PIÙ CORRENTONI PER TUTTI! MINORANZA PD IN MILLE PEZZI: BERSANIANI E QUALCHE LETTIANO SI FANNO LA LORO CORRENTE, ORFINI GODE E CUPERLO S’INCAZZA. OGNUNO VUOLE TRATTARE CON RENZI DIRETTAMENTE

1. ESPLODE LA SINISTRA PD, CUPERLO CONTRO EPIFANI "CHI SI DIVIDE PERDE"
Goffredo De Marchis per "La Repubblica"

È finita la minoranza del Pd. Frantumata da una buona dose di inimicizia, dalla difficoltà di emanciparsi dai vecchi leader proprio mentre Renzi naviga sull'onda della novità, ma soprattutto dalla rovinosa caduta delle primarie. L'estinzione viene certificata da una nota di Gianni Cuperlo, insolitamente dura. Amara, ma anche sferzante. Finisce così la minoranza come corrente. Rimane un'asse di sinistra sui provvedimenti.

Sul decreto lavoro per esempio le varie anime dell'opposizione interna, dai bersaniani a Pippo Civati, non sono spaccati. Qualcuno, spiega Cuperlo, «vuole rinchiudersi dentro fortini a protezione dello status quo. Quando la sinistra si chiude e si divide perde. È un peccato rassegnarsi a correnti piccole, medie o grandi che non comunicano».

Bersaniani e un po' di lettiani si separano, vanno da un'altra parte, non riconoscono più la leadership dello sfidante di Renzi, si affidano semmai alla guida di Roberto Speranza e Guglielmo Epifani. Ma Cuperlo li attacca, accusandoli implicitamente di essere rimasti indietro al clichè dell'antirenzismo: «Il congresso è alle spalle. Siamo entrati in un ciclo nuovo». Che non significa schierarsi con il premier. Semmai, dice Cuperlo, evitare di fargli il regalo più grande: un'opposizione frammentata e quindi invisibile.

Martedì, i parlamentari della nuova corrente bersanian-lettiana si vedono alla Camera. Sabato Cuperlo organizza un altro incontro per tenere viva l'esperienza della sua mozione. I Giovani Turchi di Matteo Orfini e del Guardasigilli Andrea Orlando gli restano legati per dialogare in autonomia con Renzi. «Non aveva senso stare tutti nello stesso contenitore vista la diversità di approcci. Si fa chiarezza», dice con piglio polemico Orfini. La frattura del resto si consuma proprio intorno al ruolo dei Giovani Turchi incolpati di essere una quinta colonna renziana. Così non si poteva più stare insieme.

In piccolo è quello che succede anche nel Psi. Riccardo Nencini ottiene il via libera dal partito per un patto federativo con il Pd. Vale a dire presentarsi alle Europee sotto le insegne di Renzi. Una linea contestata da Bobo Craxi che teme la scomparsa delle idee e della tradizione socialista.

2. LETTA TORNA IN CAMPO (CON IL PARTITO DEMOCRATICO)
Monica Guerzoni per "Il Corriere della Sera"


Enrico Letta torna in campo. Dopo sei settimane di riflessione l'ex presidente del Consiglio è pronto a riaffacciarsi sulla scena. Lo farà senza clamore e senza strappi, schivando le insidie della politica italiana e restando al tema che è da sempre la sua grande passione: l'Europa. Ne parlerà sabato 12 aprile con i vertici di tutte le associazioni giovanili cattoliche (Acli, Fuci, Agesci, Azione cattolica) un invito che è arrivato da Civiltà cattolica e che Letta ha accettato «con molto piacere».

Ed è la prima volta da quando scese di corsa e senza voltarsi lo scalone di Palazzo Chigi. Due giorni dopo, il 14 aprile, il già capo del governo tornato «deputato semplice» sarà a Milano a ritirare il premio Biancheri per la politica estera, che l'Ispi ha deciso di assegnargli: a Palazzo Clerici parlerà delle priorità italiane per la prossima legislatura europea. Il semestre di presidenza italiana dell'Europa era stato, da presidente del Consiglio, uno dei dossier che più gli stavano a cuore.

Ma dal primo luglio toccherà al nuovo premier Matteo Renzi guidarlo e non a lui. A dividerli resta simbolicamente l'immagine del gelido passaggio di consegne, quando Letta mise la campanella nelle mani dell'ex sindaco di Firenze senza uno sguardo e senza una parola. Un vero e proprio disgelo non c'è stato, ma dopo la fine burrascosa del suo governo, Letta è riapparso per due volte alla Camera dei deputati, la prima per votare la fiducia a Renzi (e abbracciare Bersani convalescente), la seconda per ascoltare dai banchi del Pd, «che era e resta il mio partito», il discorso del suo successore sull'Europa, nell'imminenza del tour europeo.

Ora è Enrico Letta che torna a parlare di politica europea e le interpretazioni fioccheranno. Cosa c'è in ballo? Non certo uno scranno all'Europarlamento, perché sarebbe riduttivo per uno che meno di due mesi fa guidava l'esecutivo italiano. E forse nemmeno un posto da commissario, incarico per il quale è in corsa Massimo D'Alema. I lettiani lo dicono sottovoce e con le dita incrociate, più come un auspicio che come una possibilità concreta: la vera posta in gioco sarebbe la presidenza della Commissione, anche se i più realisti ne parlano come di un sogno.

 

Gianni Cuperlo Roberto Speranza e Massimo Mucchetti n SCARONI LETTA IN MESSICO large MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA RENZI-DALEMADALEMA E RENZI

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