LA TOPPA PEGGIO DEL BUCO - PER EVITARE LA GALERA A SALLUSTI, CHITI (PD) E GASPARRI (PDL) PREPARANO UNA LEGGE-TRAPPOLA - NO AL CARCERE PER I GIORNALISTI, SI PUNTA TUTTO SULLE MAXI MULTE SOPRA I 30 MILA EURO - IL RISCHIO E’ RENDERE ANCORA PIU’ DEBOLI LE TESTATE PIU’ POVERE - ALLO STUDIO ANCHE L’INTERDIZIONE PER SEI MESI DALLA PROFESSIONE: SI DOVRA’ RIFARE L’ESAME DA GIORNALISTA PROFESSIONISTA. CIOÈ, MEGLIO CAMBIARE MESTIERE…

Silvia Truzzi per Il Fatto Quotidiano

Salvate il soldato Sallusti. La norma sulla diffamazione, vecchio arnese di epoca fascista, va rottamata in fretta. Bisogna fare alla svelta: il direttore del Giornale rischia il carcere (anche se pare che no, al massimo l'affidamento in prova ai servizi sociali o in alternativa i domiciliari) dopo la condanna per aver pubblicato un articolo falso, firmato con un nom de plume, Dreyfus (o agente Betulla, insomma Renato Farina). La fretta notoriamente è cattiva consigliera e come se non bastasse sul ddl "bipartisan" sono al lavoro Maurizio Gasparri del Pdl e Vannino Chiti del Pd, con i buoni uffici del presidente del Senato in persona.

Caterina Malavenda, Carlo Melzi d'Eril e Giulio Enea Vigevani in Le regole dei giornalisti. Istruzioni per un mestiere pericoloso (Il Mulino, 178 pagg; 15 euro, da ieri in libreria) ricordano come già le "XII Tavole di romana e lontana memoria prevedevano, per le diffamazioni più gravi, la pena capitale della fustigazione". In età medievale, tra le sanzioni per l'ingiuria, era previsto l'eloquente taglio della lingua.

Con l'avvento dello Stato liberale, le cose sono cambiate anche se in Italia le scorie fasciste prevedono ancora il carcere (articolo 595 del codice penale). E nel caso della diffamazione a mezzo stampa, quando consiste nell'attribuzione di un fatto determinato (legge sulla stampa, articolo 13), l'aumento di pena rispetto al reato semplice non è cosa da poco: da uno a sei anni di reclusione e una multa non inferiore a 250 euro (le due sanzioni, nel caso operi l'aggravante, non sono alternative).

In più la legge sulla stampa prevede come aggravante un'ulteriore sanzione pecuniaria, a titolo di riparazione. "La somma è determinata in relazione alla gravità dell'offesa e alla diffusione dello stampato", senza previsioni né di massimo né di minimo.
Quel che accade oggi è che se un giornalista condannato è incensurato, l'aggravante e le attenuanti si annullano e quindi viene normalmente comminata solo la multa e non la detenzione.

Tutto cambia se un giornalista non è incensurato e qui è il caso di Sallusti: non operano più le attenuanti, quindi multa più detenzione. Il nuovo testo (vale anche per Sallusti in base all'articolo 2 del codice penale, "nessuno può essere punito per un fatto che, per una legge posteriore, non costituisce reato") cancellerà il carcere, ovviamente. E fin qui tutto bene. Quel che va meno bene è il resto. Per esempio le pene pecuniarie: restano la multa (di almeno 5 mila euro), il risarcimento del danno e la riparazione pecuniaria (di almeno 30 mila euro).

La condanna rischia di mettere in ginocchio il giornalista o il direttore del giornale. E di rendere più liberi i giornali ricchi e più intimoriti i giornali meno importanti in termini di diffusione e capacità economica. Tra gli emendamenti probabili c'è l'estensione dell'obbligo di rettifica della notizia (già previsto per stampa e radio-tv), anche ai siti web, con la pubblicazione entro 48. Il che potrebbe, nel caso di siti all-news, paralizzare un flusso di notizie che è, per sua natura, costante e molto veloce.

Anche le sanzioni accessorie non scherzano: si immagina di comminare l'interdizione temporanea dalla professione per sei mesi. Che significa dover rifare l'esame da professionista. Cioè, meglio cambiare mestiere.

 

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