PERCHE’ FALLISCONO SEMPRE ‘STI REFERENDUM? - L'ANALISI DI PAGNONCELLI: “IL QUORUM NON E’ STATO RAGGIUNTO PER TRE FATTORI: 1) LIMITATA RISONANZA MEDIATICA 2) COMPLESSITA’ DI ALCUNI QUESITI 3) ‘L'USURA’ DEL REFERENDUM ABROGATIVO DOVUTA ALLA DISILLUSIONE DI UNA LARGA PARTE DEGLI ITALIANI PERSUASI DELL'INUTILITÀ DELLO STRUMENTO” - MARIO SEGNI: “SE LA CLASSE POLITICA VUOLE SALVARE IL REFERENDUM DEVE ABBASSARE IL QUORUM. ANCHE ALLE ELEZIONI POLITICA L'AFFLUENZA È CALATA DEL 30-40% RISPETTO AL 1948..."
1 - QUESITI POCO COMPRENSIBILI, «USURA» DELLO STRUMENTO E SCARSA MOBILITAZIONE LE TRE RAGIONI DI UN FALLIMENTO
Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”
nando pagnoncelli a dimartedi' 1
Il quorum non è stato raggiunto, dunque il referendum non è valido. Non è una sorpresa, era un destino ampiamente annunciato, riconducibile ad almeno 3 fattori tra loro interconnessi: innanzitutto la limitata risonanza mediatica dell'appuntamento referendario. Per lungo tempo è stato in sordina, non ha acceso il dibattito, ha mobilitato poco i partiti (con l'eccezione dei promotori) e ancor meno gli elettori, i quali nelle ultime due settimane, pur avendo preso consapevolezza della consultazione (82% ne era a conoscenza), in larghissima misura si sono mostrati disinteressati.
In secondo luogo, la complessità di alcuni quesiti referendari che hanno alimentato un sentimento di inadeguatezza rispetto alle questioni oggetto di voto: se in Italia le competenze linguistiche e matematiche sono inferiori alle media dei 36 paesi Ocse, possiamo solo immaginare quali possano essere le competenze in ambito giuridico e istituzionale. Riguardo almeno tre dei cinque quesiti referendari la stragrande maggioranza, stando alle nostre interviste, dichiarava di non essere in grado di valutare le conseguenze derivanti dalla possibile abrogazione delle norme.
Quasi nessuno sapeva dell'esistenza dei Consigli giudiziari e di ciò che comporti l'esclusione degli avvocati che ne fanno parte dalla valutazione dell'operato dei magistrati e della loro professionalità; per non parlare delle procedure che consentono ai magistrati di presentare la propria candidatura al Csm.
matteo salvini al seggio per i referendum sulla giustizia
Da ultimo, quella che potremmo definire «l'usura» del referendum abrogativo, a cui nell'Italia repubblicana abbiamo fatto ricorso in 18 occasioni per un totale di 72 quesiti: si tratta di un declino molto evidente, basti pensare che dal 1974 al 1995 in Italia si sono tenute nove consultazioni referendarie, con un'affluenza media di poco superiore al 70%, delle quali una sola risultò non valida (quella del 1990 con due quesiti sulla caccia e uno sull'uso dei fitofarmaci in agricoltura), mentre negli ultimi 15 anni la situazione si è completamente rovesciata, infatti delle nove consultazioni abrogative istituite, otto sono risultate non valide (compresa quella di ieri), e tra queste ce ne furono due, nel 1997 e nel 2000, che comprendevano quesiti riguardanti la giustizia e raggiunsero un'affluenza rispettivamente del 30% e del 32%.
Dunque, solo una ha superato il quorum, nel 2011, quando gli elettori furono chiamati ad esprimersi su temi giudicati di grande importanza (e di facile comprensione) per i cittadini, dall'abrogazione della gestione privata dell'acqua a quella delle norme che consentivano la produzione di energia nucleare. Insomma, questioni che suscitarono un grande dibattito politico e mediatico.
Tra i motivi di questa «usura» c'è anche la disillusione di una larga parte degli italiani persuasi dell'inutilità dello strumento, dato che talora in passato furono introdotti provvedimenti legislativi che non rispettavano l'esito referendario. Insomma, ce n'è abbastanza per riflettere su un utilizzo più appropriato di questo importante strumento di democrazia diretta. Ma è ciò che inutilmente si dice sempre, come una stanca litania, all'indomani del fallimento di un referendum.
2 - MARIO SEGNI "IL QUORUM VA ABBASSATO O LE CONSULTAZIONI SONO MORTE"
Alessandro Di Matteo per “la Stampa”
La crisi del referendum è irreversibile e se i partiti vogliono salvare questo strumento «prezioso» hanno una sola possibilità: rivedere il meccanismo del quorum.
Mario Segni nei primi anni '90 promosse e vinse i referendum che cambiarono il sistema elettorale da proporzionale in maggioritario. Nel '99, poi, mancò per un soffio il quorum sul quesito che avrebbe abolito la residua quota proporzionale. Oggi non si stupisce del risultato.
Anche stavolta niente quorum, dal '95 a oggi dei referendum hanno superato la soglia solo nel 2009 e nel 2011. Hanno sbagliato i promotori a proporre quesiti così tecnici?
«Certamente i quesiti erano ostici, ma la campagna è stata fiacchissima, oscurata anche da un evento drammatico come la guerra in Ucraina. Detto questo, bisogna avere il coraggio di ammettere che un altro tassello del nostro sistema costituzionale è saltato, credo definitivamente. Se non si riforma il quorum, lo strumento referendario è praticamente morto. Lo dimostra il fatto che l'affluenza per il referendum è stata bassa anche nei comuni dove si votava per il sindaco, mentre il voto per le amministrative ha tenuto. È proprio il referendum che non ha attratto».
Il quorum va abolito?
giuseppe conte al seggio per il referendum sulla giustizia 2
«Il quorum ormai è impossibile da raggiungere, con un'affluenza che anche alle elezioni è calata del 30-40% rispetto al '48. È un altro tassello di un grande castello costituzionale che è invecchiato. Se la classe politica vuole salvare il referendum deve abbassare il quorum. Il movimento referendario aveva proposto una soluzione studiata dal professor Barbera: fissare il quorum alla metà della partecipazione alle ultime elezioni politiche (anziché al 50% degli aventi diritto come è ora, ndr). Io credo che il referendum sia un istituto importantissimo per la democrazia, ha permesso di decidere temi come il divorzio e la legge elettorale».
silvio berlusconi vota referendum sulla giustizia
Appunto, forse sarebbe il caso di riservare il referendum a grandi scelte di fondo. Non crede?
«Non c'è dubbio. Grandi scelte di fondo e scelte chiare. La giustizia, che è un grande tema, purtroppo non interessa molto ai cittadini».
Per riformare la giustizia basta la riforma Cartabia?
«No, la riforma Cartabia non ha toccato - e non può toccare - il tema del fallimento del principio costituzionale dell'autogoverno della magistratura, che ha capitolato. La vera riforma sarebbe la modifica del Csm, che si è dimostrato incapace di governare un settore così complicato. E per questo serve una legge costituzionale. Con il Parlamento attuale non era possibile. Il governo non poteva fare di più».
Quindi bisogna riformare la Costituzione anche per risolvere i problemi della giustizia. È così?
«E non solo! Attenzione: c'è un elemento che travalica tutti i discorsi fatti finora. Siamo entrati - e non esito a dirlo - in una nuova epoca storica con l'invasione dell'Ucraina, si ridisegna il sistema internazionale. La sfida di Putin è alle democrazie occidentali. Una grande riforma costituzionale deve partire da questo presupposto: dobbiamo chiarire prima di tutto se stiamo con l'Occidente o con Putin».