Segreteria di Stato, arrivando a toglierle l’autonomia di cassa che aveva prima della compravendita- truffa di un palazzo al centro di Londra costata una condanna in tribunale al cardinale Angelo Becciu, che di Parolin è stato a lungo numero due e ora è al centro di una diatriba sulla sua presenza al prossimo Conclave.
I suoi estimatori dicono che «ha portato la croce del pontificato». Il Segretario di Stato è rimasto sempre leale al Papa, ma non ha condiviso in pieno scelte bergogliane come la benedizione delle coppie omosessuali (anni prima aveva definito la legalizzazione via referendum del matrimonio gay in Irlanda «una sconfitta dell’umanità »), né lo ha seguito sulle spinte più riformiste emerse al Sinodo. Al Sinodo dei vescovi, ad ogni modo, ha contribuito a sciogliere il nodo della comunione ai divorziati risposati nelle prime assemblee volute da Francesco.
Devoto dell’ultimo Pontefice veneto, Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, legato alla figura di Paolo VI, che chiuse il Concilio senza farlo deragliare, se venisse eletto sarebbe un Papa senza aver guidato una diocesi, come Giovanni XXIII. In un Conclave più sparpagliato che mai, Parolin è uno dei pochi cardinali conosciuti e rispettati da tutti gli elettori.
pietro parolin sergio mattarella
pietro parolin in ucraina
parolin e bergoglio
PIETRO PAROLIN
IL CARDINALE PAROLIN CON PAPA FRANCESCO
SERGEY LAVROV PIETRO PAROLIN