CUPERLO FA IL CULO A RENZI – “MATTEO HA POCO CORAGGIO, QUELLO CHE FA NON BASTA” – ANZICHE’ LA LEGGE SUL LAVORO, PENSASSE AL LAVORO – IL 41 PER CENTO ALLE EUROPEE? UNA BOTTA DI CULO: PAURA DI GRILLO E DESTRA GIU’
Elisa Calessi per "Libero Quotidiano"
Gianni Cuperlo non riesci a immaginarlo arrabbiato. Sarà il sangue triestino, con quella vena ironica e autoironica che fa sembrare sempre un po’ distaccati. Eppure oggi, nel cortile di Montecitorio, non risparmia giudizi durissimi nei confronti del presidente del Consiglio, che poi è anche l’uomo che un anno fa lo ha battuto alle primarie.
Renzi ieri ha detto che o si fanno le riforme o si va al voto. Ha ragione? «Che non abbia paura del voto posso crederci. Il 41% fa una certa impressione. A noi e agli altri. Il punto è che o questo Paese riceve una scossa o non ce la fa a uscire dalla crisi. Se il governo non è nelle condizioni di farlo, il voto è un elemento di chiarezza».
Questo governo la scossa la sta dando? «Molte cose le ha iniziate a fare. Ma gli indicatori economici parlano un linguaggio di verità. L’idea che tu possa metterti alle spalle una stagione che ha ridotto di un quarto la produzione industriale e ha portato la disoccupazione a oltre il 12%, con la tecnica del cacciavite non basta». Non la convince il passo dopo passo e i mille giorni? «Diciamo che tra lo slogan “Passo dopo passo” e “Adesso”, preferivo “Adesso”».
Però sulla riforma del mercato del lavoro, altro che cacciavite: l’emendamento presentato oggi supera l’articolo 18. «Pensare che di fronte a una crisi di questo tipo tu ne possa venire a capo manomettendo la disciplina del lavoro, è fare come quello che, dopo aver pagato 50mila euro una Mercedes, non riesce a farla funzionare perché non ha una goccia di benzina. Incaponirsi con l’eccesso di regole è come concentrarsi sull’olio, quando il problema è mettere carburante nel serbatoio».
Ma se il carburante, i soldi, non ci sono, il governo cosa può farci? «Può avere una risposta strategica, una visione. Certo se non riesce a dare quella scossa, meglio il voto». Sembra quasi augurarsi un voto anticipato. «No, ma veniamo da una anomalia. È dal novembre 2011 che il Paese è retto da governi che sono frutto di una legittimazione parlamentare, ma non di una legittimazione popolare. Questa anomalia si giustifica se il governo è in grado di proseguire le riforme».
RENZI COL GELATO A PALAZZO CHIGI
Il governo Renzi non ha legittimazione, nonostante le elezioni europee? «Intendiamoci: il governo è pienamente legittimo perché siamo in una repubblica parlamentare. Il voto delle Europee ha inequivocabilmente rafforzato il profilo del governo e legittimato il premier sotto il profilo del consenso. Ma Renzi è il primo a essere consapevole di non essere a Palazzo Chigi per un mandato popolare».
L’Ocse e la Bce hanno fatto una fotografia drammatica della situazione. Come se in questi sette mesi il governo non avesse impresso alcuna svolta. Esagerano? «Ieri il premier ha detto: abbiamo arrestato la caduta, la crescita è a -0,2%. Poi lui per primo dice che non si può gioire per questo. Il problema è che l’Eurozona va a velocità ridotta. Serve una politica espansiva, servono investimenti, mentre ridurre la sfera dei diritti va nella direzione opposta».
Il governo non ha fatto abbastanza? «Ha fatto cose buone. Però come diceva Keynes “nelle fasi di crisi il problema dei governi non è fare un po’ meglio o peggio quello che altri fanno, ma fare quello che nessuno fa”». E cioè cosa? «Investimenti. Non c‘è dubbio che dobbiamo favorire investimenti pubblici e privati, che c'è un problema di regole, di lentezza della giustizia, ma c’è anche un problema di visione della politica industriale. Puoi mettere in fila riforme come quella sulla p.a., sulla scuola, gli 80 euro, però devi individuare una rotta del Paese fra 5-10 anni».
E il governo questa rotta non l’ha individuata? «Si sta impegnando nella direzione giusta, ma bisogna incentivarlo. Si parla del modello tedesco. Che cosa vogliamo importare? I bassi salari? I mini-job che hanno aumentato richieste di sussidi?». Eppure Renzi ha ancora un consenso molto alto.
«Però bisogna lavorare per consolidarlo. Il 41% delle Europee è figlio di un contesto particolare: la campagna aggressiva dei 5 Stelle, la destra nel suo momento più basso. Ma il campo politico andrà riorganizzandosi». E allora addio 41%? «Non basta gestire l’ordinaria amministrazione. Bisogna dare una scossa radicale. Deve avere più coraggio».
Si può dire tutto a Renzi, ma non che gli manchi coraggio. O no? «Siamo un Paese che ha troppi problemi e troppi grandi per correre il rischio che il passo dopo passo diventi la logica del rinvio». Il premier le direbbe che la colpa è di quelli come voi che frenano su tutto.
«Ecco non mi convince questa retorica dei gufi, la caricatura di una parte del Pd che lavora per il cambiamento e di un’altra asserragliata a Forte Alamo con il vessillo della Cgil. Io penso sia sbagliato pensare che la causa della disoccupazione sia un eccesso di tutele. E non avrei usato la parola apartheid». Eugenio Scalfari ha detto che Renzi è l’erede di Berlusconi. Ha ragione? «Ma no, casomai ha tratti di guasconeria persino eccessivi. Non so se Berlusconi avrebbe mai portato il carretto di Grom a Palazzo Chigi».